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  • Mao nella storia: lo Zoff del beach soccer fa sognare i giovani brasiliani
Mao nella storia: lo Zoff del beach soccer fa sognare i giovani brasiliani

Mao nella storia: lo Zoff del beach soccer fa sognare i giovani brasiliani

  • Stefano Benzi
Non sembra un giocatore di calcio professionista; e nemmeno uno che ha vinto cinque titoli mondiali, quattro dei quali consecutivi, arrivando sei volte in finale e otto in semifinale. E’ un uomo semplice, umile, una persona che di fronte a un complimento ha ancora il coraggio di abbassare gli occhi. Si chiama Jenilson Brito Rodrigues ma per tutto il mondo è semplicemente Mão, la mano. E’ il portiere della nazionale brasiliana di beach soccer che alle Bahamas ha eliminato l’Italia in semifinale e strapazzato Tahiti (6-0) in finalissima

Il Brasile non si è accontentato di vincere, ha semplicemente frantumato qualsiasi record: 35 vittorie consecutive, un gioco spettacolare e imprevedibile che ha tuttavia proprio in Mão la sua massima espressione. Nessuna squadra aveva mai alzato il trofeo senza subire gol in finale: Mão porta a casa anche questa gioia… “La più grande soddisfazione è vedere che il mio sport è diventato un movimento nazionale di grande forza, in continua espansione, non solo a Sao Paulo e Rio ma in tutte le spiagge della costa e anche nell’entroterra” – dice Mão. “Quando avevo iniziato a giocare i mezzi erano relativamente pochi, l’interesse delle televisioni era molto scarso: abbiamo faticato per farci notare e ora alcuni di noi sono tra gli sportivi più amati del paese. Divulgare la passione per il beach soccer attraverso i nostri risultati è stato un grande onore”.

Indubbiamente i successi hanno contribuito: “Senza vittorie è difficile riuscire a portare la gente della tua parte, in questo senso i quattro titoli consecutivi vinti tra il 2006 e il 2009 sono stati un grande aiuto. Ora che il Mondiale si tiene ogni due anni e che il livello si è alzato moltissimo, basti pensare non solo a Portogallo, Spagna e Italia ma anche a Tahiti, Giappone, Russia e Iran che hanno fatto un lavoro grandioso negli ultimi anni, non è facile mantenersi al vertice. Non credo che l’impresa di vincere quattro titoli di fila sia più possibile: per nessuno. Anche due soli titoli back to back sarebbero un miracolo”. 

Mão ha 38 anni, non abbastanza per andare in pensione… “Ricomincerò la mia stagione in Europa, ho appena firmato un contratto con lo Sporting Club Braga che dopo tre titoli di fila lo scorso anno è arrivato secondo nel Campeonato Nacional del Portogallo e vuole riprendersi la coppa. Cercherò di dare la mia esperienza e il mio entusiasmo e sono in buona compagnia con Bokinha, Catarino e Bruno Xavier: sarà la mia prima esperienza europea. Poi finito questo campionato farò i conti con il mio fisico e vedrò che segnali mi dà. Al momento sto molto, molto bene e penso di poter andare ancora avanti per un paio di anni, magari fino al prossimo Mondiale”.  

Il Brasile sogna di voler riportare il Mondiale a casa, a Copacabana, dove questo sport è nato e dove si tennero le prime tre edizioni del campionato, dal 2005 al 2007. Mão ci conta ma non ci scommette: “Mancano due anni e come al solito alcuni paesi hanno preso informazioni ma senza prendere alcun impegno, sicuramente ci saranno molte federazioni pronte a chiedere l’organizzazione del Mondiale. Sarebbe un sogno riaverlo in Brasile ma credo anche che sia difficile: è giusto che gli eventi amplino quanto più possibile i confini di questo sport”. 

Mão nel frattempo pensa al futuro: ha già creato le basi per una sua scuola calcio di beach soccer là dov’è nato, a Vitoria, meravigliosa città-isola capitale dello stato di Espirito Santo che non ha nulla da invidiare a Rio in quanto a bellezza e che come tutta la costa del Sud Est, Porto Alegre, Curitiba e Florianopolis, investe moltissimo in sport e cultura. “Dopo 46 partite tra i pali della nazionale qualcosa devo lasciare: abbiamo già creato uno splendido centro di allenamento alla Praia de Camburi di Vitória, ma vogliamo fare di più. Espirito Santo ha una storia molto bella ma poco conosciuta e a livello sportivo è in notevole ritardo rispetto ad altri stati. Dobbiamo cominciare dai ragazzi, perciò abbiamo istituito una serie di borse di studio per consentire ai giovanissimi che si avvicinano a questo sport di raggiungere un’istruzione competitiva senza rinunciare al calcio. Abbiamo la collaborazione di prestigiosi insegnanti come l’Instituições de Ensino Superior e il Centro de Estudos Avançados. Il prohetto Geração è nato in modo semplice e immediato in pochi mesi. I ragazzi si candidano via mail, vengono messi alla prova sul campo e sui banchi. La speranza è quella che ognuno di loro un domani diventi un giocatore e un nuovo testimonial per altri giovani”. 

L’entusiasmo di Mão per questo progetto è coinvolgente: e ad ascoltarlo vengono in mente anche le parole di Gabriele Gori, bomber della squadra italiana quarta classificata alle Bahamas con 17 reti: “Per anni per riuscire a giocare a beach soccer ho dovuto fare tre lavori e a tutt’oggi l’occupazione più sicura che ho è quella di geometra…” 

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