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  • Il Palermo è una farsa. UFFICIALE: si dimettono presidente e consigliere

    Il Palermo è una farsa. UFFICIALE: si dimettono presidente e consigliere

    • Pippo Russo
      Pippo Russo
    Aggiornamento delle ore 21.50
    Come volevasi dimostrare: appena il tempo di metterlo in rete che l'articolo è già superato. Un comunicato (LEGGI QUI) pubblicato alle 21.13 dal Palermo sul sito ufficiale, e firmato dall'amministratore delegato Emanuele Facile, rende note alcune informazioni.
    La prima: alle dimissioni di Clive Richardson si aggiungono quelle di John Michael Treacy,e questo era scontato.
    La seconda: nei prossimi giorni verrà convocata l'assemblea per procedere alla nomina del nuovo consiglio d'amministrazione. Domanda: da chi sarà composta l'assemblea, adesso?
    La terza: Facile accusa Richardson d'aver mentito, e dice che la società ha dato mandato ai propri legali di valutare la situazione. Dell'altra carta bollata è proprio ciò di cui si sentiva bisogno, vero?
    La quarta: lo stesso Facile si attribuisce il merito di avere mediato“frizioni e attriti di natura caratteriale e professionale” fra Richardson e “la struttura tecnica e sportiva”. Ne prendiamo atto, anche se ci sfugge il senso d'inserire un dettaglio del genere nel comunicato ufficiale. Serviva appuntarsi una medaglia?
    La quinta: l'amministratore delegato elogia l'impegno di squadra e tecnico, e ribadisce la propria fiducia nei confronti del Direttore dell'Area Tecnica, Rino Foschi. E questa, per lo stesso Foschi, è probabilmente la notizia più terrificante della serata.
    P.R.
     

    Cento giorni a Palermo? No, nemmeno quelli. Ne sono bastati poco più di 60. Due mesi abbondanti di nulla e poi le dimissioni. Era il 4 dicembre 2018 quando Clive Ian Richardson sbarcava a Palermo per tenere la conferenza stampa di presentazione alla città e alla tifoseria, unitamente a David Platt (che poi ha salutato di gran corsa la combriccola) e a James Sheehan. E oggi, 5 febbraio 2019, lo stesso Richardson annuncia che molla la carica di presidente dell’US Città di Palermo. Nel mezzo, oltre 60 giorni spesi a impressionare la piazza con effetti speciali, grazie a quel turbinare di sigle e nomi societari che come le chiacchiere hanno lasciato la situazione al punto di partenza. Cioè a zero. O meglio, ai 10 euro sborsati per mettere le mani su una società fra le più importanti del calcio italiano. E c’è da augurarsi che almeno mister Richardson abbia imparato qualche parola d’italiano, durante questi due mesi. E magari anche una sola in palermitano, ma veramente essenziale: minchiatari.

    Nella lettera di dimissioni fatta pervenire alle testate giornalistiche locali, Richardson fa sapere che toglie il disturbo. Ma dice anche altro. Fornisce un chiarimento il cui primo effetto è aggiungere confusione a confusione. E visto come sono andate le cose in casa rosanero da dicembre a oggi, tale dato è meno paradossale di quanto sembri. Perché durante i due mesi di proprietà (?) inglese del Palermo, la linea evolutiva è stata proprio questa: ogni tappa addizionava fumo (di Londra) anziché diradarlo. E dunque, l’ultimo chiarimento-che-confonde è una versione delle cose buona a dissolvere il segreto a tutti noto. Il signor Richardson era soltanto un consulente. Giunto in Sicilia per condurre una due diligence sui conti della società rosanero. Quel che è più, fra i compiti affidati a lui e al suo team non c’era quello di trovare i capitali necessari per fare andare avanti il Palermo (“Mai in nessun momento io o il mio team siamo stati coinvolti nel processo di raccolta fondi”). E verrebbe da chiedergli perché mai non l’abbia detto subito, invece di contribuire col proprio silenzio a perpetuare l’equivoco. Lost in transalation?

    Richardson conclude rivelando di averci persino rimesso di tasca propria, al termine di questo periodo passato a Palermo. Francamente, sono fatti suoi. Ancor più francamente: difficile credere sia un tipo così ingenuo. Ma ciò che conta è la verità definitiva (almeno fino a oggi pomeriggio) emersa dalla lettera di dimissioni. Richardson e il suo team erano consulenti “del signor Corrado Coen, del signor Emanuele Facile e del suo team”. E in attesa di una smentita dai diretti interessati, che a questo punto vale il giusto, ecco il quadro della situazione per come ce lo illustra il comunicato di Richardson. A tirare le fila dell’operazione sarebbero stati Corrado Coen, e Emanuele Facile. Coen è un personaggio indicato come vicino a Maurizio Zamparini e al fondo maltese Abalon, nonché recentemente condannato due volte dal Tribunale di Milano: 6 anni a febbraio 2018 per la vicenda Moviemax e 5 anni e mezzo a ottobre 2018 per la bancarotta della società Norman95. Quanto a Emanuele Facile, attuale amministratore delegato dell’Us Città di Palermo, è socio fondatore di Financial Innovations. Cioè la società che attraverso l’altro fondatore, Maurizio Belli, ha fatto da advisor per la “cessione del Palermo agli inglesi”. E qui il rompicapo si fa irrisolvibile. Perché nel comunicato di dimissioni Richardson e gli inglesi dicono di essere stati consulenti del socio (Facile) del consulente (Belli) che ha consentito la cessione a Richardson e agli inglesi. No, non è una cosa seria. Ma rischia d’essere tragica, per il Palermo e per la sua gente.
    @pippoevai

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