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  • Da Gabigol e de Boer a Rincon, Hart e Della Valle: la 'flop 10' della Serie A
Da Gabigol e de Boer a Rincon, Hart e Della Valle: la 'flop 10' della Serie A

Da Gabigol e de Boer a Rincon, Hart e Della Valle: la 'flop 10' della Serie A

  • Luca Borioni
Proviamo a stilare una top ten dei flop di quest’anno? Un giochino inoffensivo (si spera) per capire chi non ha saputo rispettare le aspettative o chi magari ha sbagliato stagione e si rifarà la prossima.

GABIGOL - Che sia un flop lo dicono le statistiche, con quell’unico gol segnato in 9 partite o spezzoni di partite. Per il resto però non c’è molto da dire. D’accordo che il buon Gabriel Barbosa non ha saputo cogliere l’occasione nerazzurra al volo, ma non è che abbia avuto troppe chance. Insomma è stato preso dall’Inter con un grande investimento e poi trattato dai vari allenatori come un grande problema. Ora ci si pone dubbi sul suo vero ruolo, ci si interroga su cosa deciderà di farne il club nerazzurro. In Brasile segnava a raffica: saprà farlo in Italia? Occhio che dopo l’estate potrebbe tornare con nuove motivazioni e sorprendere tutti. Ancora una volta in un senso o nell’altro.

DE BOER - Flop suo malgrado. Sradicato da un campionato tranquillo come quello olandese e da un ambiente pacato come quello dell’Ajax, per essere catapultato nella Milano tritatutto con l’obbligo di fare meglio, dall’oggi al domani, di un marpione come Mancini. Davvero una pretesa eccessiva, se rivalutata oggi. Hanno inciso le poche nozioni dell’olandese su ambiente, lingua, usi e costumi calcistici dell’Inter. Si è dovuto arrendere. I cinesi hanno capito e scelto l’italico Pioli. Ma poi…

DELLA VALLE - Un flop annunciato, però viene da domandarsi come sia possibile essere imprenditori di successo nel mondo e al tempo stesso presidenti di calcio senza successo a Firenze, né tra i tifosi e né in bacheca. O forse i vari Della Valle (o Cairo) dovrebbero capire che il modello supermanageriale non va bene in certe piazze, lì non si può prescindere dalla giusta considerazione nei confronti della passione che anima i tifosi e che dovrebbe almeno sfiorare anche chi comanda e spende. Perché se tutto questo non viene apprezzato, un motivo ci sarà.

MARTUSCIELLO - Il campionato dell’Empoli non ha spiegazioni logiche e l’ultimo atto, la sconfitta di Palermo con contemporanea beatificazione del Crotone, è in linea con una serie di risultati folli, con un calo netto e autodistruttivo della squadra toscana. Negli ultimi anni l’Empoli aveva abituato a piccoli ma costanti exploit contraddistinti da uno stile di gioco sempre elevato, da un’organizzazione societaria degna di ammirazione e da allenatori capaci di esaltarsi in quella realtà peculiare (da Sarri a Giampaolo).  Sempre nel segno di salvezze serene. Martusciello ha interrotto il trend.

BACCAGLINI - Flop atipico, nel senso che l’approdo a Palermo dell’ex cestista nonché ex inviato delle Iene, non prometteva particolari performance positive fin dall’inizio. Dopo il clamoroso passaggio di consegne tra l’ex patron Zamparini e questo giovane titolare del fondo commerciale che sta prendendo possesso del club rosanero, le apparizioni e le dichiarazioni del nuovo presidente si sono rarefatte e normalizzate, fino a scomparire. Flop nel senso di rumore onomatopeico che simula qualcosa che si sgonfia. Come appunto le ambizioni di Baccaglini e purtroppo anche del Palermo.

MANDORLINI - Lo avevamo lasciato a Verona, principale artefice della risalita nella massima serie dei gialloblù, protagonista nel bene e nel male con qualche espressione o atteggiamento sopra le righe ma anche con una efficace gestione tecnica. Lo abbiamo ritrovato alla guida del Genoa desideroso di riscattarsi, di ripartire con una squadra sottotono, bisognosa di motivazioni. Tradito forse dall’ormai consueta confusione rossoblù, è uscito di scena dopo un mese e mezzo senza troppo clamore.

DONADONI - Altro allenatore di rango, reduce da stagioni complesse, mai semplici. Ha finito probabilmente per adeguarsi, vivendo assieme al Bologna un’annata tra l’anonimo e il deludente. Quasi sempre pochi metri sopra il baratro. Con note liete dalla squadra (Di Francesco junior, lo stesso Destro) ma non in generale per le sue prospettive di carriera. Non un flop vero e proprio, ma qualcosa di molto simile.

GERSON - Quattro presenze quattro per un potenziale crack, per un talento annunciato e mai visto. Prima utilizzato a tratti, poi letteralmente abbandonato in un angolo della stagione dolce-amara vissuta dalla Roma. Un colpo di mercato che porta ancora la firma di Sabatini: una di quelle intuizioni al limite, filosoficamente affascinanti e in pratica incomprensibili. Flop di fatto per il brasiliano, ma anche in questo caso troppo clamoroso per essere vero. Da rivedere.

RINCON - Giusto per cercare il pelo nell’uovo della stagione juventina: il venezuelano non ha lasciato il segno. Arrivato a gennaio, ha inizialmente dato man forte al centrocampo ma se a un certo punto flop è stato, questo va ricercato nell’improvvisa svolta tattica decisa da Allegri nel guado decisivo della stagione. Nella Juve a cinque stelle, non c’è più stato spazio per Rincon. E  chissà quale sarà il suo prossimo futuro, immaginando che non sarà la gara di Cardiff l’occasione più adatta per una piena riabilitazione, a meno di sorprese che mai nel calcio si possono escludere.

​HART - Personaggio straordinario, utilissimo sul piano dell’immagine per un Toro desideroso di rivivere e attualizzare la sua grandezza. Portiere a volte all’altezza del suo status di titolare della nazionale inglese, specie tra i pali. Ma anche, in diverse occasioni, imprevedibile realizzatore di papere, specie nelle uscite. Il flop è tecnico ma in ogni caso indolore: Hart ha già dato l’addio al mondo granata lasciando in eredità simpatia e fascino. 

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