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  • Che fine ha fatto? Lentini, una carriera 'maledetta': dal grande Milan al biliardo

    Che fine ha fatto? Lentini, una carriera 'maledetta': dal grande Milan al biliardo

    In occasione del tanto parlare che si sta facendo in questi giorni riguardo alla serie che tratta delle vicende politiche e mediatiche avvenute nel 1992, l'anno che cambiò per sempre l'Italia e la fece passare dalla Prima alla Seconda Repubblica, anche Calciomercato.com vuole dipingere un affresco di quel periodo e per farlo utilizza la consueta rubrica "Che fine ha fatto?", analizzando le vicende di uno dei giocatori più promettenti dell'epoca, che però non è mai riuscito ad entrare nell'Olimpo dei grandi, a causa di alcune storie personali che ne hanno minato l'avvenire. Stiamo naturalmente parlando dell'ex funambolico centrocampista esterno di Torino, Milan e Atalanta, Gianluigi Lentini, un campione "maledetto".

    DA CARMAGNOLA ALLA NAZIONALE - Nato il 27 marzo del 1969 a Carmagnola, in provincia di Torino, luogo famoso per avere dato il nome alla prima tragedia di Alessandro Manzoni, "Il conte di Carmagnola" appunto, da una famiglia di emigranti del Sud, da ragazzo è schivo, ma sicuro di sè stesso e dei suoi mezzi: viene subito notato dai tecnici del settore giovanile del Torino durante un provino al Campo Agnelli, nel 1979, per quel modo irriverente, sfrontato di trattare il pallone e gli avversari. Mai una parola fuori posto però, anzi: dopo una breve trafila nella Beretti granata di Gianni Bui, viene chiamato in Primavera, dove non smette di stupire. Può giocare da 11 classico, sulla fascia sinistra, ruolo che predilige, ma anche come seconda punta o rifinitore: la sua caratteristica fondamentale è un dribbling ubriacante, in grado di mettere a sedere chiunque provi a marcarlo. La categoria giovanile gli va stretta, tanto che Gigi Radice, ai tempi tecnico del Toro, lo fa esordire già in prima squadra, in serie A, a soli 17 anni, il 23 novembre 1986. L'anno dopo viene ceduto in prestito in cadetteria, all'Ancona, per farsi le ossa: qui disputa un ottimo campionato, ma nel mentre il Torino retrocede, e dunque richiama Lentini per la stagione successiva. Nell'anno 1989/90 Gigi, come lo chiamano i compagni, lega indissolubilmente il suo nome a quello della squadra granata, rivelandosi assoluto protagonista nella cavalcata che li riporta in Serie A, e guadagnandosi la massima serie per la stagione successiva, nella quale gioca titolare, mettendo a referto 34 presenze e cinque gol, ma soprattutto guadagnandosi la maglia della nazionale azzurra.

    GIGI, COME MERONI: CEDUTO PER TANGENTOPOLI - Lentini è un predestinato, nulla sembra poterlo fermare: e nella mente il ricordo dei supporter granata corre ad un altro Gigi, Meroni, assoluto fuoriclasse destinato a conquistare il mondo con il Torino e con gli Azzurri, ma venuto a mancare a soli 24 anni, nel 1967, investito da una macchina in centro. Finalmente sembra essere tornata un po' di speranza nella parte granata della città, e tutti sperano che Lentini possa realizzare ciò che Meroni non potè fare. Il destino anche questa volta si rivelerà beffardo, per il cuore Toro. Nel frattempo però le cose vanno alla grande: con Mondonico in panchina, definito "un padre adottivo", il Torino conquista un sorprendente quinto posto nella stagione 1990-91, oltre a vincere la Mitropa Cup, ed un terzo posto nella stagione 1991-92, coronato dalla finale di Coppa Uefa, persa contro l'Ajax solo a causa dei gol segnati dagli olandesi all'Olimpico. Al termine del campionato la situazione finanziaria del Torino è però critica: la mancata vittoria della Uefa, lo scandalo di Tangentopoli che colpisce anche Gian Mauro Borsano, presidente granata, e la faraoniche campagne acquisti dei due anni precedenti pesano sul bilancio della società, che è costretta a cedere per sopravvivere. Il primo ad andare via sarà proprio Lentini.

