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  • Ce l'ho con... Gattuso e la sindrome del braccino: il Milan deve osare di più

    Ce l'ho con... Gattuso e la sindrome del braccino: il Milan deve osare di più

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    In gergo tennistico si chiama "braccino" l'incapacità di un giocatore di gestire i momenti clou di una partita, quelli nei quali bisognerebbe approfittare delle difficoltà dell'avversario per piazzare il colpo da ko e indirizzare il match in proprio favore. Una sindrome che sembra aver colpito anche il Milan di Gennaro Gattuso, bravissimo a tenere a galla i suoi anche nei momenti più complicati della stagione e a sopperire ai tanti infortuni accusati da alcuni dei suoi calciatori-chiave. Ma incapace allo stesso tempo di affrontare i diversi bivi che la prima metà abbondante di campionato ha presentato e che avrebbero potuto disegnare una classifica ancora migliore.

    BARICENTRO BASSO - Contro una Roma in evidente stato di choc dopo l'1-7 di Firenze e in vantaggio di una rete al primo tentativo in porta di Piatek, la squadra rossonera ha scelto ancora una volta di arretrare decisamente il proprio baricentro e consegnarsi a un avversario che ha preso fiducia col passare dei minuti e rischiato persino di vincere. Non è la prima volta che il Milan preferisce speculare piuttosto che insistere con un atteggiamento più propositivo e provare ad "ammazzare la partita". Colpa delle scelte tattiche del suo allenatore, di una condizione fisica che non poteva essere ottimale dopo due battaglie contro il Napoli o delle caratteristiche dei giocatori di Gattuso, poco idonei a produrre un calcio più offensivo? La verità, come sempre, sta in mezzo, ma è indubbio che sprecare così tante occasioni nell'arco di un campionato ti espone al rischio di fallire l'obiettivo dichiarato proprio al fotofinish.

    OCCASIONI PERSE - Come dicevamo, non è la prima volta che il Milan esce dal campo con la sensazione di non aver approfittato di un'occasione in un momento di potenziale svolta. Dopo la vittoria a tempo scaduto sulla Roma nella terza giornata del girone d'andata, i rossoneri collezionano tre pareggi consecutivi contro Cagliari, Atalanta ed Empoli, fallendo completamente l'approccio mentale contro i sardi e non riuscendo a gestire i vantaggi acquisiti contro bergamaschi e toscani, a causa del già citato istinto auto-conservativo. Sei punti rimasti per strada e un filotto di vittorie mancate assolutamente alla portata in quel momento della stagione, visto che la banda Gasperini non era assolutamente quella che oggi minaccia molto da vicino il piazzamento Champions a cui ambiscono Gattuso e i suoi.

    TROPPI PARI - E che dire del doppio pari senza gol contro Torino e Bologna della prima metà di dicembre che, unito allo 0-0 di Frosinone, allungano sensibilmente la lista dei rimpianti del Milan? In un campionato estremamente livellato, in cui Roma e Lazio non hanno mai avuto la continuità delle stagioni passate e nella quale anche l'Inter sta rallentando vistosamente, continuare a fallire gli appuntamenti della verità è un lusso che i rossoneri non potranno concedersi ancora per molto. Alla ripresa del campionato, di nuovo il trittico Cagliari-Atalanta-Empoli, un altro esame di maturità per il tennista Milan affetto dalla sindrome del braccino.

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