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  • Allegri, terza doppietta di fila e due finali di Champions. Meglio di Conte
Allegri, terza doppietta di fila e due finali di Champions. Meglio di Conte

Allegri, terza doppietta di fila e due finali di Champions. Meglio di Conte

  • Giancarlo Padovan
La dimostrazione che, a questo punto della stagione, Allegri avrebbe dovuto accantonare il turnover per andare dritto agli obiettivi, si è avuta, dopo il successo in Coppa Italia con la Lazio, anche nella “finalina” con il Crotone. E finalmente l’allenatore, scottato dal precedente di sette giorni fa con la Roma, ha schierato una formazione quasi completamente titolare. L’unico a non esserlo stato durante la stagione, ma a diventarlo assai probabilmente dall’anno prossimo, era Benatia, centrale di difesa assieme a Bonucci. 

Per il resto abbiamo visto gli stessi uomini che affronteranno il Real Madrid a Cardiff con l’eccezione di Chiellini (che prenderà, appunto, il posto di Benatia) e di Barzagli che libererà Dani Alves per il ruolo di esterno alto. Insomma a completare l’ultimo atto in campionato è stata chiamata la Juve vera che, in effetti, non ha mai avuto problemi con nessuno e ha strameritato il titolo. Nonostante i 17 punti nelle ultime sette partite, i problemi non glieli avrebbe potuti creare il Crotone, ma in qualche modo se li sarebbe potuti dare essa stessa. 

Difficile non ammettere che la Juve non fosse con la testa già da un’altra parte (non penso alla festa, penso al Real Madrid) e questa è stata la preoccupazione di Allegri dopo il primo vantaggio di Mandzukic (12’, anticipo sull’assist da destra di Cuadrado). La squadra bianconera, infatti, anziché cercare il secondo gol ha badato al controllo della partita, tessendo tutta una serie di passaggi che il Crotone non riusciva nemmeno a sporcare. Tuttavia Allegri era inquieto. Sapeva che i suoi uomini si sarebbero potuti accontentare, esponendosi all’ineluttabile, una sorta di contrappasso quando si ritengono già archiviate confronti e risultati. Higuain, per esempio, è stato sempre pericoloso, ma poco vorace. Come se le sue perle meritassero una collana migliore, un regalo più prezioso.
 
Per fortuna della Juve, in campo c’erano i titolari. E se il collettivo, nel suo complesso, lasciava poco persuasi quanto a determinazione e volontà di potenza, ci hanno pensato i singoli a ribadire una superiorità che è stata inequivovcabile, totale, esplosiva. Poco prima della fine del tempo (38’), Dybala ha esercitato il suo sinistro per l’esecuzione che gli riesce meglio: la punizione destrorsa. Sulla parabola, Cordaz ha potuto solo guardare, mentre i cuori degli juventini hanno cominciato a battere forte e a pensare che questo, e non altri, sarebbe stato il momento dello scudetto.

Cuadrado avrebbe potuto chiudere la partita al 1° minuto della ripresa (salvataggio di Cordaz), Mandzukic cio ha provato poco dopo (tiro al volo fuori di poco). Alla fine, invece, ci ha pensato Alex Sandro, a otto minuti dalla fine: colpo di testa sull’angolo di Dybala, palla che rimbalza oltre la linea, la tecnologia segnala, Mazzoleni certifica. 

Lo scudetto consecutivo numero 6 (33 ufficiali, 35 per chi non accetta Calciopoli) è cosa fatta. 

In attesa di Cardiff, la Juve di Allegri (sua, totalmente sua) ha fatto doppietta Coppa Italia/Campionato per la terza volta consecutiva. A Conte, tanto per fare un esempio autorevole, non era successo. Così come non gli è successo di portare la Juve in finale di Champions. Per Allegri, quella con il Real Madrid, sarà la seconda, dopo la finale di Berlino, persa davanti al Barcellona. 

Triplete è un termine ambiguo e anche vagamente iettatorio. Indica i tre successi più importanti, ma quella che pesa di più è la Champions League. La Juve ne ha viste passare otto, solo due le ha portate in Italia. Ma, come dicono gli statistici, ogni sette anni vince un’italiana. E l’Inter - guardacaso con il triplete- ha vinto proprio nel 2010.  

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