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  • Flop Fiorentina: il disastro perfetto comincia dal mercato, da Diks a Toledo

    Flop Fiorentina: il disastro perfetto comincia dal mercato, da Diks a Toledo

    • Pippo Russo
    La catastrofica eliminazione per mano del Borussia Mönchengladbach è il perfetto sigillo di uno sfascio viola talmente rotondo da sembrare programmato. Come disegnato con cura a tavolino. E ovviamente quella del disegno a perdere è soltanto un'impressione in nessun modo collegata con la realtà. Tanto più che, se fosse vero il contrario, dovemmo pensare che dietro tutto ciò vi sia la mano di un genio del Male. Invece in Fiorentina il genio scarseggia in ogni settore, tanto quanto i programmi, e dunque possiamo soltanto registrare per l'ennesima volta una verità sacrosanta: che la catastrofe epica può essere opera anche di praticoni e arruffamatasse, di talenti dilettanteschi ma capaci di far danni da iper-professionisti. La Fiorentina di oggi è questo, una società priva di rotta ma con l'ambizione di scoprire un'altra America. E di questa totale assenza di progetto (termine che, non per caso, è di recente scomparso dal vocabolario minimo viola dopo che negli anni recenti se n'era fatto abuso) si ha un riflesso impietoso nelle operazioni di calciomercato. Che in questa stagione 2016-17 sono state da Premio Ignobel, come peggio non avrebbe saputo fare un ragioniere del catasto chiamato d'urgenza a tappare la falla.

    Ciò considerato, sarebbe adesso troppo facile prendersela con la strana coppia che ha governato le campagne trasferimenti estiva e invernale, formata da Carlos Freitas e (soprattutto) Pantaleo Corvino. Sarebbe facile e dovuto, dato che per ruolo i due portano la responsabilità dell'area tecnica e delle operazioni di mercato. E però scagliarsi addosso a loro sarebbe applicare per l'ennesima volta la logica del capro espiatorio (come del resto si sta già facendo con Paulo Sousa, che a Firenze aveva già fatto il suo tempo alla fine della prima stagione), regalando un alibi a chi invece, più in alto nelle gerarchie viola, porta la responsabilità d'avere affidato compiti tanto importanti a due tipi così inadeguati. In fondo, Freitas e Corvino hanno fatto ciò che gli analisti seri s'aspettavano a inizio stagione: si sono dimostrati totalmente incapaci di assolvere i loro ruoli. Se a guidare una Ferrari in pista mettete un autista dell'Ataf, vorrete mica incolpare quel poveraccio per il penoso rendimento della vettura? Così è per i due. Quanto al portoghese, ricordo la valanga di messaggi che mi giunse da amici tifosi dello Sporting Clube de Portugal (dove Freitas è un detestatissimo ex), il cui tono poteva essere sintetizzato dall'interrogativo: "Ma alla Fiorentina sono impazziti?". La risposta è che alla Fiorentina non sono impazziti più di quanto non potessero esserlo un anno prima, quando presero un altro portoghese senza ragioni plausibili: Pedro Pereira, ex Sporting Braga, andato via dopo una sola stagione e senza lasciare la minima traccia. Invece Freitas, almeno, sarà riuscito a farsi notare per un dettaglio d'abbigliamento di cui gli stessi tifosi dello Sporting hanno chiesto informazione: "Indossa sempre quelle cinture con le fibbie da cow boy?".

    E poi c'è Pantaleo Corvino, pover'uomo. Era già un obsoleto arnese quando cinque anni fa lasciò Firenze per la prima volta dopo l'umiliante 0-5 al Franchi contro la Juventus. E dopo una pausa di tre anni era rientrato a Bologna, dove ha lasciato un'eredità i cui frutti sono visibili in questa men che mediocre stagione rossoblu. Trovare nella sede del Bologna qualcuno che ve ne parli bene è una sfida estrema. E però la Fiorentina ha deciso di riprenderselo la scorsa estate, per ragioni la cui comprensione richiede la consulenza degli aruspici. Averlo rimesso lì è qualcosa che assomiglia molto all'accanimento terapeutico. Certe cose non si fanno, è una questione di bioetica prima che di pallone.

    E però, ribadisco, prendersela con un gatto sdentato e una volpe spelacchiata significherebbe andare fuori strada. E le stesse operazioni di mercato aiutano a spiegare perché. In questo senso, basta prenderne come esempio due e dimostrare che la logica con cui è stata condotta la campagna trasferimenti viola durante questa stagione sia la medesima delle stagioni precedenti, quando Freitas e Corvino non c'erano.

