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  • 'Uno del '64', quello scudetto soffiato all'Inter: addio Perani, eroe di Bologna

    'Uno del '64', quello scudetto soffiato all'Inter: addio Perani, eroe di Bologna

    • Furio Zara
    Aveva speso la sua vita da calciatore sulla fascia, correndo, dribblando, offrendo cross per i compagni e segnando, perché anche quello sapeva fare: è stato un ottimo giocatore, un’ala destra tra le più complete della sua generazione. Marino Perani se n’è andato stamattina, in una clinica di Bologna, dove era ricoverato da tempo. Aveva 77 anni. Faceva parte di quella formazione che i bolognesi continuano a recitare come un mantra: Negri, Furlanis, Pavinato. E via così. Sono passati più di cinquant’anni, ma per i bolognesi il ricordo è ancora indelebile. Al numero 7 c’era lui, bergamasco di Ponte Nossa, un biennio all’Atalanta, poi solo Bologna - dal 1958 al 1974 - con un intermezzo a Padova. Il finale in Canada, a Toronto, pure lui lo considerava una gira fuori porta, quando ormai la carriera era al tramonto e l’America era un buon modo per fare cassa.

    Perani a Bologna era rimasto a vivere, eroe in un’Itaca scelta quasi per inerzia perché - come disse un paio d’anni prima dello scudetto l’allenatore Fulvio Bernardini riferendosi alla sua squadra - “Così si gioca solo in Paradiso” e Bologna quello era, un paradiso. Perani aveva cominciato la sua carriera di allenatore proprio sulla panchina rossoblù, nel 1979-80, annata sciagurata, quella del calcioscommesse che vide coinvolto anche il Bologna. Per un decennio aveva portato la sua esperienza in panchina, finendo però confinato in provincia, soprattutto C1 e C2. Per tutti Perani era “uno del ’64”, di quell’ultimo Bologna che il 7 giugno - nello spareggio dell’Olimpico contro l’Inter - vinse il suo settimo e finora ultimo scudetto. Fu una stagione bellissima e drammatica, con l’accusa di doping e la morte del presidente del Bologna, Renato Dall’Ara, a soli tre giorni dalla finale, colpito da un infarto nella sede della Lega Calcio a Milano, durante un incontro con il presidente dell’Inter Angelo Moratti.

    Con il Bologna Perani aveva vinto, oltre allo scudetto, anche 2 Coppe Italia, una Coppa di Lega Italo-Inglese, una Mitropa Cup: 415 le presenze (5° di tutti i tempi nella storia del club) e 80 le reti in rossoblù. Quattro le partite in maglia azzurra, comprese le tre ai Mondiali del 1966: era in campo, quel giorno, contro la Corea del Nord di Pak Doo Ik, il dentista tarocco che si è guadagnato l’eternità per quel gol segnato agli Azzurri. Ma Perani, come detto, era “uno del ’64”, quel Bologna che poggiava sulla classe di Bulgarelli, Haller, Nielsen, Pascutti, Janich. Molti se ne sono andati, qualcuno è rimasto, sopravvivono tutti nella memoria di quel calcio che fu, in bianco e nero, un calcio dove i campioni il lunedì scendevano al bar sotto casa e spendevano tempo e chiacchiere con i tifosi. Ancora oggi - in quegli stessi bar - resistono aggrappati al muro vecchi poster ingialliti, dove gli eroi del ’64 sorridono al futuro, in posa, nella classica foto prima della partita.

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