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  • Stanco, distratto e poco determinato: Conte ha già lasciato il Chelsea

    Stanco, distratto e poco determinato: Conte ha già lasciato il Chelsea

    • Matteo Quaglini
    Vince il Tottenham il derby di Londra ventott'anni dopo il trionfo di Lineker e "Gazza" Gascoigne e probabilmente mette fine alle ambizioni Champions degli ormai ex-campioni d'Inghilterra di Antonio Conte. Per i fedelissimi di Abramovich resta la coppa d'Inghilterra, con tutto il suo fascino e prestigio, come ultimo grande traguardo per rimanere nel teatro europeo. Una partita quella dello Stamford Bridge controversa per la squadra dell'allenatore italiano: un inizio lasciato, volutamente, agli avversari, una parte centrale produttiva nella pericolosità e nelle occasioni da gol, poi un secondo tempo in balia tattica di Alli e dei palleggiatori di Pochettino. Un sconfitta che ha trovato il suo sviluppo nella famosa massima di Al Pacino, alias Tony D'Amato, nel film ogni Maledetta Domenica: "O noi, oggi, risorgiamo come collettivo o saremo annientati individualmente". 

    Esattamente quello che è successo al Chelsea targato Conte, alla settima partita senza vincere, che dopo una buona impostazione tattica di stampo difensivo nel primo tempo, ha ceduto minuto dopo minuto nel secondo e ben prima del magnifico gol di Alli del 2-1 Spurs. Nei piccoli dettagli il Chelsea ha annunciato dopo l'ora di gioco la sua resa: rinvi approssimativi, appoggi insufficienti, maglie larghe e scarsa lettura nelle chiusure sulla palla lunga. Il gol dei palleggiatori di Pochettino, già nell'aria, è arrivato inesorabile a firmare un concetto preciso e tagliente, la squadra che pur segue l'allenatore italiano nel momento cruciale della partita molla e non sa reagire. Strano per Conte, molto strano. Ma indicativo del suo momento. Troppo riflessivo in panchina, poco arrembante anche sull'1-0 a favore, tardivo eccessivamente nei cambi. Qualcosa non và e si è rotta l'empatia. I giocatori lo seguono perchè l'inizio gara è stato approcciato come lui voleva, difesa bassa e stretta, contropiede veloce e pericolosità nell'area avversaria portando molti uomini che arrivavano da lontano. Un modo diretto per affrontare i rivali che sul piano difensivo non sono certo tra le prime squadre della Premier e nemmeno del continente europeo.

    Poi, però, manca la forza di fare questo gioco per novanta minuti com'era nella Juventus, in Nazionale e nel suo primo Chelsea quello che sorprese la Manchester opulenta di "dobloni" arabi e americani. Ed è qui che possiamo capire, realmente, il momento che sta attraversando Conte: c'è in lui un atteggiamento pensieroso, meno convinto sul piano della forza psicologica e, dal punto di vista tecnico, c'è lentezza nelle scelte e nelle variazioni sulla squadra. I giocatori lo sentono e avvertendolo perdono centimetri, per tornare a Tony D'Amato, e con essi vengono annullati individualmente: proprio quello che mai è successo alle squadre contiane. Ci sono aspetti tecnici che possono permettere un'analisi piena del momento di Conte teso tra il probabile addio da Londra, le faraoniche offerte degli sceicchi parigini, i rumors sulla nazionale italiana e le variabili impazzite del mercato delle panchine: cinque aspetti che racchiudono il suo momento attuale, pur sempre legato alla sua feroce applicazione, l'allenatore non è nel presente e per questo non controlla al meglio la situazione.

    Primo, la formazione iniziale: Conte sceglie il 3-4-2-1 Azpilicueta, Christensen, Rudiger centrali; Moses e Alonso pendoli a tutta fascia; Fabregas e Kanté a dividersi la metà campo nelle posizioni e nei compiti di costruzione e interdizione; Hazard e Willian trequartisti, Morata unica punta. L'idea iniziale è giusta, la squadra gioca il sistema principe della vittoria nella Premier di un'anno fa, proprio nella gara spareggio Champions: stabilità e consegne tattiche precise nel serrato 5-4-1 della fase difensiva. Risultato il Tottenham gioca la palla ma è il Chelsea ad avere le migliori occasioni in contro-gioco. Un tiro di Willian, un gol annullato ad Alonso, un 4vs4 in contropiede, e il gol di Morata. Tutto procede perchè le istruzioni vengono seguite ed eseguite.

    Secondo, le istruzioni da bordo campo: se le posizioni in campo sono giuste, allora la seconda mossa per battere gli avversari sono i movimenti con e senza palla. Una sola istruzione di rilievo ha dato Conte durante tutta la partita. E' accaduto quando ha detto a Rudiger di avanzare palla al piede, guadagnare campo e cambiare gioco sui lati, da qui è nato il cross per il gol di Morata 1-0 meritato. Ma da qui anche il Chelsea si è fermato, con Conte che non ha ravvisato tre cose e non vi ha posto, quindi, rimedio: l'abulia di Willian completamente fuori gara, i leziosismi sugli esterni in fase difensiva proprio dove l'allenatore aveva cercato di fermare l'attacco a sei degli Spurs, il non contrastare i tiri da fuori sempre più insistenti degli avversari. Nessuna istruzione, nessuna contromossa preventiva, risultato conseguente il gol magnifico di Eriksen e partita capovolta.

    Terzo, Cambi, atteggiamento e analisi dell'avversario: L'atteggiamento dalla difesa attiva del primo tempo è diventato passivo nel secondo. Conte non ha incitato, non ha corretto, non ha letto, come suo solito, la gara anticipatamente. E ha inciso poco sul comportamento dei suoi. L'analisi dell'avversario durante la gara è stata scialba, nessuna prevenzione del pericolo, sottovalutazione del possesso palla solo apparentemente sterile, la mancanza di indicare "tatticamente" la marcatura di Alli. Più distrazione e pensieri che concentrazione e determinazione da parte di Conte. Infine i cambi, l'elemento che ha destato più perplessità. Tardivi e contraddittori. Cambiare a dieci dalla fine sull'1-3 ha poco senso, fare il controcambio e togliere la soluzione a due attaccanti Morata e Giroud per abbondare sugli esterni è il contraddittorio di se stessi, non togliere Willian significa non aver letto bene la sua prestazione individuale.

    In questo Chelsea- Tottenham, incredibilmente, c'è stato troppo poco Conte. Poco feroce, poco attento, poco determinato. Distratto e battuto. Ma non si arrenderà e lotterà fino alla fine, per questo rimane un grosso allenatore anche dopo una perfomance super negativa. Può sembrare un controsenso, un pardosso, ma vi assicuriamo non lo è.

    @MQuaglini

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