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  • Ancelotti, quando il curriculum conta più delle sconfitte: Berlusconi docet

    Ancelotti, quando il curriculum conta più delle sconfitte: Berlusconi docet

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Quando si dice la potenza del nome e del curriculum. Il nome e il curriculum di Carlo Ancelotti, che non è soltanto un signor allenatore e un allenatore signore ma anche, o meglio proprio per questo, un eccezionale parafulmini capace di assorbire e neutralizzare qualsiasi sconfitta, in campionato o in coppa, in Italia o in Europa. Non a caso nei 31 anni di gestione Berlusconi è stato l’allenatore rimasto più a lungo sulla panchina del Milan, per sette stagioni e mezza, da novembre 2001 a maggio 2009. E soprattutto soltanto lui poteva resistere alla più clamorosa e dolorosa beffa nella storia rossonera: quella Champions del 2005, accarezzata nell’intervallo a Istanbul grazie al parziale 3-0 contro il Liverpool, ma poi sfumata ai rigori. Per molto meno Arrigo Sacchi, che aveva vinto due Champions prima di lui, fu gentilmente congedato da Berlusconi, anche se con il contratto per la stagione successiva, appena fallì il traguardo dello scudetto e della coppa dei Campioni nel 1991.

    Da un secolo all’altro, dal Milan al Napoli, la storia sembra ripetersi perché Ancelotti fin qui non ha ottenuto i risultati sperati. Accolto da tutti come l’ideale successore di Sarri, capace di costruire una squadra spettacolare in grado di spaventare la Juventus, Ancelotti con il suo carattere calmo e la sua ironia, degna del maestro Liedholm, è riuscito a far passare in secondo piano le prime delusioni. Considerato il più adatto per navigare in Champions, Ancelotti si è invece ritrovato fuori dopo la fase a gironi. Ma per lui c’è stato l’alibi della sfortuna e della beffa, pensando a quel pareggio allo scadere a Parigi, mentre per altri si sarebbero aperti processi, sottolineando la colpa dello 0-0 iniziale sul campo della Stella Rossa. 
    Senza l’obiettivo della Champions, sembrava più facile l’assalto allo scudetto. Come non detto, perché il Napoli è scivolato in fretta lontano dalla Juve. Da meno 8 nel giorno dell’eliminazione a meno 9 e ora a meno 11, con l’aggravante di 8 punti in meno e di 8 gol segnati in meno rispetto al campionato scorso. Numeri scomodi per chiunque, ma non per Ancelotti che continua a godere della pienissima fiducia del presidente e dei tifosi, nemmeno lontanamente scalfito dal desiderio di andarsene del capitano Hamsik, attratto dalla ricca offerta dei cinesi, ma anche stanco di stare più in panchina che in campo.

    In teoria il Napoli può ancora sognare lo scudetto, ma certamente sarebbe stato più facile vincere la coppa Italia. Invece anche questo traguardo è stato fallito in modo ancora più bruciante degli altri, perché il Napoli non è mai sceso in campo a San Siro, battuto ed eliminato dal primo Milan di Piatek. Stasera la corsa riprende, a Zurigo, nei sedicesimi di Europa League, teoricamente con il Napoli favoritissimo, perché la squadra di Ancelotti può e deve pensare di proseguire la sua corsa per arrivare alla finale di Baku. Con una certezza che sembra un’assicurazione. Comunque finisca l’avventura europea del Napoli, nessuno se la prenderà con Ancelotti, pronto a smorzare qualsiasi polemica e ad assorbire tutto, come il miglior parafulmini.

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