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  • L’Uefa in soccorso dello Sporting Lisbona nel conflitto contro Doyen

    L’Uefa in soccorso dello Sporting Lisbona nel conflitto contro Doyen

    • Pippo Russo
    Il lungo caso che contrappone lo Sporting Clube de Portugal a Doyen Sports Investments, relativo al trasferimento di Marcos Rojo dal club biancoverde al Manchester United avvenuto nell’estate del 2014 e alla gestione dei diritti economici di Zakaria Labyad, si arricchisce di due nuovi passaggi.

    A darne notizia è la stampa portoghese, che la scorsa settimana ha riferito due indiscrezioni. Una di queste è stata di segno favorevole al fondo maltese, l’altra è stata positiva per il club leonino presieduto da Bruno De Carvalho. La prima notizia è stata data dal Correio da Manha, quotidiano popolare il cui modello d’azione è quello dei tabloid inglesi. Lo scorso 23 giugno il giornale ha pubblicato un’indiscrezione relativa al ricorso che il club ha presentato presso il Tribunale Federale svizzero, contro la sentenza del TAS che a fine dicembre 2015 ha dato ragione a Doyen. Secondo questa indiscrezione, il Tribunale Federale sarebbe orientato a respingere la richiesta di congelare il pagamento dovuto dallo Sporting a Doyen. Nell’articolo si aggiunge che la sentenza verrà resa nota soltanto a settembre, e questa è la parte più bizzarra di ciò che il Correio da Manha riporta: perché mai il Tribunale Federale svizzero starebbe differendo di tre mesi l’ufficializzazione di una decisione che avrebbe già preso? E soprattutto: la decisione è davvero stata già presa, o piuttosto nell’articolo vengono riferiti orientamenti dei giudici, se non addirittura auspici di una delle parti in causa? Misteri della stampa portoghese.

    L’altra notizia è invece stata fornita dal Jornal de Noticias il 25 giugno, e riferisce che l’Uefa ha deciso di appoggiare lo Sporting CP nella sua battaglia legale contro Doyen presso il Tribunale Federale .Una mossa di grande peso, la cui lettura è tutta politica e segna fra le altre cose una volontà della confederazione europea di smarcarsi dai più recenti orientamenti della Fifa, che con l’avvio della presidenza di Gianni Infantino ha mostrato un atteggiamento molto più morbido nei confronti di TPO e TPI.

    Quanto ai motivi della controversia fra lo Sporting CP e il fondo maltese che specula sui diritti economici dei calciatori, la vicenda è nota. Suscitando non poco sconcerto, il TAS ha dato ragione a Doyen con una sentenza il cui testo è stato pubblicato da Football Leaks. E leggendo quel testo lo sconcerto aumenta. La vecchia dirigenza dello Sporting (di cui faceva parte Carlos Freitas, da poco nominato direttore sportivo della Fiorentina), ha firmato col fondo guidato da Nelio Lucas un contratto pieno di clausole estremamente sfavorevoli, contro le quali il nuovo corso presidenziale di Bruno De Carvalho si è scagliato. Ma nonostante l’evidenza di queste condizioni sfavorevoli allo Sporting nella stesura del contratto, il TAS ha dato ragione a Doyen imponendo al club leonino di pagare. Per i giudici di Losanna conta soltanto il rispetto dei contratti, non i loro contenuti né la natura dei soggetti che li hanno firmati.

