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  • Chievo, Sorrentino: 'Il segreto è sentirmi scarso'

    Chievo, Sorrentino: 'Il segreto è sentirmi scarso'

    Il portiere del Chievo, Stefano Sorrentino ha dichiarato in un'intervista alla Gazzetta dello Sport: "La mia autobiografia si intitola 'Gli occhi della tigre'. Sono la forza interiore che ti fa raggiungere un obiettivo. Ci sono stati un sacco di portieri più forti di me, però non ce li avevano. Io sì, e riesco ancora a dire la mia nonostante gli anni. Sono un testardo e mi piacciono le sfide, mi considero il più scarso di tutti e proprio questo mi fa tirare fuori gli occhi della tigre. Sono un po' matto. Uno che ha vissuto in pieno la sua vita, con momenti belli e brutti e che non ha doppie facce. Sono vero, limpido e per questo non sono simpatico a tanti. Non credo nelle favole o nella fortuna, credo di aver ottenuto quello che ho meritato". 

    NIENTE BIG E NAZIONALE - "Sogni che non si sono avverati. Probabilmente è giusto così, magari i miei occhi della tigre non sono abbastanza forti. Certo, mi avrebbe fatto piacere, anche solo per confrontarmi con certe realtà. Ma fa nulla, la vita va avanti. Rimpianti zero, ho sempre dato tutto". 

    PALERMO - "Una carriera intera in un anno solo. Stressante, ero capitano e mi sono caricato tanti problemi sulle spalle. Ma in quel marasma abbiamo tenuto il gruppo unito, e con una bella zampata finale siamo riusciti a salvarci. Qualcuno mise in testa a Ballardini strane idee. Gli avevano riferito che noi italiani gli remavamo contro perché volevamo che tornasse Iachini. Lui ce lo disse, poi sa com’è: uno dice una cosa, uno risponde e andammo allo scontro. E’ stata la prima volta della mia carriera. Ma ho il mio carattere, non mi faccio mettere i piedi in testa. Quando poi lui è tornato ci ha chiesto scusa per metterci una pietra sopra. Da gentiluomini, ci siamo chiariti e abbiamo fatto quadrato. E Ballardini alla presentazione del mio libro sarà invitato. Zamparini non c’era quando ci scontrammo, ma fu lui a ordinare a Ballardini di farmi giocare. Ricordo che mi disse al telefono 'Non preoccuparti, tu sei il mio portiere oltre che il mio capitano'. E così fu. Da questa esperienza ho imparato che fare l’allenatore è come fare il genitore: uno dei mestieri più difficili al mondo. E io ho ancora la testa da giocatore, non mi ci vedo, al 99% non lo farò". 

    DYBALA - "Abitavamo di fronte, con lui c’è un rapporto stretto. E’ la semplicità fatta uomo, ed è rimasto tale nonostante si sia ritrovato con la Juve e l’Europa in mano. E poi è talmente grande in tutto ciò che fa che non mi stupirei di vederlo presto col Pallone d’oro". 
    BELOTTI - "Forte, fortissimo. Non si risparmia mai, è bello vederlo giocare per la tenacia e la voglia che ci mette sempre. E parlo da italiano, visto che è il centravanti della Nazionale: spero rimanga in A e continui a farci divertire". 
    VAZQUEZ - "Beh, il Mudo è... muto, non parla mai. Ma in campo fa parlare i piedi, uno spettacolo. Prima della partita gli chiedevamo quanti tunnel volesse fare. Per lui era la cosa più bella, dribblare, saltare l’uomo. Pareva sempre che stesse lì lì per perderla, ma la palla non gliela toglievano neanche i carabinieri...". 

    CHIEVO - "E' un’isola felice, un posto unico dove fare calcio. Quante altre squadre sono da 10 anni di fila in Serie A pur essendo espressione di un quartiere? C’entra il fatto che siamo la squadra più vecchia d’Europa, perché Campedelli ha un progetto vecchio stampo. Innanzitutto l’obiettivo: salvezza. Poi allenatori importanti, ambiziosi, già pronti per una big. Poi un gruppo di giocatori... vecchi, datati, esperti, faccia lei il termine. Comunque gente che sa il fatto suo. E poi ragazzi di talento. Il segreto per parare i rigori è studiare l'avversario: psicologia, fortuna e talento naturale. L’unico ad avermi disarmato è Perotti della Roma: non guarda la palla ma i tuoi occhi, decide all’ultimo. Al primo che gliene para uno bisogna fare un monumento". 

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