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Parmamania: salvate Ristovski

Parmamania: salvate Ristovski

Non è riuscito a prendere sonno, Stefan. No. Dopo il pasticciaccio del Tardini, Ristovski si girava e rigirava nel letto, senza riuscire a capire il perché. L’indomani mattina si sarebbe svegliato presto, per andare all’allenamento e li dicono che con una rabbia esplosiva, si sia precipitato per primo, addirittura in anticipo per cancellare tutto quello che di male, e parecchio, era riuscito a fare nella serataccia da incubo, sua e di tutta la retroguardia crociata.

Ristovski è così, malgrado abbia appena 21 anni. E’ determinato, ostinato e continua a chiedersi come mai abbia commesso quelle superficialità, quelle incertezze e quelle sciocchezze che hanno spianato la strada verso il successo al Milan. Ristovski la vorrebbe rigiocare, se fosse per lui… sa che quelle nefandezze non sono da tipo preciso e puntuale, qual è.

Ristovski è stato male, sognava il suo debutto in maniera diversa, magari con una sconfitta che con il Milan ci può stare, ma non in questo modo, non con questi errori e rimproveri. Donadoni, che lo apprezza, così come la società e i compagni, ci ha parlato, gli avrà fatto vedere e rivedere che certe cose in A non te le puoi permettere, soprattutto se di fronte hai campioni di un certo calibro. E non va bene rovinare un debutto per colpa di una distrazione o di un’emozione. Gli saranno tremate le gambe? Forse, ma è sicuro lui che queste cose non accadranno più.

Quando è andato via dallo stadio, era scuro in volto e con i cuffioni a proteggerlo da qualche commento cattivo, mani in tasca  e testa bassa. E’ un ragazzo, che si è preso la pacca sulle spalle da tutti i compagni, anche Cassano lo ha rincuorato, anche lui ha sbagliato. Lui aspetta la sua prossima chanche, dopo aver parlato con il mister sa che può averla assolutamente, e l’avrà. Salvate Ristovski, il soldato di Skopje che si è temprato per bene in patria, prima di arrivare in Primavera e di decollare a Latina. Già contro il Chievo, dato che Cassani non è al meglio, potremmo rivederlo in campo e questa volta, all’inizio, per caricarsi, magari dai cuffioni uscirà la melodia sfiancante di “Fear of the dark” degli Iron Maiden.

Paura del buio… lui non può averne perché non è un uomo solo come quello raccontato nella canzone, ha la squadra con sé, la società e l’allenatore. Poi ce lo immaginiamo, dopo la partita, con un sorriso, mani in tasca e cuffie giganti, che suonano “la leva calcistica del ‘68”, quella di De Gregori, dove si racconta che non è dai particolari che si giudica un giocatore. E con la testa alta, sta volta, per la rivincita!

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