    E del resto, non è la prima volta che il Tribunale Arbitrale dello Sport produce delle sentenze che qualsiasi logica giuridica e di buon senso troverebbe, per usare un eufemismo, sorprendenti. Un esempio è ricavabile dalla vicenda che ha contrapposto il Palermo alla Pencil Hill di Gustavo Mascardi relativamente ai diritti economici di Paulo Dybala, tema sul quale il numero 1/2016 della “Rivista di Diritto ed Economia dello Sport” ha pubblicato un interessante articolo firmato da Luca Smacchia e Lloyd Thomas. Fra gli argomenti che i legali del Palermo hanno usato per far valere le ragioni del club rosanero vi è stata anche l’assenza del consenso da parte del calciatore al momento in cui il suo club (l’Instituto Cordoba) cedeva al fondo di Mascardi i suoi diritti economici. Ebbene, il TAS ha mandato a dire che questo dettaglio non ha importanza; perché, come sintetizzano Smacchia e Thomas, le due parti “avevano definito la cessione dei diritti economici senza il consenso del Calciatore in un momento nel quale non era necessario che questi lo esprimesse, atteso che il trasferimento di Dybala sarebbe stato perfezionato successivamente”. Ne consegue che per il TAS un calciatore è pressoché “proprietà inanimata”, frazionabile come un asset finanziario senza che se ne chieda il consenso. E a questo punto tornano gli interrogativi di fondo. Possiamo ancora affidare al TAS decisioni che afferiscano questa specifica materia? È il TAS un organo adeguato, laddove vi sia da fare giurisprudenza in materia di diritti della persona? Opinione personale: no, nel modo più assoluto.
    In questo solco s’inserisce l’appoggio dato dall’Uefa allo Sporting nella battaglia contro Doyen. Un appoggio che farà leva sull’argomento della libera circolazione delle persone e dei beni in ambito comunitario, che evidentemente per i legali della confederazione europea risulta leso nella controversia Sporting CP-Doyen. Ed è curioso il fatto che l’Uefa adoperi l’argomento che ventuno anni fa le venne usato contro, nella controversia legale che portò alla Sentenza Bosman. Sarà interessante vedere in che modo i legali dell’Uefa articoleranno le loro tesi attorno al principio della libera circolazione. Ma dovendo azzardare un’ipotesi, di carattere sociologico prima che giuridico, si può dire con certezza che un contratto come quello con cui la vecchia dirigenza ha legato le mani dello Sporting sia lesivo della libera circolazione delle persone e dei beni. Lo è per i beni perché lo Sporting si è trovato a realizzare una cessione (e dunque a gestire parte del proprio patrimonio economico) in un momento diverso da quello auspicato e sotto la pressione di Doyen. Circostanza, quest’ultima, emersa in tutta la sua nettezza davanti al TAS. Quanto alla libera circolazione delle persone, proprio lo spunto proveniente dal caso Dybala dice come gli accordi di TPO-TPI siano in pieno contrasto col pieno godimento, da parte del calciatore in quanto lavoratore, dei suoi diritti civili. Se una persona viene trasformata in un asset frazionabile, e ciò avviene addirittura senza che quella stessa persona esprima il proprio consenso, può ancora essere considerata un “libero lavoratore”, pienamente dotata di tutte le proprie facoltà fra cui quella alla libera circolazione? Secondo me no. E qui c’è in ballo una questione di libertà e dignità della persona che va ben oltre il mondo del calcio. Né si può controbattere con l’argomento per cui stiamo parlando di lavoratori milionari, e non certo di manovali o impiegati amministrativi: i diritti e il profilo di cittadinanza sono uguali per tutti, al pari dei princìpi su cui si fondano. Messa in questi termini, la battaglia di Sporting e Uefa contro Doyen potrebbe giovarsi di solide ragioni.
    E giunti a questo punto del ragionamento c’è da andare a concludere, cercando di capire quale sia la ragione politica che porta l’Uefa a compiere un passo così clamoroso. Presto detto: c’è una volontà di rimarcare la netta distanza rispetto alle recenti prese di posizione della Fifa in materia, dopo l’elezione di Gianni Infantino. Quest’ultimo, per lungo tempo nemico di TPO e TPI, da quando è stato eletto presidente Fifa ha cambiato atteggiamento. Del resto, nessuno viene messo su quella poltrona senza i voti di Africa, Asia e Sud America. Se ne era avuta una prima dimostrazione con la blanda sanzione applicata lo scorso marzo dalla Fifa al Siviglia (una multa da 50 mila euro) per aver violato il regolamento sulle TPO. È seguito il giudizio d’appello dato dalla federazione olandese (KNVB) sul Caso Twente, che in appello si è visto annullare la retrocessione a tavolino, a sua volta determinata anche dai rapporti con Doyen. Una decisione inaspettata, specie se si pensa che pochi giorni prima un tribunale civile (la Corte di Utrecht) aveva respinto il ricorso del club contro la federazione. Mutato clima politico nelle alte sfere del calcio? E infine, notizia data fin qui soltanto dal sito di Doyen, è giunta anche la rimozione del bando a operare sul mercato dei trasferimenti che la Fifa aveva comminato al club belga del Seraing per avere infranto le regole su TPO/TPI. Troppi indizi che vanno nella stessa direzione, e che dicono di un atteggiamento molto meno battagliero della Fifa verso i fondi. Rispetto a ciò, l’Uefa mantiene il punto: contro l’economia parallela del calcio globale la battaglia continua, senza se e senza ma. Che Infantino lo sappia.
    @pippoevai

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