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  • Da Kakà ai dopolavoristi: l'Ancona è sceso negli inferi. Ma vuole risalire

    Da Kakà ai dopolavoristi: l'Ancona è sceso negli inferi. Ma vuole risalire

    • Pietro Scognamiglio
    Due fallimenti e una mancata iscrizione in 13 anni. E’ il poco invidiabile record della città di Ancona, colpita da un’autentica maledizione calcistica. Il contrappasso, forse, per aver toccato due volte il cielo della Serie A: prima nel 1992, poi nel 2003/2004 battezzando l'esordio in Italia di Kakà nella sfida al Milan di un assolato primo settembre. Retrocessione immediata in entrambi i casi. L’ultima tra i fantasmi di Mario Jardel e di Magnus Hedman, il portiere svedese ricordato più che altro per le gradevoli sembianze della moglie. La più recente versione dell’Ancona è sparita in estate. Retrocessione dalla Lega Pro senza poi riuscire a iscriversi in D, sotto il peso di oltre due milioni di euro di passivo maturati – loro malgrado – nonostante la vigilanza interna dei tifosi sull'operato della società. E’ evidente: i supporters trust in Italia non funzionano. 

    Si riparte dal basso, in questi casi. Il 25 agosto sulla riviera del Conero c’erano solo macerie e la scelta da molti invocata era fermare completamente la giostra: meglio non avere una squadra che finire a giocare contro squadre di quartiere, diceva qualcuno. Poi però si è materializzato Stefano Marconi, imprenditore che ha saputo subito far breccia tra gli stessi tifosi e soprattutto nei palazzi della politica cittadina. Ma era troppo tardi per salvare il titolo, o anche per pensare di ottenerne uno nuovo ai livelli più alti del calcio dilettantistico. L’unica possibilità era rappresentata dalla Prima Categoria, il settimo livello della piramide calcistica italiana. Un capoluogo di regione di centomila abitanti costretto a giocarsela contro onesti dopolavoristi. Marconi ha deciso di tuffarsi negli inferi. Nasce così l’Anconitana: il nome ha radici nella storia, il titolo sportivo è nuovo di zecca. 

    Passano intanto le settimane e - svanito l’effetto novità – l’Anconitana riesce però a far parlare ancora parlare di sé. Non tanto per il campionato stradominato (e ci mancherebbe), ma soprattutto per il seguito: i media locali ne amplificano le gesta come se fosse Serie C, probabilmente stimolati dagli oltre mille spettatori presenti in media allo stadio Del Conero, dove molti avversari arrivano con gli occhi che brillano. “Segnare in questo stadio come Van Basten e Sheva mi mancava”, ha scritto sui social Giuseppe Benni, portiere del Montemarciano. Una delle tante squadre finite ko contro la corazzata biancorossa. 

    Corazzata, non è un’esagerazione. Un vantaggio in doppia cifra sulla seconda in classifica consente all’Anconitana già di buttare un occhio alla prossima stagione. Anche perché la qualità della rosa è del tutto illegale, a queste latitudini. La scelta irrazionale di buttarsi nelle sabbie mobili dell’ultradilettantismo l’hanno condivisa anche giocatori con un curriculum di tutto rispetto. Il portiere Lori ha solo 23 anni e ha già giocato ad Ancona in D e Lega Pro: arriva dal Pontedera e ha scelto di tornare nella città della fidanzata. Solo per amore. C’è anche Tommaso Colombaretti, difensore da oltre 150 presenze in Serie C, ma l’elemento più rappresentativo è senza dubbio Salvatore Mastronunzio. A 38 anni ha rimesso piede nella città dove tra il 2007 e il 2010 ha scritto pagine importanti di una carriera da oltre 50 gol in Serie B. Già 15 i gol realizzati, per diventare a quota 73 il bomber più prolifico della storia dell’Ancona. Morde ancora senza pietà, la Vipera (è il suo collaudato soprannome).  Di veleno i tifosi dell’Ancona ne hanno dovuto digerire tanto, ma il suo è l’unico con cui vorrebbero brindare. 

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