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  • Agnelli non può sacrificare la Juve per salvare i compagni di merende: dentro Allegri, via Paratici e Nedved

    Agnelli non può sacrificare la Juve per salvare i compagni di merende: dentro Allegri, via Paratici e Nedved

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    L’amicizia e la complicità sono cose certamente molto serie e vanno difese. Ma quando le implicazioni di empatia personale vanno a mettersi di traverso condizionando in peggio le attività aziendali vuol dire che è arrivato il momento di sacrificare il proprio “particulare” per il bene dell’intera struttura

    Andrea Agnelli, in quanto presidente della Juventus, si trova di fronte ad un bivio e non può più esitare nel decidere quale sia la strada giusta da imboccare. La grande scommessa fatto su Andrea Pirlo sembra ormai essere perduta. Comunque sia, proprio perché si trattava di una scommessa con tutto ciò che comporta il voler rischiare, Agnelli ha fatto bene a giocarsela. Poteva uscire il numero giusto. Purtroppo, per lui e per la Juventus, non è andata così. 

    L’idea Pirlo non è dunque da considerarsi una colpa, semmai la diretta conseguenza di un “peccato mortale” che arriva da più lontano. Dal giorno in cui il presidente si assunse la responsabilità di allontanare Marotta il quale rappresentava il vero e l’unico anello forte della catena bianconera per esperienza e per capacità manageriale. Una mossa infausta che provvide a spalancare le porte della sala di comando alla improbabile coppia formata da Nedved e da Paratici i due apprendisti stregoni del presidente.

    Da quel punto in avanti si scatenò un disastroso effetto domino che, forse, lo stesso Agnelli non avrebbe mai potuto immaginare. Le pressioni esercitate da Nedved e da Paratici portarono al licenziamento controvoglia di Allegri all’arrivo di Sarri buon allenatore ma non da Juventus, ad un mercato a dir poco fantasioso e infine alla scommessa su Pirlo. Il tutto per la regia dei due compari le cui azioni si sono rivelateperniciose quanto la grandine per i campi di granturco. Anche Andrea Agnelli, a questo punto, non può più ignorare la realtà.

    Ora, a frittata quasi fatta, l’unica soluzione possibile e auspicabile appare quella di un prepotente ritorno al passato. La figura di Massimiliano Allegri, molto di più che non quella azzardata di Zinedine Zidane, rappresenta ciò che nel lessico automobilistico si usa definire usato sicuro. Lo stesso fatto che il tecnico livornese abbia saputo attendere con pazienza orientale, evitando di accettare incarichi anche importanti, dovrebbe essere garanzia di assoluta fedeltà oltreché di desiderio di rivincita. 

    Agnelli, con buon senso realistico, sembrerebbe orientato in tal senso. Perché questo progetto possa realizzarsi, magari non subito ma a fine campionato con un interregno di Tudor per otto giornate se anche con il Napoli la Juventus dovesse fallire, è fondamentale e irrinunciabile che Andrea Agnelli sgombri la strada dagli ostacoli che impedirebbero ad Allegri di tornare per poter lavorare in tutta serenità. La “conditio sine qua non” consiste nel liberarsi con un’operazione chirurgica radicale dei compagni di merenda. Con loro il presidente potrà continuare, al massimo, ad andare a giocare a golf sul green dei Roveri. Nel nome della Juventus si possono sacrificare anche certi affetti quando si è accertato che sono deleteri.

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