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  • Il caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimento

    Il caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimento

    • Pippo Russo
    Un bilancio che presenta un modesto utile e troppe voci sospette. Un'incidenza troppo grande delle plusvalenze da compravendita di diritti pluriennali sulle prestazioni dei calciatori. E una tifoseria che non ci sta e chiede di vederci chiaro. Tutti elementi dell'ennesima storia che ha portato una nobile del calcio italiano a subire l'onta del fallimento: il Vicenza, stroncato dai debiti lo scorso gennaio e adesso sottoposto a esercizio provvisorio per arrivare fino al termine della stagione agonistica. Sembrerebbe un racconto abbastanza scontato della vicenda, se non fosse per la cronologia. Perché l'allarme dei tifosi biancorossi non risale alla scorsa estate, bensì al 2012.

    Da allora sono passati sei anni, e la situazione è peggiorata anziché essere risolta. In questo lasso di tempo numerosi club sono falliti, e diversi fra questi sono scomparsi. Su tutti, il caso più noto e clamoroso è stato quello del Parma. Una vergogna mondiale per il calcio italiano, che esibiva lo spettacolo penoso di un club del massimo campionato cui non avrebbe dovuto essere concessa l'iscrizione, e che moribondo veniva trascinato verso la fine della stagione. Nei giorni in cui la società emiliana s'avviava a morte sicura, il presidente federale Carlo Tavecchio pronunciò parole che erano un impegno solenne: "Mai più casi Parma. Abbiamo varato delle riforme epocali".

    A dire il vero, di epocale durante la gestione Tavecchio sono state soltanto le figuracce, coronate dalla mancata qualificazione a una fase finale dei Mondiali dopo sessant'anni. In compenso i club continuano a fallire in piena stagione agonistica, senza che il precedente della società crociata sia servito da memento.

    In questo senso, il Vicenza è un simbolo. La sua storia va analizzata e raccontata nel dettaglio, attraverso la lettura dei bilanci e delle stravaganti manovre di calciomercato. Su questo versante i movimenti si svolgono all'interno di un circuito dei soliti noti. Chievo e Cesena in primis. Ma anche l'Ascoli nella sua vecchia compagine societaria, così come nel caso del Siena. Ma anche società di provincia come Mezzocorona, Giacomense e Santarcangelo. Fino a giungere ai club che stanno dominando l'attuale stagione di serie A, Napoli e Juventus, e a chiudere il cerchio proprio col Parma, che certo non  poteva mancare in questo frastornante intreccio di calciatori e plusvalenze. Giusto per ricordare che il calcio italiano ha avuto un Caso Parma, indicato come il precedente da non ripetere mai più. E invece dopo sole tre stagioni calcistiche si ritrova tra le mani un Caso Vicenza.
     
    LA STORIA INCROCIATA DI IVAN REALI E ANDREA MANDORLINI - La crisi del club berico ha lunga durata. Raccontarla dalle origini richiederebbe un libro, sicché è opportuno farne partire il racconto da una fase relativamente recente: quella del decennio in corso. Che vede il club già in difficoltà economiche. Servirebbero virtuose politiche di risanamento, e invece il club allora presieduto da Sergio Cassingena si dà alle spericolate manovre nel segmento del player trading. Classe 1951, nato in Egitto da famiglia italiana costretta a tornare in Italia dopo le nazionalizzazioni volute dal presidente Nasser, Cassingena è anche Cavaliere del Lavoro. A conferirgli l'onoroficenza è il presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in data 1° giugno 2005 (LEGGI QUI). In quel momento Cassingena è presidente del Vicenza da un anno. Conduce una gestione travagliata da subito, e peggiorata di anno in anno.

