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  • Alisson contro Szczesny alla Roma, ma il dualismo in porta fa male

    Alisson contro Szczesny alla Roma, ma il dualismo in porta fa male

    • Luca Borioni
    Una vecchia diatriba calcistica riguarda il ruolo del portiere, o meglio il fatto che sia utile o meno alternare due validi portieri in una stessa squadra. Si può fare, oppure è meglio puntare senza se e senza ma su uno dei due, a costo di rinunciare alla qualità dell’altro? 

    L’aggancio diretto con l’attualità ci porta al dualismo tra Alisson e Szczesny alla Roma. Da una parte c’è il talento brasiliano, già titolare della Seleçao, che trova spazio in Europa League e ne pretende sempre più in campionato, premiato ultimamente anche dalle scelte di Spalletti. Dall’altra l’affidabile polacco, “sicuro di essere titolare” fino a pochi giorni fa, prima di prendere atto della momentanea (?) preferenza accordata dall’allenatore all’altro portiere della Roma. 

    Una situazione non semplice. Allison, come detto, se non giocasse metterebbe a rischio il suo ruolo in nazionale. Szczesny ha bisogno di conferme per continuare la stagione in serenità, come si richiede al ruolo. E la Roma, proprio ora che è ripartita alla grande in campionato, non ha bisogno di cercare motivi di tensione interna. 

    Del resto, cedere uno dei due non sarebbe né agevole né funzionale, forse. A parte che se ne riparlerà a gennaio, ma in ogni caso ancora una volta la scelta risulterebbe complessa. Un portiere per la serie A e uno per l’Europa? Non è detto che possa essere neanche questa la soluzione. 

    Eppure, in teoria, avere in dotazione due portieri altrettanto affidabili in teoria non sarebbe male. In pratica però le difficoltà di gestione vanificano spesso gli aspetti positivi. La figuraccia di Claudio Bravo contro il Barcellona richiama alla memoria altre storie. Proprio il portiere cileno, prima di passare al Manchester City, era stato titolare del Barça nelle sole partite della Liga, mentre il ruolo di titolare in Champions era toccato ad André ter Stegen. Risultato ottimale per i catalani, trionfatori su due fronti, ma poco utile per i due portieri. Proprio al cileno la Uefa aveva infatti comunicato che non sarebbe stato premiato come vincitore in Champions non avendo giocato neppure un minuto nella competizione vinta dalla squadra in finale con la Juventus. Ter Stegen dal canto suo, non aveva mai messo piede nelle gare della Liga. Un paradosso che forse nascondeva una verità: né Bravo né Ter Stegen potevano essere considerati a pieno titolo portieri da Barcellona. 

    Prendiamo invece Buffon e la Juventus. In panchina c’è un potenziale titolare come Neto, che infatti a fatica accetta (per ora) l’accantonamento in panchina, ma la legge del più forte (SuperGigi) è implacabile e senza deroghe. E forse è meglio così, per gli equilibri della squadra. 

    La verità è che il talento, se è tanto, viene sempre fuori. Come nel caso di Donnarumma, giovanissimo titolare del Milan a spese di Diego Lopez e già destinato a raccogliere riconoscimenti e affermazioni. Oppure come, in passato, il caso di Peruzzi che alla Roma prese il posto del monumento Tancredi. Altrimenti sono duelli infiniti, come Seba Rossi contro Abbiati al Milan del ’99. E allora, sempre meglio avere certezze, a cominciare da chi gioca in porta. 
     

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