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  • Viaggio in Provincia: Bucchi sulle orme di Castagner, per far sognare Perugia

    Viaggio in Provincia: Bucchi sulle orme di Castagner, per far sognare Perugia

    • Luca Bedogni
    Il 16 agosto 1979, in una partita di Coppa Italia tra Perugia e Roma, i grifoni scesero in campo con una maglia illegale e innovativa al tempo stesso. Tutti, tranne Paolo Rossi, il nuovo acquisto (in prestito, in realtà). La novità, l’infrazione del regolamento consisteva nella presenza di un logo pubblicitario applicato sul petto. Il primo sponsor, insomma. Non si trattava tanto di esplicitare il fornitore tecnico, pratica che ormai era stata accolta e regolamentata, purché il marchio non superasse certe dimensioni per comprensibilissime ragioni di stile. Era il pastificio Ponte a venire accostato al Grifone, dunque un’azienda del settore alimentare che col calcio, in teoria, non doveva averci nulla a che fare. Il presidente del Perugia d’allora, Franco D’Attoma, per finanziare l’oneroso arrivo in Umbria dell’attaccante, aveva infatti escogitato la prima sponsorizzazione di maglia della storia del calcio italiano. Di maglia, ho detto, perché per quanto riguardava i pantaloncini ci aveva già pensato Teofilo Sanson, “il re dei gelati”, il quale soltanto un anno prima aveva avuto l’intuizione di aggirare il regolamento federale, che parlava appunto solo di ‘maglie’, apponendo la scritta Sanson ai pantaloncini bianchi della sua Udinese. Un grande. Come il buon vecchio Teofilo, anche D’Attoma venne però sanzionato, malgrado avesse insistito anche lui  su uno scaltro cavillo, fondando in quarantott’ore un maglificio col nome del pastificio, la Ponte Sportswear. Voleva far passare lo ‘sponsor ufficiale’ da ‘sponsor tecnico’, per chi non avesse capito. La cosa buffa in tutta questa vicenda è che proprio Paolo Rossi non poté mostrare quel logo. No, non perché era contrario e si opponeva strenuamente alla faccenda, come un eroe della nostalgia e dello stile, no; semplicemente perché aveva già un accordo personale con un’altra azienda alimentare, la Polenghi Lombardo. Un grande anche lui, non c’è dubbio. 

    Ma in quel periodo lì, parlo cioè della seconda metà degli anni Settanta, il Perugia va ricordato anche e soprattutto per altro. Il Grifone del giovanissimo Ilario Castagner, prima dell’arrivo di Pablito, conquistò in un lampo la massima serie, poi raggiunse addirittura il secondo posto, sfiorando lo scudetto. La stagione ’78/’79 andò al Milan, forse soltanto perché il Perugia fu costretto a giocare un girone di ritorno intero, o quasi, senza Franco Vannini, il ‘Condor’, il numero 10 dei biancorossi, fantastico colpitore di testa. Dopo la tragedia assoluta, la morte improvvisa di Renato Curi, in campo, nel corso della stagione precedente (da qui l’intitolazione dello stadio), il Perugia perse l’altra mezzala protagonista della promozione in A nella partita di ritorno contro l’Inter. Così, diversamente da Curi, anche Vannini non tornò più a giocare. Erano altri tempi. Di recente, in una serata commemorativa trascorsa all’interno del nuovo, splendido Museo voluto dall’attuale presidente Santopadre, il capitano, il libero di quel grande Perugia, Pierluigi Frosio, ha parlato dell’insostituibilità di Vannini (presente anche lui, in prima fila), poi ha paragonato Curi a Verratti, giusto per intenderci, ma con grande rammarico: chissà, forse con Curi il Perugia avrebbe vinto lo scudetto, e ragionamenti sinili. La serata si intitolava ‘Gli imbattibili’. Non era un’esagerazione, una distorsione enfatica: il Perugia, nel campionato ’78/’79, è stata la prima squadra italiana a raggiungere l’imbattibilità, zero sconfitte. Più tardi, l’impresa riuscirà soltanto al Milan nel 1992 e alla Juventus nel 2012. Vestivano la maglia (ancora non sponsorizzata) di quel mitico Perugia anche Bagni, Speggiorin e Casarsa. Quest’ultimo fungeva da centravanti arretrato, alla Hidegkuti, e aveva la particolarità di calciare i rigori da fermo, ben prima di Signori. Con uno di questi colpi, pareggiò lo scontro diretto contro il Milan, che tuttavia non consentì ai grifoni di aggangiare la capolista. Resta documentata tuttavia la sua freddezza, l’arte con cui, facendo un solo passo, spiazzò il portiere rossonero. Roba da Museo del Perugia.

    Oggi il Perugia ha molti sponsor, è normale. Con l’arrivo del presidente Santopadre, proprietario del marchio d’abbigliamento Frankie Garage, lo sponsor tecnico (Frankie Garage Sport) è assicurato e, per così dire, ‘fatto in casa’. La squadra è in B, attualmente al quarto posto e guidata da un tecnico emergente, Cristian Bucchi. Se non è imbattibile, può vantare comunque il minor numero di sconfitte (7) del campionato (assieme alla Spal). Pareggia molto, tuttavia, quasi quanto il Pisa penultimo (20) e come il Latina ultimo (19). Anche ieri sera, infatti, è finita a reti inviolate, la partita con lo Spezia al Renato Curi. Era una gara importantissima, come importantissime saranno le ultime due che attendono i grifoni, contro Latina e Salernitana. Giustamente nella conferenza stampa pre-partita Bucchi ha affermato che il Perugia è “l’ago della bilancia di questo campionato”. In che senso? Nel senso che tra la terza (il Frosinone) e la quarta non possono esserci più di nove punti di distacco, altrimenti i play-off non si faranno, e andranno i A direttamente le prime tre. Oggi allora riflettori puntati su Frosinone-Trapani, perché se dovessero vincere, i ciociari salirebbero a +10, iniziando a minacciare fortemente la speranza dei play-off nutrita dalle squadre sottostanti. Bucchi tuttavia è ancora fiducioso, sa di aver costruito un gruppo in grado di esprimere ottimo calcio, come dimostra lo strepitoso girone di ritorno (solo 2 sconfitte) che ha fatto e comprova ulteriormente lo stage/ riconoscimento di due giorni del Master UEFA Pro, svoltosi l’uno e il due maggio a Perugia. Gli allievi di Coverciano guidati da Ulivieri (tra cui Bernardo Corradi, Roberto De Zerbi e Giovanni Martusciello, per fare qualche nome..) hanno fatto tappa a Perugia dopo essere andati da Ventura, in casa della Juventus, dell’Inter, dell’Atalanta e del Borussia Dortmund. Per completare la formazione mancava solo il Perugia di Bucchi, insomma.  

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