    Fino a che, nell'estate del 2010, giungono le operazioni di calciomercato da cui derivano grasse plusvalenze. I partner di questo gioco sono diversi. Primo fra tutti l'Ascoli, a quel tempo sotto la gestione della famiglia Benigni e incamminato anch'esso verso il fallimento che si sarebbe verificato nel dicembre del 2013. I due club si scambiano le comproprietà di due giocatori diciannovenni (classe 1991): il Vicenza cede all'Ascoli il centrocampista Ivan Reali, l'Ascoli cede al Vicenza l'attaccante esterno Andrea Mandorlini, omonimo del più famoso allenatore e ex calciatore. La valutazione data a entrambi per la totalità dei diritti economici è di 800 mila euro, e questa è la cifra che le due società iscrivono come plusvalenze nei bilanci chiusi in data 30 giugno 2010. Inoltre, le società informano nel bilancio che al giocatore acquisito è stato fatto sottoscrivere un contratto quadriennale.
     
    Il caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimento
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    Ma qual è la sorte dei due calciatori? Mandorlini, appena acquisito dal Vicenza, viene lasciato all'Ascoli in prestito per la stagione 2010-11 e continua a giocare nella Primavera. Dal canto suo, Reali viene immediatamente smistato al Mezzocorona, club trentino che gioca in Seconda Divisione di Lega Pro. Lì colleziona 5 presenza, e a fine stagione la squadra retrocede. Con la fine della stagione 2010-11, Ascoli e Vicenza decidono di risolvere le comproprietà che hanno fruttato 800 mila euro di plusvalenze ciascuno. Reali diventa tutto dell'Ascoli, che lo tiene ancora per la prima parte della stagione 2011-12 al Mezzocorona. Mandorlini è tutto del Vicenza, che lo gira immediatamente alla Giacomense, club che milita in Seconda Divisione di Lega Pro e poi si fonderà con la Spal. Con la Giacomense, Mandorlini gioca quella che rimane la sua stagione più rilevante: 23 partite da professionista. Invece Reali deve aspettare gennaio per essere mandato in prestito al Foggia, Prima Divisione Lega Pro. Vi gioca 6 spezzoni di partita in una squadra che chiude a metà classifica e non viene iscritta al campionato successivo. L'ascesa dei due ragazzi si ferma praticamente lì. Dopo essere tornato a Vicenza dalla Giacomense, Mandorlini rescinde il contratto con la società biancorossa e passa alla Civitanovese. E da lì in poi la sua carriera si svolge nelle categorie dilettantistiche. I club per i quali va a giocare rispondono ai nomi di Corridonia, Tolentino, Montegranaro, Trodica, Folgore Veregra e Helvia Recina. Quest'ultimo è il club maceratese di Promozione in cui milita adesso (QUI). Quanto a Reali, a giugno 2012 torna a Ascoli da Foggia, e viene immediatamente girato al Gubbio, club in orbita Parma. Lì trascorre metà stagione senza giocare, poi a gennaio 2013 viene mandato al Vallée d'Aoste, Seconda Divisione Lega Pro. La squadra aostana retrocede, e lì Reali viene impiegato in 2 sole gare. A giugno il ragazzo torna a Ascoli, nel frattempo retrocesso in Lega Pro, e in agosto gioca l'unica gara con la maglia bianconera (63' minuti in Coppa Italia contro il Pontisola), ma poi sparisce per tutta la stagione 2013-14. Nell'estate del 2014 viene ceduto all'Isola Liri, Serie D. Gioca per intero la stagione 2014-15 e inizia la 2015-16. Poi si svincola. In questa stagione Reali è in forza al Sora, in Promozione (QUI). La stessa categoria di Mandorlini. Due ragazzi che all'età di 19 anni avevano prodotto plusvalenze per complessivi 1,6 milioni, e che lo scoprono soltanto in questi giorni all'età di 26 anni. Grazie all'inchiesta condotta da Calciomercato.com ripresa da Striscia la Notizia.
     
    GEMELLI DIVERSI - La vicenda che accomuna Mandorlini e Reali è emblematica. Racconta di un metodo molto ben oleato per produrre plusvalenze di bilancio: quello dei calciatori gemelli. Giocatori che vengono scambiati per importo pari, ciò che genera plusvalenze in entrambi i bilanci e senza che i club acquirenti si avvalgano delle prstazioni sportive. Il destino dei gemelli, infatti, è quasi sempre quello di essere inviati in prestito presso club terzi. E se si guarda allo specifico delle coppie di gemelli, si scopre che non tutte sono uguali.

