Calciomercato.com

  • Da Baggio a Zanetti fino a Kepa: quando il calciatore non vuole uscire
Da Baggio a Zanetti fino a Kepa: quando il calciatore non vuole uscire

Da Baggio a Zanetti fino a Kepa: quando il calciatore non vuole uscire

  • Furio Zara
    Furio Zara
No, non esco. Ti ho detto: esci! Io resto qua. Vieni fuori. Te lo sogni. Il resto lo sapete: un teatrino dell’assurdo. Kepa vs Sarri. Ha vinto Kepa Arrizabalaga. Ha perso Sarri, delegittimato da un suo giocatore. E ha perso soprattutto il Chelsea, ai rigori, nella finale di Carabao Cup, negando così a Sarri il primo trofeo della sua carriera. Kepa si difende: «Non era mia intenzione disubbidire. C’era tanta confusione…». Il Chelsea ha deciso di credergli. Nessuna sanzione per Kepa. Il portiere si è difeso così: «Io stavo solo cercando di dirgli che stavo bene e lui pensava il contrario». Sarri in conferenza ci ha riso su, piazzando anche una gaffe dopo aver pronunciato male la parola «conduct», cioè «comportamento», con una parola simile a «condom».

Vecchia storia, sempre di moda. Il calciatore che si vede chiamare la sostituzione la prende spesso male. Celebre il «Questo è matto» di Roby Baggio rivolto a Sacchi che l’aveva chiamato fuori in Italia-Norvegia del Mondiale 1994. Esattamente vent’anni prima (Mondiale 1974) Giorgio Chinaglia aveva reagito alla sostituzione mandando platealmente a quel paese il ct Valcareggi: è quello il più celebre «vaffa» azzurro; anche se più tardi - stavolta ai Mondiali del 1990, quelli delle Notti Magiche - Andrea Carnevale sbotterà con queste modalità quando il ct Vicini lo sostituirà con Totò Schillaci. Il «vaffa» più recente in nazionale - e più clamoroso - resta quello di Pellè nei confronti di Ventura, reo a suo dire di averlo sostituito in una sfida contro la Spagna (il centravanti rifiutò pure di dare la mano al tecnico che gliela stava porgendo).

Di calci alla bottiglietta di turno ne abbiamo visti parecchi (Dybala, Higuain, Balotelli, Vieri) e c’è stata persino una bottiglietta lanciata contro l’allenatore (Montella contro Capello con questo edificante scambio di battute: «Ma vaff…sto deficiente» e l’Aeroplano di rimando «pezzo di me…»), così come - ne abbiamo visti - di giocatori che escono dal campo a testa bassa e vanno a sedersi nell’angolo più lontano della panchina e - sapendo benissimo di essere inquadrati dalla tivù - scuotono la testa e lanciano platealmente le scarpe per terra: Cristiano Ronaldo a Manchester e a Madrid, Suarez a Barcellona, Rooney con la nazionale, Robben con il Bayern (Ancelotti rimase con la mano a mezz’aria). 

E’ una questione di rispetto. Che manca. Per l’allenatore, ma anche per il compagno che sta entrando. Come Klinsmann, quando al Bayern mandò ripetutamente a spazzare il mare il Trap, una, due, tre volte, senza pietà. Ma l’unico che si è azzardato a tirare la maglietta addosso al proprio allenatore è stato Taribo West in un Vicenza-Inter di fine anni ’90: ce l’aveva con Mircea Lucescu. Che se la legò al dito: West non giocò più nemmeno un minuto. Sempre per restare in casa Inter. Chissà cosa era scattato nella testa di Javier Zanetti negli ultimi minuti della finale di Coppa Uefa 1997 tra Inter e Schalke 04: l’argentino, tolto per fare spazio a Berti, che la prende male e si azzuffa con l’imperturbabile Roy Hodgson. Saltano i nervi, lo sa bene Delio Rossi. Ricordate, vero? Richiama in panchina Adem Ljajic, il serbo gli dice qualcosa, Delio scatta e lo prende per il collo. Se non l’avessero fermato, sarebbe ancora lì a menarlo.

Altre Notizie