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  • Cosa rende davvero unica l'Atalanta di Gasp

    Cosa rende davvero unica l'Atalanta di Gasp

    • Luca Bedogni
      Luca Bedogni
    Cosa rende davvero unico il gioco dell’Atalanta? È da un po’ che osservo attentamente questa squadra sensazionale. Si tratta di afferrarne la cifra precisa, molto concretamente, senza ridurre il tutto a un’azione particolare. Non è cosa da poco. Cogliere l’essenza della Dea nel trascorrere delle partite, ponendosi il divieto di cristallizzarla. Insomma non mi bastava più sentir parlare di quinti (Gosens e Hateboer) che arrivano a chiudere sui cross, come se questo tatticismo rappresentasse il meglio del gioco di Gasperini. Era altrettanto impoverente fermarsi alla fase difensiva, per quanto estremamente caratteristica, di fronte alle caterve di gol segnati in campionato e non. Di fronte a quella sensazione di dominio percepita anche contro il Valencia, in un ottavo di Champions. Quando mai un’italiana così!

    In questi tempi di Coronavirus ho imparato una nuova parola: l’aggettivo “ubiquitario” (diffuso ovunque). Vorrei staccarlo dal suo triste contesto e piegarlo a un significato calcistico, positivo.  Vorrei parlarvi dell’intelligenza ubiquitaria che si manifesta nel gioco della Dea. Sarò tutt’altro che vago, non temete.
     
    IL TERZO GOL DI LECCE – Occorre dunque sottoporre a distillazione certe azioni particolari dell’Atalanta, per ricavarne i princìpi ispiratori, le idee condivise che generano l’armonia dei movimenti collettivi. Il terzo gol rifilato al Lecce può essere una buona base di partenza. Com’è arrivato il gol di Ilicic? Riavvolgiamo il nastro fino a questa posizione.

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    La prima cosa da notare è la fiducia accordata alla regia del Papu Gomez che, in questo come in moltissimi altri casi (di questa e altre partite), scende a impostare sotto l’altezza degli interni del 3-4-1-2, Freuler e Pasalic. I centrocampisti che definiremmo più ‘di quantità’ dunque non lo proteggono, ma si trasformano quasi in mezzali offensive di un 3-5-2 provvisorio. Bastano i tre difensori a garantire sostegno/copertura. Interessante a questo punto osservare il rapporto tra questi interni e gli attaccanti nei rispettivi sottosistemi (Ilicic per Pasalic e Duvan per Freuler). Quando infatti il pallone viene giocato da Gomez al ‘braccetto’ (centrale di destra) De Roon, davanti all’olandese succede qualcosa di abbastanza ricorrente: Ilicic si mostra tra le linee per ricevere, mentre Pasalic, per una sorta di compensazione, va a posizionarsi più avanti, dove prima stava lo sloveno.   

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    Tale interscambio provoca una certa manomissione nel reparto difensivo degli avversari, poiché costringe da una parte il centrale di sinistra del Lecce, Rossettini, a uscire su Ilicic per evitare che si giri sulla trequarti, dall’altra impone al terzino Calderoni di stringere su Pasalic, pronto eventualmente ad approfittare del buco creatosi. Ma nella stessa azione avviene un ulteriore interscambio. Uno scambio di regia potremmo dire, in quanto tramite una triangolazione Ilicic viene ad assumere la posizione precedentemente occupata da Gomez.

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    E il Papu ora torna a ricoprire il ruolo di trequartista, anche se davanti a lui sta una coppia d’attaccanti diversa da quella che vediamo nei tabellini. I due fantasisti della Dea, Gomez e Ilicic, sono come due registi a tutto campo. Sono loro che si prendono il centro in una squadra che ama accerchiare gli avversari portando spesso superiorità numeriche sulle fasce.  

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    E Ilicic gode della stessa fiducia di Gomez, tanto da potersi permette degli uno contro uno lungo l’asse centrale del campo con gli interni Freuler e Pasalic molto aperti e lontani fra loro. Piano piano la Dea proteiforme sta riconfigurando il suo 3-4-1-2, ma un 3-4-1-2 ancora diverso, con Ilicic trequartista e Gomez e Duvan in tandem d’attacco. Mentre Pasalic torna indietro di un po’ di metri.

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    Ilicic ovviamente batte nell’uno contro uno la mezzala destra Majer, suo connazionale, e va a giocare con Gosens, aperto a sinistra. Pasalic torna ad alzarsi per tenere bassa la mezzala sinistra Barak. Freuler non va in mezzo al campo ma dà sostegno dietro a Gosens, perché l’Atalanta, grazie all’aggressività dei tre dietro, può permettersi di svuotare di centrocampisti il proprio centrocampo. Così ti accerchia, a ondate concentriche e centripete attorno alla porta.

