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  • Rai, adesso ritira la 'maglia' di Frizzi

    Rai, adesso ritira la 'maglia' di Frizzi

    • Marco Bernardini
    Quello di ieri è stato sul piano emotivo un giorno davvero molto speciale se non addirittura unico. Mai prima, infatti, si era visto un intero Paese lasciarsi trascinare dalla commozione o perlomeno dalla malinconia sincera per la scomparsa di un personaggio baciato, in vita, dalla stella della celebrità. Per la morte improvvisa di Fabrizio Frizzi è accaduto ciò che neppure per figura popolari come Alberto Sordi o Mike Bongiorno si era verificato. Tutti e veramente tutti senza distinzione di sesso o di età, salvo quei quattro psicopatici che hanno postato su internet riflessioni vergognose, hanno in qualche modo partecipato al dolore della famiglia e degli amici del “fratello” che se ne era andato.

    La ragione principale per spiegare questo dolente “movimento” di lutto globale si trova nel fatto che Frizzi, con il suo modo di essere assolutamente “normale“ in una società dove la normalità non è più una regola ma un’eccezione, di fatto proponeva a ciascuno di noi l’immagine di quello che vorremmo fossero il nostro Paese e la nostra società ma che, purtroppo e per mille motivi, non lo sono malgrado gli sforzi di coloro i quali credono in concetti come solidarietà, amore, fratellanza e partecipazione. La speranza, ora, è che l’esempio dato da Fabrizio nel corso della sua breve vita professionale e non serva un poco per un cambio di rotta e non venga mortificato subito dopo i funerali che avverranno domani a Roma.

    Un momento di riflessione globale che, per certi versi, mi ha ricordato certe pagine di storia, anche loro dolenti, legate ai nomi di quei pochi protagonisti dello sport  la cui scomparsa paralizzò le menti e i gesti dell’intera nazione. Dai caduti granata di Superga alla morte di Fausto Coppi, dalla scomparsa di Gigi Meroni a quella di Gaetano Scirea per finire con quella, recente, di Davide Astori. Loro che, al pari di Frizzi seppure con i dovuti distinguo, rappresentavano un modello di positiva diversità rispetto a realtà molto differenti perché nevrotiche e malate. Loro che seppero, in ogni caso, lanciare messaggi sani e utili per le generazioni a venire conquistandosi l’eternità della memoria e delle affettuose lontananze certamente non solo per meriti sportivi e agonistici.

    Ora, pare che fin da ieri nei corridoi del settimo piano dove operano i massimi dirigenti della televisione di Stato qualcuno sia stato sorpreso mentre si chiedeva a chi poter affidare “L’eredità”, intesa come trasmissione, per la quale Frizzi era il delicato  padrone di casa. Una domanda ispirata dal pragmatismo aziendale secondo cui “lo spettacolo deve continuare”, ma comunque imbarazzante oltreché assai prematura. Conoscendo la presidentessa della Rai Monica Maggioni e il direttore Orfeo, persone sensibili oltreché manager competenti, non mi sorprenderei più di tanto se grazie al loro intervento la televisione pubblica decidesse di “ritirare la maglia” di Fabrizio Frizzi proprio come è stato fatto per i pochi personaggi speciali dello sport. Sarebbe infatti molto difficile per chiunque, anche per il più serio e preparato dei professionisti, raccogliere e gestire una simile “eredità”.

    P.S. Intanto oggi una delegazione del Bologna si è recata alla camera ardente, allestita presso gli studi Rai di viale Mazzini a Roma. Alla famiglia è stata donata una maglia rossoblù col nome del popolare conduttore, che non aveva mai nascosto il suo amore, ereditato dal padre Fulvio, per il Bologna. Domani alle 12 i funerali nella chiesa degli Artisti in piazza del Popolo.

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