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  • Bentornate care vecchie rimesse laterali battute lunghe

    Bentornate care vecchie rimesse laterali battute lunghe

    • Gian Paolo Ormezzano
      Gian Paolo Ormezzano
    Se in una partita vengono segnati sette gol e in un’altra nessuno (magari ci sono dieci pali colpiti, ma non importa, si dice che questo fa parte del gicoo, amen), si deve pensare che comunque la prima abbia divertito di più. E questo alla faccia di Gianni Brera buonanima il quale diceva lo 0 a 0 prodotto ideale di due perfezioni: la squadra che batteva il calcio d’inizio teneva sempre la palla con lunga piacevole manovra, perfetta e però controllata dalla altrettanto brava squadra rivale, quella che lo batteva dopo i primi 45’ idem. Per gli architetti del calcio spettacolo nelle amichevoli  in cui nessuno deve far del male a nessuno e la gente deve fluire felice e contenta, o per i pasticcieri del risultato/biscotto, è invece il 2 a 2 l’ideale, gonfio ma non pingue, bene nutrito (e bene nutriente) ma non obeso. 

    Per chi scrive queste righe e ama lo sport (il calcio come sport è misero, difficile da amare,ma come gioco è sublime per acrobatismi, contorsionismi, spettacolarismi veri e fasulli) e fa il giornalista, un problema è sempre stato quello di decidere se lo spettacolo, del quale comunque la partita è produttrice, è bello oppure no. Nel calcio di appurare, e addirittura partecipare ad altri, anche se si è giocato bene. Ma definire il ”giocar bene” è uno delle imprese più ardue, non aggirabile neanche con frasi furbastre o aggettivi furbetti. 

    Domanda, enfin: cos’è il giocar bene nel calcio? Il passaggio pronto e preciso, né troppo forte né troppo piano? Il dribbling riuscito, con però il calo di spettacolo dovuto alla figuraccia del dribblato? L’intervento in extremis, con il neo dell’affanno e del rischio? L’intervento così pulito ed estetico da sembrare troppo facile? Il ritmo alto e continuo? L’epilessia dei tanti scatti frenetici? E ancora: più spettacolo nel bel tiro/gol o nella bella parata? Nel colpo di testa di chi sovrasta o anticipa tutti con eleganza o nel colpo di testa da martire che offre i suoi lineamenti alla scarpa dell’avversario? Il tran-tran chiaro e semplice e didattico o il frisson contorto ma didascalico? 

    Comodo, troppo, dire che tutto fa spettacolo. Con il “tutto fa brodo” si finisce per ingurgitare pozioni immonde. Impegnativo trovare comunque elementi univoci di attrazione in uno sport che si pratica soprattutto con i piedi (tipo la corsa da circo, con le gambe dentro il sacco). Il giornalista che si arrovella, intanto che è passato di moda lui e magari è passato anche il giornalismo classico tutto, rischia non solo di perdere tempo (il che ha un suo fascino, ormai), ma di non capirci più niente. Così, dopo l’avvio del campionato, consegniamo ai lettori i dubbi e li appendiamo a ganci di interrogativi, capovolti a tanti altri interrogativi abituali sul gioco del pallone. 

    Segnaliamo una novità magari importante: dopo almeno un cinque anni di oblio, di trascuratezze, di approssimazioni, di debolezze in fase esecutiva, sembra tornata la vecchia rimessa laterale. Quella classica, sì, ortodossa, con il pallone lanciato alto e lungo, a forza di braccia e dopo uno slancio opportuno del corpo. Abbiamo patito anni di rimesse laterali poverissime anzi miserrime, ispirate al “non perdere la palla”, con molte attese (non più sanzionate dall'arbitro che prima rovesciava il fallo) utili comunque per perdere tempo, con passaggini stitici al compagno finalmente accorso vicino e raramente smarcatosi. E pol comunque la palla spesso perduta. Da far pensare che i giocatori non sappiano che sulla rimessa laterale non esiste il fuorigioco. Nostalgia di un Walter Zenga, inteso come allenatore, che aveva inventato per il Catania un giocatore che aspettava il calcio d’angolo, eseguito dal compagno, calandosi i calzoncini nell'area nemica e provocando uno sconcerto di cui approfittare. 

    Stiamo rivedendo le “vecchie” rimesse laterali, sì, quasi che gli atletuzzi abbiano frequentato dei corsi estivi per riuscire a (ri)dare forza alle braccia e alle mani, ridando gittata al pallone. L’evento prende rilievo speciale, poi, in opposizione ai troppi calci d’angolo eseguiti al “ralenti” per far nascere palleggi stretti presso la bandierina, o calciati magari anche debolmente sul primo palo dove ormai staziona una guarnigione d i difensori, nel senso anche di attaccanti e centrocampisti retrocessi ad hoc. 

    Wait and see, come diceva il presidente rossonero Berlusconi quando si allenava a parlare inglese magari del Milan ma  con Ronald Reagan. Se son rose, probabilmente sfioriranno, come sempre nel calcio e anche nella vita, ma intanto ci pare – se non si tratta di miraggio olfattivo,  da eccessiva calura – di avere avvertito di nuovo un certo profumo. 
     

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