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  • Bentornata Raffa: aspettando Bonucci, adesso raccontaci tu di Gino Stacchini
Bentornata Raffa: aspettando Bonucci, adesso raccontaci tu di Gino Stacchini

Bentornata Raffa: aspettando Bonucci, adesso raccontaci tu di Gino Stacchini

  • Marco Bernardini
    Marco Bernardini
Un bel regalo per gli spettatori di Rai Tre, ieri sera. Dopo quasi quattro anni di assenza dai teleschermi è tornata a brillare una tra le stelle leggendarie del firmamento dello spettacolo. A settantacinque anni Raffaella Carrà, una fra le artiste più amate dagli italiani, si è rimessa in gioco nelle vesti per lei inusuali di “intervistatrice” con lo spettacolo “A raccontare comincia tu”. Il primo a sedersi sulla poltrona del suo salotto è stato Rosario Fiorello che, con lei, ha ballato anche ll tradizionale e immancabile Tuca Tuca a margine di uno show, garbato e divertente, che proseguirà con altre puntate alle quali parteciperanno personaggi di razza come Sofia Loren, Paolo Sorrentino, Maria De Filippi e il difensore della Juventus e della nazionale Bonucci. Ciascuno a raccontarsi e a svelare il loro lato più intimo e meno conosciuto guidati, con grande professionalità e ironia, dalla padrona di casa. Ieri la performance della coppia Fiorello-Carrà è stata per certi tratti irresistibile con un altissimo gradimento del pubblico testimoniato dalle reazioni, tutte positive, che hanno invaso i social subito dopo la trasmissione.

Tra i tanti telespettatori è facile presumere che vi fosse anche un uomo della serie “diversamente giovane” in barba alla sua carta di identità che lo denuncia come ottantunenne. Sarà l’aria, il mare, la piadina, il Sangiovese o molto più semplicemente la filosofia di vita tutta positiva che fa parte del Dna della gente di quella terra speciale ma Gino Stacchini ancora oggi, alla sua bella età, ha saputo mantenere quella freschezza intellettuale e di pensiero che lo ha sempre guidato lungo il corso sua vita, professionale e non, segnata da una moderata ma ben radicata celebrità guadagnata nel mondo del pallone quando ancora i giocatori non erano divi ma soltanto giocatori. E lui, Gino Stacchini, fu fior di attaccante con addosso la maglia numero 11 della Juventus che lo aveva ingaggiato, giovanissimo, dopo averlo visto battere Boniperti per tre volte in una gara dei cento metri.

Il Bologna lo aveva rifiutato perché poteva contare su un attaccante più solido e meno fantasioso come Pascutti. Anche nella Juventus, però, Stacchini avrebbe dovuto faticare il giusto per farsi spazio. Boniperti, il capitano di quella squadra nel 1956, si era trovato orfano di Muccinelli, un’ala sinistra praticamente al suo servizio. Come sostituto aveva trovato in Stivanello il partner ideale per le sue necessità di bomber. Palla sul filo dell’out, corsa fino verso la bandierina e cross al centro per il colpo vincente del capitano. Tutto molto semplice e senza fronzoli. Atro copione con Stacchini il quale con la palla faceva l’amore, con giravolte e fantasie assortite, prima di consegnarla ai compagni. A Boniperti non andava giù. Poi però arrivarono Sivori e Charles, la musica classica divenne samba. Boniperti capì che il suo tempo era arrivato a scadenza. Stacchini diventò il punto di riferimento irrinunciabile per l’argentino e il gallese. Quattro scudetti e altrettante Coppe Italia. Carramba!

Già, proprio Carramba. E toccherebbe a Raffaella Carrà spiegarne le ragioni e raccontare la storia. Lei, ragazzina di sedici anni e ancora soltanto Maria Pelloni, aveva conosciuto quel bel ragazzo con il ciuffo sulla fronte sulla spiaggia di Bellaria. Lui giocava a pallone. Lei sognava di fare l’attrice. Prima un filarino estivo, poi un grande amore. Il primo amore vero per tutti e due. Durò otto anni quel rapporto che sembrava destinato a finire mai. Perlomeno era questo che pensava Gino Stacchini il quale, nel 1968, chiese alla sua compagna di sposarlo. Il destino aveva disegnato strade diverse per la coppia. Raffaella, già lanciata nel mondo del cinema, aprì le ali per lanciarsi in volo in quell’universo televisivo del quale sarebbe diventata regina. Gino Stacchini comprese le esigenze di quella che era oramai Raffaella ma ciò non gli impedì di soffrire come un cane bastonato al punto da cadere in uno stato depressivo che soltanto il calcio riuscì a guarire.

Ieri sera, certamente davanti alla televisione, l’ex campione della Juventus e oggi brillante vecchietto avrà rivissuto le emozioni forti del ricordo e delle affettuose lontananze come sempre avviene per ciascuno allorchè si trova a fare i conti con un passato importante. Senza rimpianti o sensi di colpa, naturalmente, ma con quella sottile nostalgia che come sappiamo è sempre un po’ canaglia. Dài Raffaella, adesso a raccontare fallo tu.

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