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  • Sampmania: il peso della responsabilità

    Sampmania: il peso della responsabilità

    • Lorenzo Montaldo
    Giudicare adesso un campionato vissuto in altalena, su e giù tra esaltazioni fin troppo facili e altrettanti momenti di pessimismo cosmico non sarebbe giusto. Si rischia di lasciarsi trascinare dall'onda lunga di emozioni che un Sampdoria-Napoli di questo tipo si porta dietro, magari inquinando il parere su un 2017-2018 difficile da sintetizzare. E' però anche molto difficile parlare di calcio, perchè la partita di fatto non c'è stata. La gara è durata solo mezz'ora, poi la Samp è sparita dal campo frastornata dall'uno-due griffato Mertens e Insigne. La resistenza blucerchiata non si è vista, così come non si è vista la reazione di orgoglio necessaria per dare senso ad un finale di stagione vissuto in un lungo, languido torpore. I blucerchiati si sono squagliati al primo caldo, o meglio, al primo errore di Regini, e non hanno mai neppure accennato ad una possibile rimonta.

    Il Napoli gioca un gran calcio: essenziale, lineare, intelligente nella sua consequenzialità. Un calcio fatto di triangoli continui, di sovrapposizioni costanti sulle fasce dei due terzini e delle scorrerie centrali dei suoi folletti o di quello splendido centrocampista che è Marek Hamsik. Quando ti trovi ad affrontare giocatori del genere, specie in giornate di questo tipo, devi principalmente preoccuparti di come gli avversari potrebbero sfondare le tue difese. Figurarsi se a spianargli la strada ci si mettono pure regali individuali davvero marchiani. I calciatori del Napoli hanno brutalizzato una difesa insicura e non all'altezza sugli esterni, hanno sovrastato il centrocampo doriano e hanno cancellato Fabio Quagliarella e l'abulico Schick. L'analisi della partita finisce qua, perchè bisognerebbe cimentarsi nella celebrazione di una squadra che gioca un calcio meraviglioso. E non è questo lo spazio adatto.

    Il contorno ambientale inizialmente sapeva di festa, di ultimo giorno di scuola, ma ben presto si è tramutato in un Far West. Si è trattato di un concorso di colpa, che ha visto protagonisti alcuni atteggiamenti da parte del pubblico (di entrambe le appartenenze, sia chiaro) e alcuni giocatori del Napoli. Ad esempio Insigne, che prima regala agli amanti del calcio un gol meraviglioso – forse uno dei più belli visti in stagione al Ferraris – e poi esulta portandosi la mano all'orecchio davanti alla Gradinata Sud. L'attaccante napoletano non è stato espulso (strano, credevo che la regola fosse quella applicata con Muriel non più tardi di sette giorni fa), ma il suo gesto ha esasperato un clima già abbastanza teso. Non mi interessa stabilire chi abbia torto e chi abbia ragione, tra cori beceri che sicuramente hanno ferito nel profondo un professionista pur abituato a insulti e urla di ogni tipo da parte degli avversari, e atteggiamenti guasconi da parte del numero 24 azzurro. Mi limito ad analizzare i fatti. Dopo il gesto di Insigne, che ha esasperato non poco gli animi già tesi, in tribuna la convivenza tra i tifosi delle due fazioni è diventata impossibile. E' stata l'unica occasione in tutto l'anno in cui è successo. Neppure al derby si sono viste risse o botte. Ieri invece sono scoppiate almeno un paio di zuffe dovute ad alcune esultanze smodate e ad alcune provocazioni infantili,concluse con l'allontanamento delle teste calde di turno. Due genitori sono sfilati di fianco alla tribuna stampa conducendo tre bambine imbardate con i colori blucerchiati (non potevano avere più di 8-9 anni) in lacrime fuori dall'impianto. Loro questa giornata non la scorderanno molto facilmente: vogliamo scommettere che allo stadio non ci torneranno mai più? Non è ovviamente colpa solo di Insigne, ci mancherebbe. E' un discorso di più ampio respiro, dalla matrice sociale e culturale. Ma chi ogni domenica si ritrova 25.000 paia d'occhi puntati addosso - così come chi provoca o sfida apertamente gli altri, che indossi colori blucerchiati o azzurri, che sia in campo o seduto in tribuna - dovrebbe ricordare che ogni gesto porta con sé delle conseguenze. E per qualcuno possono diventare gigantesche. Specie se hai 9 anni, e sei allo stadio con tuo papà.

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    @MontaldoLorenzo

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