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  • Inter, cambiare ancora è un rischio da non correre: for Ever con Pioli e Banega
Inter, cambiare ancora è un rischio da non correre: for Ever con Pioli e Banega

Inter, cambiare ancora è un rischio da non correre: for Ever con Pioli e Banega

  • Giampiero Timossi

For Ever Banega. Lo avevano messo in “punizione”. E lui con un gol su punizione ha ristabilito le gerarchie, almeno per una domenica. Breve storia di Banega, che nell'Inter strafottente con le piccole mette in sicurezza con il secondo gol quel che sarà l'1-5 di Cagliari, ma soprattutto definisce un ordine tattico nell'Inter di quest'anno, rimasta per troppo tempo un cantiere aperto.

La colpa non è stata di Pioli, al contrario. E neppure di Banega, anzi. L'argentino era stato bloccato dall'Inter quando il tecnico Roberto Mancini già mostrava i primi evidenti sintomi d'insofferenza ambiantale. L'ex tecnico nerazzurro, in verità, non ha mai espresso giudizi negativi sul centrocampista: troppo intelligente e astuto Mancini, sapeva che prendere l'argentino del Siviglia a parametro zero era un affare inattaccabile. Il problema semmai è stato un altro, un equivoco non tanto tattico quanto filosofico, benché di filosofia spicciola. Mancini si era convinto che la Premier vinta con il Manchester City fosse l'unico modello ripetibile per raggiungere il successo.


Ha cambiato idea? Non ho notizie in proposito, non credo. Formula goleador (Aguero e poi Icardi) riforniti da centrocampisti cingolati (Yaya Touré o Felipe Melo). Felipe Melo?!? Lo dico ora perché il ragazzo è tornato in Brasile, confesso. La prima volta che l'ho incontrato è stato a Torino, quando si trasferì dalla Fiorentina e sbarcò di notte all'Hotel Principe di Piemonte, di ritorno dal Brasile. Io tornavo invece dalla celebrazioni per il compleanno di Platini, nel suo paese Natale e mi nascosi tutta la notte in albergo. Volevo beccare Melo per primo, un altro viola passato in bianconero. Lavoravo per la Gazzetta e per una volta cercavo di strappare un'intervista prima degli agguerriti colleghi di Tuttosport. Feci l'intervista e negli occhi di quel viaggiatore transoceanico notai subito una rabbia quasi inquietante. Così fatta l'intervista mi nascosi ancora per un po' in albergo. Melo, può dire quel che vuole, io la penso così: lui fa paura, non fa calcio. Banega in quel centrocampo cingolato doveva ritagliarsi uno spazio. Non era il perno del progetto.

Errore grave, anche quello di sostenere che “El Tanguito” avesse un ritmo troppo lento per la serie A. Negli ultimi anni l'ho seguito con grande attenzione, nell'ultima Europa League non ricordo una sua prestazione che meritasse un voto inferiore all'otto. Il suo calcio è seta. E la seta non diventa uno straccio, almeno se la chiudi in un cassetto. L'Inter della fuga manciniana e poi quello dello sciaguratissimo De Boer aveva chiuso in un cassetto il suo ballerino di Tango. Perché se Mancini questa volta ha sbagliato filosofia, l'olandese ha sbagliato tutto. Doveva ridare un'anima alla squadra, lo ha fatto con le qualità empatiche che vanno riconosciute a un ghiacciolo all'anice, sullo Stelvio, il 25 dicembre. Ricordate gli esperimenti in Europa League? Servivano solo a confondere la confusione. L'olandese è stato uno dei peggiori bluff approdati fin qui in Italia. Farà bene altrove? Pazienza, qui stavolta ha fatto pena e pure con presunzione insopportabile.

A Pioli serviva tempo per rimettere mano al casino combinato da chi lo aveva preceduto. Ci sta riuscendo, gli servirebbe altro tempo per vincere e competere anche con le altre big, non solo per strapazzare la piccole. Ma ora la sua media punti è inferiore solo a quella di Allegri, superiore a quelle di Spalletti e Sarri e Gasperini. Vero, Pioli è l'unico subentrato in corsa e andò così anche all'Inter del suo “gemello” Claudio Ranieri.

Ma più che i punti contano gli aggiustamenti tattici. Mappe delle giocate e dati confermano che l'evoluzione c'è stata. Sono aumentati i gol e il numero dei giocatori andati a segno: 13 reti nelle 11 gare dell'olandese; 30 gol nei 15 match di Pioli. Cinque i giocatori andati a segno con De Boer, il doppio con il suo successore. Prima tutto doveva essere banale: palla a Candreva quindi a Icardi (che era e resta il primo marcatore, anche se in leggera flessione: 8 gol prima, 7 ora, con quattro gare in più). Il gioco con De Boer si “sviluppava” solo sulla fascia destra. Pioli ha prima riequilibrato le cose, sfruttando anche la fascia sinistra e Perisic. Ora, almeno a Cagliari, è riuscito a imporre ai suoi giocatori anche uno sviluppo centrale della manovra, questo dice la heat-map, la mappa che spiega dove è più caldo il gioco. Ora quello dell'Inter l è sicuramente meno prevedibile, alla lunga sarà anche più efficace. Ora l'Inter costruisce partendo dal cuore del centrocampo, un passo davanti alla linea di difesa. Partendo da Banega.

For Ever, dunque. Non solo. Dalla Spagna dicono che Simeone sarà il nuovo allenatore dell'Inter, “al cento per cento”. Sarebbe comunque un grande allenatore, probabilmente anche lontano da Madrid e dall'Atletico, club che conosce benissimo. Ma io insisto: cambiare ancora sarebbe pericoloso per l'Inter. E non mollo: for ever Pioli. E for Ever, sempre.  


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