    I due casi in questione riguardano Kevin Diks e Hernan Toledo. Arrivati in estate e andati via d'inverno, nel quadro di operazioni con due club di cui molto si chiacchiera. Diks, esterno destro olandese, è arrivato in estate per 2,8 milioni, proveniente dal Vitesse Arnhem, club che è notoriamente un satellite del Chelsea. E qui entra in ballo una lunga e complessa trama di mercato fra il club viola e quello di Roman Abramovich. Una trama che parte con la cessione di Cuadrado ai Blues, passa per la penosa gestione del Dossier Salah (altra desolante prova di pressappochismo manageriale viola), registra un ulteriore passaggio col trasferimento di Marcos Alonso in Inghilterra, concluso a una cifra talmente sovrastimata da sembrare un parziale risarcimento per il citato Dossier Salah, e ha una successiva puntata proprio nella fugace avventura di Diks a Firenze. Tutto un giro che, al pari di quello che per un certo periodo è stato condotto assieme al Manchester City (Nastasic, Micah Richards, Savic), porta la firma della banda Zahavi-Ramadani. A quei livelli Corvino non vede palla nemmeno se la fa lui. A ogni modo, resta il fatto che Diks sia stato una presenza irriilevante per la Fiorentina: ben 5 minuti giocati (2 contro il Cagliari, 3 contro il Napoli). A gennaio è stato rimandato al Vitesse, secondo uno schema classico del calciomercato all'italiana: si compra all'estero un calciatore a titolo definitivo in estate, non lo utilizza per nulla nella prima metà della stagione, e poi a gennaio lo si ridà in prestito al club da cui lo si era acquisito. E ovviamente i soldi spesi restano spesi, dunque si è pagato un club per ridargli il giocatore.

    L'altro caso è quello dell'argentino Hernan Toledo, esterno sinistro che non ha mai giocato con la prima squadra viola e si è dimostrato scarso pure per la Primavera. Il suo prestito biennale sarebbe stato pagato 800 mila euro, e secondo una dichiarazione del presidente viola Mario Cognigni il riscatto sarebbe costato 30 milioni di euro. Cifra che adesso suscita ilarità. La Fiorentina l'ha preso dagli uruguayani del Deportivo Maldonado, club chiacchieratissimo dietro il quale si celano fondi d'investimento molto potenti. Fra l'altro, vanno citati altri due calciatori uruguayani presi nell'estate 2015 (Baez e Schetino), anch'essi dati in prestito e spariti dai radar. La recente passione della Fiorentina per l'Uruguay (da segnalare anche Maxi Olivera, arrivato la scorsa estate) è davvero notevole. Nei giorni scorsi Toledo è stato rispedito in Argentina, al Lanus. Si parla di rescissione del contratto, ma anche in questo caso la cifra spesa per il prestito biennale dovrebbe andar persa. E se si tratterebbe 0,8 milioni, che sommati ai 2,8 dell'acquisto di Diks fanno 3,6 milioni bruciati senza un perché. Come tanti altri che se ne sono andati durante il mercato estivo (ne parleremo), e che testimoniano quanto sia inesatto accusare la Fiorentina di non spendere. Piuttosto, spende malissimo e per ragioni che sul piano della valutazione tecnica risultano imperscrutabili. E adesso che gira impietosamente per il web il video con una dichiarazione estiva di Andrea Della Valle ("Toledo non è una scommessa, ma un colpo del nostro direttore Corvino"), sarebbe il caso di stoppare i nuovi "colpi del direttore" di cui già i trombettieri della stampa favoleggiano: uno in Brasile e due col solito Partizan Belgrado. Forse sono solo voci, e è bene che tali restino. Così come è bene che Freitas se ne torni in Portogallo a scegliersi un paio di nuovi cinturoni, e che Corvino se ne torni in Salento a godersi una vecchiaia più dignitosa di questa. C'è da pianificare immediatamente la nuova stagione dopo cotanto sfascio, e da cambiare un registro che negli anni più recenti ha portato alla situazione attuale. Ripartendo ovviamente dall’intoccabile Mario Cognigni, il deus ex machina di Casette d’Ete prestato al calcio da uno scherzo del destino cinico e baro. E bisogna farlo subito, ché di tempo se n'è perso già troppo.

    @pippoevai

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