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  • Barcellona: da Alena a Palencia, le 5 nuove promesse della Masia 3.0

    Barcellona: da Alena a Palencia, le 5 nuove promesse della Masia 3.0

    • Matteo Quaglini
    A Barcellona si discute del talento. E di giovani. Una discussione che può sembrare anomala e fuori contesto nel calcio di oggi, globalizzato e impostato quasi solo su corsa e disciplina piuttosto che sulla classe e sulla tecnica. Lo stereotipo di un football piatto e blindato dai canoni del controllo di spazi e posizioni, governa. E appiattisce. 

    Ma proprio per superare l'epoca piatta e in molti casi monocorde del calcio dei giorni nostri, le discussioni che in queste settimane animano la Masia, servono e lanciano al contempo un segnale. Il calcio nei luoghi lontani dai riflettori, le accademie giovanili, quelle storiche, sta cercando seppur lentamente di ripensarsi. In nome della tecnica e di un ritorno forte alla costruzione di stili diversi di gioco. 

    Stili che oggi non mancano, ma che sono perle rare e costituiscono eccezioni. Le solite oseremmo dire, i Messi e i Ronaldo così come i Modric e gli Iniesta. Oppure il calcio spagnolo e la nuova formazione culturale della Germania, che unisce tecnica a fisico. La Francia che nella produzione di giocatori si sta specializzando col suo sistema di accademie giovanili o l'Olanda, dove l'Ajax Academy ancora qualche giocatore costruisce e consegna al calcio professionistico. Esempi, pochi di quello che era un tempo. 

    Visto che al di là di questo non c'è molta fantasia, non c'è la classe della diversità, non ci sono squadre immaginifiche da epopea. E allora non è un caso, appunto, che a Barcellona si discuta. Una della grandi accademie del calcio moderno, la Masia, s'interroga sulla sua capacità di formare giocatori che siano campioni e che riportino l'immaginazione al potere, senza che sia solo uno slogan, ma con la certezza invece di continuare il decennio d'oro, il più grande di una storia centenaria. E di dare anche una spinta ai grandi giganti sopiti, le accademie delle altre grandi d'Europa. 

    E' lo stesso principio che adottavano i grandi arcivescovadi del mondo antico, quando i loro sacerdoti discutevano dei fondamenti della religione cristiana. Chi siamo? Qual è la nostra filosofia? E chi ci rappresenta, chi è veramente? Interrogativi che possono sembrare blasfemi se applicati al calcio e ai giocatori, ma non è forse il calcio una religione? Siccome lo è in un certo senso, possiamo dire che il dibattito dentro e non tra le accademie storiche dei giovani calciatori del domani sia il segno riformatore di un ritorno del calcio alla discussione di se stesso e, su come riuscire di nuovo a tirare fuori il talento, la classe per mettere queste che sono le architravi di un giocatore di livello alto affianco alla corsa. Insomma concentrarsi, di nuovo e profondamente, sul gesto tecnico, sull’insegnare a vedere e percepire il gioco per costruirlo e anticiparlo, non per subirlo. 

    Dalla fondazione nel 1979 realizzata grazie alle idee di Michels e poi di Cruyff, alla metà degli anni 2000 quando Guardiola, non ancora il Pep la ristrutturò con le sue idee anticipatrici e visionarie. L'idea imperante nella Masia che già profetizzava van Gaal, di costruire una squadra vincente di canterani, è divenuta realtà e ha fatto scuola. Quaranta giocatori in prima squadra, nove/undicesimi in finale di Champions 2009 capaci di vincere la coppa più grande, tre canterani ai primi tre posti del Pallone d'oro 2010: Messi, Iniesta e Xavi, sette giocatori campioni del mondo in Sudafrica. Simboli di un'Ajax Academy trapiantato nella cultura catalana e spagnola, una grande idea eretica da grande calcio. 

    E oggi? Oggi sta arrivando alla fase 3.0 della sua storia. Dopo alcuni anni in cui i canterani lanciati in prima squadra non hanno mantenuto le promesse e al contempo sono stati lontani, tecnicamente parlando, dalla generazione dell'80 e dell'87, si ritorna a parlare di talenti tecnici.
    Cinque nello specifico. Dal portiere Adrian Ortola, 23 anni, già protagonista con le selezioni Under 17 e Under 20 a Sergi Palencia, il nuovo Lahm, giocando anche lui terzino destro. Capitano del Barcellona B di Gerard, è uno dei più considerati. Così come Marc Cucurella, terzino sinistro mancino, 18 anni, bravo negli assist e già nel mirino di Bayern Monaco e Manchester City. 

    Barcellona però vuol dire centrocampo e gioco offensivo. A rappresentare l'idea del talento giovanile, in questi settori nevralgici, ci sono Carles Alena, 19 anni, 1,80 ha già esordito in Liga, a Granada. E da pochi giorni ha rinnovato fino al 2020 con una clausola di 75 milioni. E' per la Masia, la giovane perla barcellonista. In attacco troviamo Marc Cardona, 21 anni e già con qualche minuto in Champions quest'anno. Trovare un centravanti spagnolo, dopo tanti grandissimi attaccanti stranieri, sarebbe il nuovo segno distintivo della Masia 3.0. 

    Giovani e talenti. La speranza è che diventino i campioni del domani e che formino magari una nuova quinta di Spagna. Come quella della classe 1965/66 dei Sanchis, Michel, Pardeza e il mito Butragueño o che costituiscano, con la loro tecnica la rinascita del talento negli anni 2000. Il calcio internazionale ha bisogno di una nuova generazione di giocatori che riportino la tecnica al potere. Se sarà una generazione di fenomeni, come dicevano una canzone e uno slogan, allora il calcio ritroverà un antico fascino. E sarà finalmente moderno e di nuovo immaginifico. 

    @MQuaglini 

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