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  • La miglior Italia condannata dai singoli, ma alla fine paga solo Di Biagio
La miglior Italia condannata dai singoli, ma alla fine paga solo Di Biagio

La miglior Italia condannata dai singoli, ma alla fine paga solo Di Biagio

  • Giancarlo Padovan

Forse la migliore Italia di questo Europeo esce in semifinale contro la Spagna (3-1) per due ragioni: perché Gagliardini, ancora immaturo per i livelli internazionali, si fa cacciare al 58’ causa doppia ammonizione (ma aveva commesso falli in quantità fin dall’inizio); perché, ridotti in dieci, gli azzurri  sentono decuplicare la fatica contro un avversario che aveva riposato quasi sette giorni (nell’ultima partita del girone la Spagna aveva schierato le riserve). Se a questo aggiungiamo che Donnarumma, in queste quattro partite, è sembrato un portiere meno che normale (tutto suo il secondo gol con tiro dai 25 metri), allora il quadro della sconfitta diventa nitido. Per fare un miracolo serviva un’impresa collettiva. Ma se due dei singoli sono così carenti - uno dal punto di vista disciplinare, l’altro da quello tecnico - allora lo sforzo diventa vano.

Tre gol di Saul, tutti nella ripresa, e ci si potrebbe fermare qua. Ma allora nessuno capirebbe perché l’Italia, nonostante la sconfitta, è stata bella e competitiva. Invece c’è stato un intero primo tempo in cui gli azzurri hanno portato un pressing molto alto sui difensori spagnoli, spesso conquistando palla e costringendo l’avversario a rintanarsi in area. Più situazioni che occasioni-gol anche se Pellegrini, al 22’, ha tirato addosso al portiere dopo essersi smarcato in area. Italia senza Conti (ottimamente sostituito da Calabria) e senza Berardi, ma ancora con Petagna e il 4-3-3. Caldara recuperato, Rugani al suo fianco (e tra i due sempre meglio quello che ancora non è diventato juventino), a sinistra Barreca, vigile e propositivo.

 Zero le occasioni per la Spagna con Celades - l’allenatore ragazzino - costretto a spostar di fascia Deulofeu (da sinistra a destra) e Asensio (viceversa) senza trovare gli spazi che cercava. In effetti un gol, sfruttando la fascia sinistra (coperta a destra da Calabria), è arrivato nella ripresa, ma si trattava del terzo (Asensio per Saul al 73’), quando tutto si era compiuto. Questo per dire che, nonostante i tre gol, l’Italia ha difeso bene, lasciando agli spagnoli solo tiri da lontano. Sul primo (52’), un inserimento di Saul su assist di Ceballos, è stato Chiesa (peraltro fiaccato da problemi muscolari) a mancare la chiusura. Sul secondo (64’), sempre un tiro da fuori di Saul, a parte l’evidente ritardo di Donnarumma, non ha chiuso Locatelli, subentrato proprio a Chiesa.

 In mezzo, però, c’era stata l’illusione, cioè il gol del pareggio, segnato da Bernardeschi (61’). Il fiorentino, ricevuta una punizione corta, ha fatto tutto da sé, inventando un dribbling al limite dell’area per poi scagliare un tiro potente deviato da una punta (spagnola) malandrina. L’1-1 era risultato corretto e avrebbe srotolato di fronte agli interpreti una partita diversa se non ci fosse stato  l’handicap dell’inferiorità numerica. E si torna sempre a Gagliardini e alla sua leggerezza. Al secondo gol di Saul lo scoramento ha annichilito l’entusiasmo e l’Italia, nonostante l’orgoglio, ha finito per subire ancora.

Si chiude così, mestamente, l’avventura di Gigi Di Biagio alla guida dell’Under 21. Per il lavoro fatto avrebbe meritato di più, ma lui non è ancora un allenatore fortunato. Cercherà di diventarlo in qualche club perché il suo posto - è ormai sicuro - lo prenderà Paolo Vanoli, uno degli assistenti di Ventura, che da Mister libidine (diceva che allenava solo per questo) sta diventando Mister presunzione (per non dire qualche altra cosa). Di Biagio aveva una sola possibilità di essere confermato: vincere l’Europeo. Si ferma alla semifinale non per colpe proprie. Ma paga, come sempre nel calcio.

@gia_pad


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