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    E quando Ilicic torna a ricevere il pallone (dalla parte opposta alla sua ‘area di competenza’), Gomez prima si mostra tra le linee strettissime di centrocampo e difesa ingannando Rossettini, poi si butta nello spazio in area, dettando l’assist al compagno di genio, che lo premia con un filtrante. Affinità elettive…

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    IL QUARTO GOL DI LECCE – Per corroborare la tesi esposta sopra (in particolare quella sugli interscambi tra Ilicic e Pasalic), vi sottopongo un’immagine inequivocabile, tratta dall’azione del quarto gol (il secondo della tripletta di Duvan). Si vede chiaramente Ilicic indicare uno spazio al compagno Pasalic, lo spazio che Ilicic stesso aveva abbandonato per scendere a impostare. Notate, en passant, la disposizione ad arco (onda concentrica…) che da Hateboer arriva fino a Gosens, passando per lo sloveno. Sulla fascia destra la Dea ha una superiorità numerica provvisoria rispetto alla catena di sinistra del 4-3-3 di Liverani, composta da Calderoni (terzino), Saponara (esterno) e Barak (mezzala). Ma al momento sono quattro giocatori atalantini sotto una linea di tre avversari.

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    Pasalic non serve più lì in mezzo (Ilicic sta prendendo il suo posto, assumendo la sua funzione), perciò deve attaccare lo spazio davanti a sé, affinché una superiorità numerica piatta si trasformi in superiorità posizionale. Basta che il pallone giunto ad Hateboer torni indietro a De Roon e poi arrivi a Ilicic, che la catena di sinistra del Lecce è completamente tagliata fuori dal filtrante dello sloveno per il centrocampista croato.

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    Guardate ancora un attimo l’immagine qui sopra. Quello che, al centro della difesa e sul lato debole del Lecce, sembrava in apparenza un tre contro tre (Donati, Lucioni, Rossettini vs Gosens, Duvan, Gomez), si trasforma inesorabilmente in un tre contro due a favore dell’Atalanta (con possibilità di due contro uno a centro area), dal momento che il centrale di sinistra Rossettini è costretto a scivolare sul filtrante di Ilicic per Pasalic. Il povero Lucioni rimane in balia di Gomez e Duvan (sul cross basso di Pasalic, sceglierà di marcare il Papu sul dischetto, ignorando alle spalle l’attacco alla porta di Zapata).

    SPAZI CHE CHIAMANO – Ma non vorrei che, parlandovi troppo degli interscambi tra Pasalic e Ilicic, riducessimo a un accordo ‘a due’ dinamiche più libere, fluide e collettive. Sono gli spazi che chiamano! Siamo ancora più in là dei compiti assegnati a un ruolo. Non è più la mezzala d’inserimento che si inserisce. È lo spazio che chiama chiunque. Chiunque! Uno dei tre centrali difensivi sente la chiamata? Allora gioca e va, in quanto le compensazioni non sono rigidamente codificate.

    Cosa rende davvero unica l'Atalanta di Gasp

    Si attuano attraverso l’intelligenza collettiva (ubiquitaria). Sopra e sotto vediamo De Roon che, dopo un passaggio per Ilicic, da centrale laterale attacca lo spazio come un interno di centrocampo (cosa che farebbe benissimo anche Toloi) alle spalle dello sloveno venuto incontro. De Roon osa perché la posizione assunta da Pasalic è adatta a fungere da sostegno per Hateboer. Gomez intanto, nel cerchio blu a centrocampo, leggendo la scelta del difensore, col braccio alzato indica a Pasalic di andare a sostegno. Come abbiamo visto fare sopra a Ilicic (a proposito dei due registi...).  

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    E così via, gli esempi potrebbero non finire mai e riguardare ciascun componente della rosa e del sistema. Concludo allora con un’ultima azione strepitosa, orchestrata ancora una volta per vie centrali da Gomez e Ilicic. Stavolta però vorrei mostrarvi un interscambio a sinistra, tra Zapata e Gosens. A volte quando Duvan scende a ricevere per poi appoggiarsi ancora dietro, scende in fascia.

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    Allora Gosens si accentra al suo posto lasciandogli la corsia esterna: anche questo è un interscambio possibile (succede tra l’altro anche a destra tra Ilicic e Hateboer).  

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    Pazzesca in questo caso anche l’accelerata del Papu ad attaccare l’area centralmente, dopo il passaggio a Ilicic. Come se Pjanic, improvvisamente, salisse su una moto.

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