    Bisogna distinguerne di due tipi. Ci sono i "gemelli in carriera", quelli che generano pusvalenze per i bilanci delle due società calcistiche ma poi fanno comunque strada nel calcio professionistico. E ci sono i "gemelli da binario morto", quelli che dopo lo scambio di plusvalenze vengono lasciati inabissarsi nelle categorie inferiori. Lo scambio Mandorlini-Reali è un esempio del secondo tipo. Ma nei documenti di bilancio del Vicenza si trova anche esempi del primo tipo.

    Per esempio, lo scambio col Chievo che coinvolge il difensore classe 1991 Amedeo Benedetti (QUI) e il trequartista classe 1990 Mattia Minesso (QUI). Nell'estate del 2010 il diciannovenne Benedetti passa dal Chievo al Vicenza, mentre il ventenne Minesso prende la rotta inversa. La valutazione per entrambi è 2 milioni. Dunque le due società fanno pari e patta in quanto a valore scambiato, e ciascuna iscrive nel proprio bilancio una plusvalenza di 2 milioni di euro.

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    Anche stavolta l'operazione che coinvolge i due calciatori è uno scambio di comproprietà. Benedetti viene immediatamente smistato dal Vicenza alla Pro Patria, e lì gioca la stagione 2010-11. Invece Minesso viene lasciato a Vicenza in prestito, e colleziona 4 spezzoni di partita nella prima metà della stagione per poi essere mandato in prestito all'Andria, Prima Divisione Lega Pro. Già all'inizio della stagione successiva, 2011-12, i due tornano alle case madri: Benedetti al Chievo e Minesso al Vicenza. E lì si verifica l'ulteriore colpo di genio. Perché il Vicenza, per la restituzione di Benedetti al Chievo, iscrive nel bilancio chiuso il 30 giugno 2011 una plusvalenza di 500 mila euro in quanto mancata spesa di ammortamento. Viene da diere che la plusvalenza sia come il maiale: non si butta via nulla.
     
    Il caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimento

    Benedetti adesso gioca nel Cittadella dopo essere passato da Lumezzane, Reggina e Pisa. Continua a essere sotto controllo del Chievo. Invece Minesso ha subito rescisso il contratto col Vicenza, Adesso milita nel Bassano (serie C, girone B), dopo avere continuato per un'altra stagione a Andria, essere passato anch'egli dal Cittadella, e avere disputato mezza stagione (da gennaio a giugno del 2014) col Südtirol, dove perde contro la Pro Vercelli il play-off per andare in B.
    Dunque si tratta di due discreti calciatori, cui corrispondono 4 milioni di plusvalenze generate, più altri 500 mila per la restituzione di Benedetti al Chievo.

    E per il bilancio del Vicenza si tratta di ossigeno puro. Di plusvalenze, nell'esercizio chiuso il 30 giugno 2010, ne vengono iscritte per 6.583.533 euro nel quadro di un bilancio che registra una perdita di 484.832 euro. E a formare quei 6,5 milioni e rotti  di euro contribiscono i 2 milioni della cessione di Minesso al Chievo, gli 0,8 milioni della cessione di Reali all'Ascoli, più i 3.433.333 incassati dopo un doppio scambio realizzato col Cesena, fresco di promozione in Serie A: Denis Tonucci e Luca Righini si spostano dalla Romagna in Veneto, Giacomo Tulli e Mattia Evangelisti viaggiano in senso opposto. Così anche il club bianconero può piazzare in bilancio una plusvalenza da 3,5 milioni di euro.

    Il caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimento
    Il caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimento

    Pare d'essere pedanti se si specifica che, anche nel caso del doppio scambio Vicenza-Cesena, si tratta di comproprietà. E dei quattro giocatori in questione, soltanto Tonucci (quello che ha fatto la carriera migliore QUI) disputa un numero rilevante di partite in entrambe le squadre. Giacomo Tulli gioca col Vicenza, 56 partite, ma non col Cesena (QUI). Mattia Evangelisti (QUI) e Luca Righini (QUI), giocano zero partite in entrambe le squadre. E nella girandola di trasferimenti che coinvolge questi giocatori si vede ricorrere i nomi di alcuni club: Andria, Mezzocorona, Pisa, Rimini, Südtirol, Teramo.
     
