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  • Genoa e Samp, calcio alla marinara
Genoa e Samp, calcio alla marinara

Genoa e Samp, calcio alla marinara

  • Antonio Martines
Genova è un posto decisamente importante nella storia del calcio Italiano. Se altrove hanno conquistato più scudetti, più coppe internazionali o possono contare su bacini d'utenza calcistica maggiore, poco importa, perché nella Superba si è sempre percepito quel qualcosa in più, derivante forse da una specie di fascino da mito fondativo. A Genova si respira un calcio antico, fatto di orgoglio e passioni viscerali, di colori e canzoni d'autore che regalano alle gradinate del Ferraris un'atmosfera da calcio britannico che non ha eguali al di fuori della Gran Bretagna stessa. Nella città della Lanterna si disputa il derby più antico d'Italia tra due tifoserie che si odiano con una pervicacia e una classe che non trova eguali in nessun altra parte della nostra penisola. Il derby della lanterna non solo è il più antico ma è anche quello più longevo, che ha saputo resistere al logorio del calcio moderno. Basta vedere i pienoni del Ferraris e fare un paragone con quello di Roma per capire che dalle parti del capoluogo ligure la passione è rimasta immutata e non ci sarà mai nessun questore che potrà arginarla con muri divisori o quant'altro. Genova è un luogo dove il calcio si fonda su due anime diverse e contrapposte, quella del Genoa, club di padri fondatori, nato nel lontano 1893 e quindi di diritto primo club d'Italia per nascita (tra quelli ancora in attività) e quella della Sampdoria, squadra decisamente più giovane ma altrettanto nobile, perché figlia della fusione del 1946 tra due club storici come la Sampierdarenese (1891) e l'Andrea Doria (1895). Una fusione che diede come primo frutto tangibile una maglia a dir poco splendida e iconica come quella blucerchiata. 

Ma le differenze non si fermano certo solo alla diversa genesi dei due club. Il Genoano di solito è genovese doc da diverse generazioni, è un tifoso affetto da sindrome dell'età dell'oro, ovvero da quella strana forma di malinconia che gli fa provare nostalgia per un'epoca mai vissuta, fatta di trionfi sportivi che ha ereditato solo per almanacco e racconti giornalistici; una gloria antica e impolverata, di cui non ha memoria ma che vorrebbe prima o poi provare a rinverdire con un nuovo trofeo. Ma è anche soprattutto un tifoso affascinante, perché pieno di contraddizioni, viscerale ma allo stesso tempo borghese e affetto da una strana forma di snobismo che lo porta a sentirsi superiore ai cugini con la maglia da ciclista, salvo poi rendersi conto che il più delle volte, la corsa la si fa proprio sulla Sampdoria e su nessun altro. Il Genoa ha vinto subito e presto: 9 scudetti nel calcio degli albori, 9 scudetti che conferirono storia, blasone e anche paradosso, perché furono conquistati in sole 11 partite da calcio pionieristico, e poi invece – incredibilmente - non bastarono ben 5 spareggi per conquistare il meritatissimo decimo che sarebbe valsa una stella d'oro ante litteram. Parliamo di quello del 1925 - il famoso scudetto delle pistole - il primo nella storia del Bologna, ma che in realtà fu conquistato in modo ignobile e antisportivo, grazie ai favori del gerarca Leandro Arpinati. La vicenda costituì una ferita indelebile per il Genoa e i Genoani e ciclicamente ritorna a galla, come quella volta in cui il sindaco socialista Cerofolini chiese addirittura un'interrogazione parlamentare per la restituzione di quello scudetto.

Il Sampdoriano dal canto suo è più rilassato, la tradizione vuole che sia genovese d'adozione e mediamente più proletario nell'animo perché figlio degli immigrati che si trasferirono nella Superba del dopoguerra in pieno boom economico. Il tifoso blucerchiato sa godere della propria squadra ma lo fa con meno clamore – ma non calore – rispetto ai cugini rossoblu e si vanta di un passato fatto di vittorie ben più recenti e probabilmente anche più importanti visto che ha vissuto uno scudetto da mille e una notte con la mitica banda di Vialli e Mancini, conquistato per di più nel periodo di massimo splendore del calcio italiano, un periodo in cui in Italia imperversavano corazzate come il Milan di Sacchi, Il Napoli di Maradona e l'Inter dei record, un periodo in cui tutti i migliori del mondo erano da noi. Inoltre seppe anche uscire dai confini nazionali vincendo una Coppa delle coppe contro l'Anderlecht dei bei tempi che furono e sfiorando una storica Coppa dei campioni contro il primo Barcellona di Cruijff, una coppa che se fosse stata vinta avrebbe dato gloria smisurata ai blucerchiati e sconforto eterno ai genoani. Il Sampdoriano vive la sua passione con più calma e meno stress, questa caratteristica deriva probabilmente dal meraviglioso periodo che si visse sotto la presidenza dell'immenso Paolo Mantovani, un signore d'altri tempi che seppe vincere con stile in un momento in cui di stile, in giro ce n'era ormai già ben poco.

Il presente delle due anime della Lanterna è fatto del solito orgoglio e di tanta buona volontà, sia i rossoblu che i blucerchiati continuano a farsi rispettare non accontentandosi soltanto del risultato ma cercando anche una propria identità nel gioco e d'altronde non potrebbe essere altrimenti, vista la portata storica di questi due club cosi diversi tra di loro eppure entrambi amati e rispettati anche al di là degli steccati del tifo. Tante volte è capitato infatti anche ai tifosi di altre squadre di esaltarsi per certe vittorie della Samp in Europa o anche dello stesso Genoa, in particolare quando ci fu quella meravigliosa cavalcata in Coppa UEFA nell'ormai lontano 1992, quando il miglior grifone del dopoguerra allenato dal grande Osvaldo Bagnoli fece fuori nell'ordine: Real Oviedo, Dinamo Bucarest, Steaua e riusci nell'impresa di diventare la prima squadra italiana a violare Anfield con un 2-1 che passò alla storia, grazie anche e soprattutto a quel meraviglioso striscione gigante esposto nella partita di Marassi con su scritto : “We are Genoa”, a sottolineare una comune lontana origine inglese col grande Liverpool. Quella marcia trionfale si interruppe poi solo in semifinale contro il nascente Ajax di van Gaal che poi andò a vincere la coppa contro il Torino di Mondonico. Forse la vera bellezza e la diversità delle due genovesi risiede soprattutto in questo e cioè nella capacità di affascinare anche i tifosi delle squadre avversarie, una caratteristica pregiatissima, figlia forse di una simpatia trasversale che in Italia e stata regalata solo – anche se in maniera maggiore – ad altre due squadre come il Grande Torino e il Cagliari di Gigi Riva. Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che queste simpatie si manifestano giusto perché si tratta di club non abituati a vincere in modo seriale, potrebbe anche darsi...ma è una spiegazione che regge fino a un certo punto, perché lo stesso fenomeno non si è mai avuto per club come Roma, Napoli e Lazio, che – e qui voglio essere politicamente scorretto, non me ne vogliano i loro tifosi – pure non hanno vinto tanto e pure avrebbero tradizione e storia da vendere, ma che per qualche motivo evidentemente non suscitano quel particolare fascino che invece il vecchio, nobile calcio genovese sa emanare.

@Dragomironero

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