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  • Di Biagio come Sacchi nel '96: Chiesa doveva giocare al posto di Bernardeschi

    Di Biagio come Sacchi nel '96: Chiesa doveva giocare al posto di Bernardeschi

    • Giancarlo Padovan
    Si decide tutto sabato sera, ma a questo punto il rischio eliminazione è più che mai concreto. All'Europeo di categoria l'Under 21 di Di Biagio perde male contro la Repubblica Ceca (3-1) e, per raggiungere il primo o il secondo posto, sarà costretta a battere la Germania. Nulla è impossibile, ma a chi ha visto tanto calcio e lo ricorda, sembra di essere tornati indietro nel tempo. Esattamente al 1996, ventuno anni fa, Europei dell'Italia maggiore, Sacchi in panchina, Chiesa - il padre di Federico - in campo. Dopo avere battuto la Russia, quell'Italia perse proprio dalla Repubblica Ceca e poi non riuscì a superare la Germania (rigore sbagliato da Zola). Un po' quello che sta accadendo adesso, speriamo solo con un esito diverso. Ma è dura, durissima. Soprattutto se ci mettiamo del nostro. 
     
    Di Biagio ha contribuito prima dei giocatori. Ne ha cambiati quattro rispetto al vittorioso esordio con la Danimarca (e si può essere d'accordo), ma mi aspettavo ben altri sostituti. Chiesa prima di tutti (è entrato al 53') che avrebbe potuto prendere il posto di Bernardeschi (scarico) e portare tutta la sua esplosività in una fascia sterile. Mai, invece, avremmo tolto Benassi per Grassi e nemmeno Barreca per Calabria. 

    Chi ha giocato è stato insufficiente (si salvano, forse, Ferrari e Berardi), però anche tatticamente siamo sembrati una Nazionale senza il minimo equilibrio. La difesa ha colpe individuali che chiamano in causa anche Donnarumma: primo gol sul palo di pertinenza, il terzo un tiro sul quale poteva fare qualcosa di più. Più di tutti ha deluso Rugani (scivolata che ha spalancato la via a Travnik, servito da Schick), sembrato un altro in rapporto alla prestazione con la Danimarca. 

    Tuttavia è lecito domandarsi se il centrocampo abbia fatto meglio della difesa. E la risposta è no. In parte perché poco e male aiutato dagli esterni alti, in parte perché con elementi mal posizionati e poco precisi. In particolare non ha funzionato per nulla il giro palla e le giocate sono state lente e prevedibili. 

    Infine c'è un un problema che mi era parso evidente già alla prima partita: l'Italia segna poco. Petagna, che era andato in gol nel finale contro la Danimarca, questa volta ne ha mancati un paio. Il secondo, però, a un quarto d'ora dal termine, poco dopo il pareggio di Berardi che gli aveva servito l'assist. Sarebbe potuto essere il gol del sorpasso. Una giocata capitale svilita da un velleitario pallonetto. Del resto, cinque gol in campionato la dicono lunga sulla prolificità dell'attaccante dell’Atalanta, bravo a lottare e, quando glielo si chiede, a far salire la squadra, ma poco incidente in area. La domanda, per nulla oziosa, è se il gol alla Danimarca rappresenti, per lui, la regola (non mi pare) o l'eccezione (mi pare, purtroppo). Eppure gettare la croce su Petagna sarebbe ingiusto, sbagliato e inutile. E' lui l'unica prima punta che abbiamo (Cerri segna ancora meno). Piuttosto è necessario trovare il gol con giocate verticali e sui tagli anche degli esterni (è accaduto nel caso del gol di Berardi). Oppure va cercato il fondo con maggiore costanza per mettere cross bassi in mezzo e all'indietro. Ecco che in questo caso Petagna, senza essere un bomber, potrebbe trovare la zampata che serve. 

    Contro la Repubblica Ceca, l'Italia si è persa nella prima metà del primo tempo e alla fine del secondo, quando Havlik e Lueftner hanno colpito nel giro di sei minuti (79' e 85'). Contropiede, ma non solo. Da parte azzurra anche poca forza atletica (stanchezza?), troppe esitazioni, nessuna decisione nel portare i contrasti. Fragile e tritata, la migliore difesa della fase a gironi si è consegnata a un avversario che la Germania aveva stroncato di netto. Può darsi che l'Italia abbia ancora energie, soprattutto nervose, per reagire alla sconfitta. Ma bisogna farlo presto. E senza più sbagliare nulla. 
     

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