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  • Tra fatalità e mancati controlli: ogni anno in Brasile muoiono 50 ragazzi

    Tra fatalità e mancati controlli: ogni anno in Brasile muoiono 50 ragazzi

    • Stefano Benzi
    Nel giro di due settimane tre tragedie sui campi giovanili del Brasile: due malori mortali e un incidente tanto singolare quanto tragico, un ragazzo di appena quindici anni è stato colpito da un fulmine mentre giocava una partita amichevole con la sua squadra a Florianopolis. Tre storie diverse: Paulo Baptista, a Iranduba vicino a Manaus, si è accasciato dopo un contrasto di gioco, a stroncarlo pare sia stato un infarto… aveva quattordici anni. A São Paulo Marcelo Bastos Gama, sedici anni, è precipitato al suolo da una decina di metri mentre tentava di recuperare un pallone finito su un terrazzo ed è morto sul colpo. 

    Vinicius Adriano era una vera promessa: faceva parte del team Under 16 del Beira Mar ed era stato convocato più volte nella rappresentativa dello stato di Santa Caterina, un ottimo centrocampista con personalità, buona visione di gioco e un gran tiro. Un ragazzo molto generoso: “Perdiamo un modello, un esempio per tutti i ragazzi della sua squadra e della sua scuola – dice in lacrime Matheus Costa Cabral, l’allenatore che per primo ha tentato in tutte le maniere di rianimare il ragazzo – è stata una fatalità che nessuno poteva immaginare ma fa male vedere spezzata una vita così giovane e bella. Era una partita di allenamento, era leggermente nuvoloso ma non c’era minaccia di pioggia, niente di niente. All’improvviso dal nulla è caduto un fulmine, si è sentito un boato assordante e quando abbiamo rialzato gli occhi Vinicius era a terra e non si muoveva. Pensavamo fosse svenuto e abbiamo provato a farlo riprendere, il polso era debolissimo e la respirazione appena percettibile: abbiamo cercato di farlo riprendere poi quando ha smesso di respirare abbiamo tentato con il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca”. L’ambulanza è arrivata dopo pochi minuti quando qualcuno aveva già tentato di rianimare il ragazzo anche con il defibrillatore ma non c’è stato nulla da fare. Un altro ragazzo che si trovava a pochi metri da Vinicius è stato colto da convulsioni ed è finito in ospedale in stato di shock. Almeno una decina i ragazzi costretti alle cure del pronto soccorso di São José per le conseguenze del fulmine. Non è la prima volta che capita in Brasile, un paese che ha cercato in tutti i modi di attrezzare i propri centri sportivi dei settori giovanili con defibrillatori, siringhe monouso cariche di adrenalina e kit salvavita. Tutte le squadre che si iscrivono al campionato, di qualsiasi livello o categoria devono avere almeno due persone formate per il pronto soccorso. È stata una campagna serrata che ha coinvolto tutto il paese e sicuramente ha fuzionato. 

    Ma non basta ancora: ogni anno in Brasile almeno una cinquantina di ragazzi al di sotto dei diciotto anni muore facendo sport, quasi sempre calcio. Spesso si tratta di problemi cardiaci non intercettati in tempo, altre volte di aneurisma o sbalzi di pressione improvvisi e letali

    L’Italia sotto questo aspetto, per una volta, è davanti a molti altri paesi: la medicina sportiva rende obbligatorie le visite sotto sforzo per tutti i tesserati che fanno attività agonistica, anche se dilettanti. In teoria il database dei nostri ragazzi, la loro carta d’identità elettronica che riguarda stato di salute e prevenzione, è ormai più garantita dallo sport che non dalla scuola, come avveniva negli anni ’60 e ’70 quando le prime visite e i vaccini venivano fatti proprio alle scuole elementari. 

    Tuttavia molti impianti sportivi non sono ancora completamente a norma: molti magari hanno il defibrillatore ma nessuno lo sa usare. Questo per la verità accade anche in molte aziende grandi, o grandissime: e parlo per esperienza personale. I corsi non sempre servono a salvare delle vite e nemmeno le indicazioni su dove sia l’uscita di sicurezza o il defibrillatore più vicino. 

    Il dato del Brasile sconvolge perché è un paese che da sempre promuove l’immagine della salute, del benessere, dello sport e dello stare insieme come un valore della propria nazione e della propria gente e fa male pensare che così tanti ragazzi, oggi, muoiano su un campo di calcio, mentre fanno la cosa che amano di più. 

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