    GIALLO SULLE CIFRE, MILANO DA BERE - Il Milan del rampante imprenditore Silvio Berlusconi, che in quel periodo domina in Europa e nel mondo, se lo aggiudica per 18,5 miliardi di lire, soffiandolo alla Juventus: una cifra incredibile, che manda in bestia i tifosi granata, i quali mettono a ferro e fuoco una parte di città, e della quale, anni e diverse interrogazioni parlamentari dopo, non si conoscono ancora i proventi. Scatterà addirittura un processo, con imputato proprio Berlusconi, reo di avere concesso altri 10 miliardi fuori bilancio ai granata. Gigi viene catapultato, da giocatore più pagato del mondo, nella squadra top in Italia, in una città, la Milano da bere, fortemente condizionata dagli eventi politici dell'epoca, della quale comincia subito a conoscere la "vita notturna". Tuttavia Capello stravede per lui e lo schiera, oltre che per 30 volte in campionato, anche nella finale di Coppa dei Campioni di Monaco di Baviera contro l'Olympique di Marsiglia, persa increidibilmente dai rossoneri. Due finali europee in due anni, sette reti in campionato, ma un'ombra nera che si allunga su di lui. E una data maledetta: il 2 agosto 1993.

    L'INCIDENTE E IL FATALE AJAX - Al rientro a Torino, dopo aver preso parte al torneo organizzato per il centenario del Genoa, è coinvolto in un grave incidente automobilistico lungo l'Autostrada Torino-Piacenza: incoscientemente, dopo aver sostituito una gomma forata con il "ruotino", Gigi accelera troppo e si schianta a quasi 200 km/h, salvandosi per miracolo, grazie ad un camionista che nota le macerie della sua Porsche gialla. Pare che stesse correndo a Torino da Rita Bonaccorsi, all'epoca moglie di Totò Schillaci, calciatore della Juventus, con la quale aveva una relazione. Costretto a saltare tutta la stagione, compresa la finale di Champions League stravinta dal Diavolo contro il Barcellona di Cruijff, e il Mondiale a causa di una pesante riabilitazione, Lentini è convinto di poter tornare quello di prima: ma qualcosa, nella sua testa più che nel fisico, si è rotto. I riflessi diminuiscono, i movimenti non sono più fluidi e imprevedibili: tenuto fuori da Capello, che non gli concederà più la fiducia necessaria, vede svanire anche la possibilità di una rivincita della finale di Monaco. Gioca solo cinque minuti infatti nella finale di Vienna, ed è ancora una volta l'Ajax ad essergli fatale. Da quel momento, e lo ha dichiarato lui stesso, abbandonerà il calcio ad alti livelli.

    IL DECLINO E L'OBLIO - Lascia il Milan al termine della stagione 1996-96, dopo due anni tribolati nel quale non riesce mai a giocare una partita intera: il bilancio è comuqnue buono, 63 presenze e 13 reti in campionato oltre a svariati gettoni in Champions League, 3 Scudetti, una Coppa dei Campioni, 3 Supercoppe italiane e una Supercoppa Uefa. Passa all'Atalanta, dopo essersi sposato con una modella svedese da cui ha un figlio, dove grazie a Mondonico torna a giocare con continuità, guadagnandosi un'ultima convocazione premio in Nazionale. Nell'estate 1997 Il Torino della neo dirigenza genovese capeggiata da Massimo Vidulich lo riporta a casa, ma è una "minestra riscladata" che non fa bene a nessuno: qualche anno dopo sono i granata a scaricarlo, a differenza di ciò che era successo quando era passato al Milan. Il "canto del cigno" avviene a Cosenza, dove diventa ben presto l'idolo della tifoseria, prima di qualche stagione nel calcio minore, a Canelli con Fuser, alla Saviglianese e alla Nicese.

    OGGI GESTISCE UNA SALA DA BILIARDO - Il Lentini che ci ricordiamo noi, quello con i capelli lunghi e l'orecchino, oggi gestisce insieme agli amici una sala da biliardo a Carmagnola. Sono lontani i momenti di gloria al Torino e al Milan, ma anche i momenti terribili del post incidente. Gianluigi si gode la maturità, senza pensare troppo a quello che poteva essere e non è stato, anche "per colpa sua", come ci tiene a ribadire: "Perché se sono arrivato a far parlare così tanto di me vuol dire che qualcosa di importante in vita mia ho fatto". L'hai fatto Gigi, e noi non ti dimentichiamo.

    Alessandro Di Gioia
    @AleDigio89

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