    QUEI FOLLI DIECI ANNI - Lo scambio di calciatori e plusvalenze col Cesena della gestione Campedelli costituisce uno dei canali più battuti dal Vicenza, in questi Anni Dieci che culminano col fallimento dello scorso gennaio. Anche nella stagione successiva 2010-11, quella fotografata dai bilanci chiusi al 30 giugno 2011, si verifica un altro scambio. Il Vicenza prende dal Cesena l'attaccante Simone Tonelli, classe 1991 (QUI). Il Cesena prende dal Vicenza l'attaccante Edoardo Bonicelli, classe 1993 (QUI). Il prezzo è di 1,2 milioni di euro per entrambi, e altrettanto è la plusvalenza iscritta in bilancio dalle due società.
     
    Il caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimentoIl caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimento
     
    Anche in questo caso si tratta di comproprietà, e ancora una volta i calciatori vengono spediti in prestito. Tonelli era già in parcheggiato al Santarcangelo e ci rimane dopo essere passato dalla società bianconera a quella biancorossa. Quindi transiterà da Venezia Unione, Forlì, Imolese e Romagna Centro, e adesso gioca nel Matelica, primo in classifica nel Girone F di Serie D. Più travagliata la parabola di Bonicelli. Gioca poco nella Primavera del Cesena, poi rimane un anno nel limbo fra i ranghi del club romagnolo. Nell'estate del 2013 viene ceduto al Tharros, club di Oristano che milita in Seconda Categoria.

    Un declassamente spettacolare, per un calciatore che soltanto due estati prima era stato valutato 1,2 milioni di euro. Fra l'altro, come lo stesso Bonicelli ha dichiarato a Moreno Morello di Striscia la Notizia, dopo la prima stagione a Oristano egli rimane tre anni fermo ma sotto contratto col Cesena. Nell'estate del 2016 trova ingaggio presso un altro club sardo, il Taloro Gavoi, che milita in Eccellenza, e lì gioca tuttora. Sia lui che il collega Tonelli rimangono frastornati quando vengono a sapere di avere generato plusvalenze per 2,4 milioni.

    Tornando al Vicenza, nel bilancio 2011 le plusvalenze si attestano sulla cifra di 7.606.367. E a formare quel dato contribuiscono, oltre agli 1,2 milioni della cessione di Bonicelli, anche i 988 mila euro di plusvalenza per la cessione di Niko Bianconi alla Juventus. Un giocatore che, ovviamente, non approderà mai alla prima squadra bianconera. Se ne parlerà in un prossimo articolo. I numeri di bilancio prodotti da plusvalenze come quelle per Bonicelli e Bianconi permettono di chiudere l'esercizio 2011 con un sia pur modesto utile: 38.911 euro. Ma questo dato non rasserena nessuno. Anche perché alla fine della stagione 2011-12 il Vicenza retrocede in Lega Pro. Verrà ripescato poche settimana dopo, al posto del Lecce che viene declassato per illecito sportivo (QUI). Ma intanto la tifoseria manifesta sempre più apertamente il dissenso, e le critiche si appuntano proprio sui dati delle plusvalenze, giudicati "gonfiati" (QUI).

    La società finisce nel mirino, e a rasserenare gli animi non basta il cambio al vertice che porta alla presidenza l'odontotecnico Massimo Masolo. Il presidente Sergio Cassingena rimane l'uomo forte del club ma deve rinunciare a ruoli esecutivi, mentre il figlio Dario viene nominato amministratore delegato. Ciò che di sicuro si ottiene con questo ridisegno dei vertici societari è che non ci si possa più ritrovare davanti agli occhi uno spettacolo come quello delle firme apposte sul documento di bilancio 2010, nella versione che si ritrova disponibile sul sito del Registro delle Imprese. Cassingena senior e junior lo siglano nei ruoli di presidente e segretario. E non soltanto le due firme sono in stampatello, ma hanno anche una straordinaria somiglianza. Quando si dice, tale padre tale figlio.

    Il caso del Vicenza: le plusvalenze gonfiate che portano al fallimento

    (1. continua)

    @pippoevai

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