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  • Brescia: Torregrossa meglio di Balotelli, anche per Mancini?

    Brescia: Torregrossa meglio di Balotelli, anche per Mancini?

    • Furio Zara
      Furio Zara
    In tempi di specializzazioni a tutti i costi, dalla scuola al lavoro fino al campo di calcio, Ernesto Torregrossa si distingue perché sa fare un po' tutto e lo sa fare (assai) bene. L'attaccante del Brescia rappresenta la rivincita di quei giocatori che per anni (ri)stagnano nelle categorie inferiori, sempre distanti solo un passo dal cono di luce, considerati - spesso a torto - come certi ricambi che utilizziamo quando non abbiamo soldi o voglia per prendere l'originale. La sua carriera si è snodata lungo strade secondarie, in un grigio anonimato che sarebbe rimasto tale se ET11 - come lo chiamano a Brescia - non avesse avuto l'occasione di mettersi in luce quest'anno, sfruttando defaillances varie (il flop di Balotelli) e tornando a conquistare quella maglia da titolare che aveva l'anno scorso. Brescia ha significato l'incontro con un destino che non pensava di contemplare. Non è un caso che il legame con la città sia fortissimo, lo dimostra (anche) il tatuaggio che Ernesto ha dal ginocchio alla caviglia: una Leonessa, simbolo del club e simbolo dell'amore che protegge i figli (nel caso: la figlia Maria Vittoria). 

    E' partito da molto lontano, Torregrossa. La sua rincorsa è significativa: le stagioni nei dilettanti con Verona, Siracusa, Como, Monza, Lumezzane; la Serie B con Crotone, Trapani e Brescia, gli ultimi due anni in doppia cifra (10 e 12 gol) e una prima notorietà; infine la Serie A, raggiunta tardi, a 27 anni. Nel recente passato Hubner e Zampagna hanno esordito che ne avevano 30, lo stesso Pavoletti ha cominciato a frequentare la A con continuità a 26 anni: tutto è ancora possibile e Torregrossa ha dimostrato di poter tranquillamente avere residenza nella massima serie, tanto che persino il ct Mancini lo sta seguendo con attenzione. Piace - ET - per la generosità, l'indole da lottatore, la capacità di mettersi sempre a disposizione dei compagni di squadra. Eugenio Corini l'ha aiutato molto, facendolo crescere proprio in questo senso. E dire che il suo campionato è cominciato a metà novembre, con due mesi e mezzo di ritardo sulla tabella di marcia a causa di un infortunio alla coscia - contro il Milan a fine agosto - che l'ha costretto ai box. Poi tutto è tornato ad avere un senso, compresa la fiducia del Brescia che - nel momento più delicato - gli ha rinnovato il contratto fino al 2022. Il gol col Lecce, la doppietta col Cagliari, sempre in casa, al Rigamonti, davanti a un pubblico che in lui riconosce la fame di chi ha fatto molta gavetta. 

    Un'eventuale convocazione in azzurro sarebbe una doppia gioia, in casa Torregrossa. Ernesto il calcio ce l'ha nel dna. Suo papà Lirio, classe 1967, è stato infatti un bomber assai noto fra i dilettanti della Sicilia a partire dalla fine degli anni '80. Il momento magico lo visse con il Licata di Zeman (con cui conquistò la promozione in Serie C1), tanto che il Torino Primavera lo acquistò per 400 milioni di vecchie lire e lo tenne d'occhio per un po', senza però mai farlo entrare nel parco attaccanti della prima squadra, che allora (1985-86, allenatore Gigi Radice) contava su Schachner, Lentini, Comi e Lerda. Ma i sogni di sfondare nel calcio che conta Lirio li ha abbandonati presto (solo una presenza in B col Messina), lasciando al figlio la scintilla dell'ambizione. E' una famiglia molto unita, quella dei Torregrossa: mamma Karina vigilia su tutti, poi c'è Raul - il fratello 19enne che gioca punta centrale nella Primavera del Brescia - e la piccola Dominique. A proposito: Lirio - figlio di emigranti - è nato a Calabozo, in Venezuela. Ci sarebbero le premesse per un cambio di nazionale, ma non sembrano ipotesi che ET prende in considerazione. Col Venezuela giocò - 11 partite e 2 gol tra il 2004 e il 2005 - Massimo Margiotta, ex tra le altre di Udinese, Vicenza e Perugia. Era nato a Maracaibo, la capitale. Ma questa è un'altra storia. 

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