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  • Galles-Giggs, storia di cuore e DNA: il figlio di Ferguson per consacrare Bale

    Galles-Giggs, storia di cuore e DNA: il figlio di Ferguson per consacrare Bale

    • Furio Zara
    Questa è una storia di padri che ti capitano e di padri che scegli. E’ una storia di dna e di cuore. E’ una storia di figli che decidono da che parte stare. Ryan Giggs, il figlio prediletto di Sir Alex Ferguson, è diventato ct del Galles. Prenderà il posto di Chris Coleman, avrà un contratto di quattro anni. Il Galles di Bale ha fallito la qualificazione al Mondiale di Russia 2018, ma all’Europeo 2016 si è fermato in semifinale, sconfitto dal Portogallo (2-0). Giggs aveva 17 anni - marzo del ’91 - quando esordì con la maglia del Manchester United. Ha smesso a quarant’anni, dopo aver vinto tutto, tra cui 13 titoli, 10 Community Shield e 2 Champions League. Con 37 titoli vinti è il giocatore che in Inghilterra ha vinto di più. Ventitrè anni con la stessa maglia. Tu chiamale, se vuoi: bandiere. Ryan ha lasciato un segno indelebile nella storia del calcio mondiale. Non fosse nato gallese, avrebbe incantato anche a Mondiali (che non ha mai disputato) e Europei, ma la pochezza dei suoi connazionali non gliel’ha permesso. Giggs è stato un giocatore straordinario: mancino purosangue, ala vintage di spalle strette e gambe ben tornite, il piede sinistro che sapeva essere «piuma o fero», per dirla alla Carlo Verdone. E poi: le serpentine, gli assist, i gol, spesso con tiri in diagonale, da sinistra verso destra, verso il palo più lontano. Ha vissuto l’epoca di Cantona e quella di Beckham, ha giocato con Cristiano Ronaldo, Tevez e Rooney, ma a far la lista dei campioni con cui ha duettato ci vorrebbe molto tempo; è stato bambino tra i campioni all’inizio della carriera e chioccia alla fine.

    Come tutti i campioni che sembrano perfetti, e non per niente compagni e avversari lo chiamavano «Mr Clean», Giggs ha avuto zone d’ombra in una vita che non sempre è stata cristallina. La moglie Stacey qualche anno fa lo lasciò perché stanca dei continui tradimenti del marito, che ci provava con chiunque gli capitasse a tiro, dalle modelle buone per una sera alla cognata, Natasha, ex moglie del fratello, con cui ebbe una relazione - tenuta segreta - per otto lunghi anni. Ryan non ha avuto un’infanzia facile. Figlio di Danny, un afroamericano donnaiolo che giocava a rugby a Cardiff, e di Lynne, babysitter; inizialmente era di nazionalità inglese, ma scelse il cognome della madre, Giggs appunto, quando il padre se ne andò e abbandonò la famiglia. Aveva appena compiuto sedici anni. Non scelse il Galles. Scelse la madre, e di conseguenza il Galles. Non chiedetevi cosa avrebbe potuto fare se - scegliendo diversamente - avesse giocato con l’Inghilterra, non vale più la pena chiederselo, non ha più senso. Da allenatore ha fatto il traghettatore al Man Utd dopo il fallimento di Moyes, è stato vice di van Gaal ma - soprattutto - ha avuto per vent’anni uno dei migliori maestri al mondo, quell’Alex Ferguson che quando lo vide scosse la testa per il disappunto per quanto era magro quel ragazzino, ma da quel momento in poi ne ha fatto l’icona della squadra che ha segnato quest’epoca moderna. Per Giggs, abbandonato dal vero padre nell’età delle decisioni, Ferguson è stato il padre putativo, il punto di riferimento, l’esempio da seguire. L’abbiamo detto all’inizio: questa è una storia di padri che ti capitano, per dna, e di padri che ti scegli, con il cuore. 
     

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