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  • Guardiola si accontenta e sbaglia, ma né il City, né il Tottenham possono spaventare la Juve

    Guardiola si accontenta e sbaglia, ma né il City, né il Tottenham possono spaventare la Juve

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Anche i più grandi sbagliano. Mai e poi mai avrei pensato di dover scrivere che Pep Guardiola si sarebbe accontetato di un brutto pareggio esterno. Invece, nel quarto di finale di andata tra il Tottenham e il Manchester City, stava andando proprio così.

    Il gol di Son, che ha deciso la partita, è arrivato al 78’. I cambi dell’allenatore catalano del City, quelli che avrebbero potuto spostare il peso del confronto, ben undici minuti dopo. Sané ha preso il posto di Mahrez e De Bruyne quello di David Silva.

    “Troppo tardi” hanno detto Massimo Marianella e Massimo Ambrosini commentando in diretta. In realtà non parlavano della causa, ma dell’effetto. Guardiola non ha fatto entrare prima due grandi giocatori che teneva in panchina per la semplice ragione che lo 0-0 gli stava bene. E, chissà perché, non ha pensato che ci fosse ragione per forzarlo. Un errore imperdonabile.
    Perchè, nonostante non si sia visto, il City è più forte del Tottenham, ha una rosa più vasta e qualitativa, Gabriel Jesus (in campo a venti minuti dalla fine al posto di Aguero), se servito in profondità, sa attaccare meglio dell’argentino.

    Già, il Kun. In avvio di partita ha sbagliato un calcio di rigore (respinta di Lloris) e poi ne ha pagato le conseguenze con una prestazione modesta, senza guizzi e senza luce, un po’ solitudine e un po’ rimpianto. Se realizzato (ma Aguero ne ha falliti undici da quando è al City) quel rigore avrebbe presumibilmente indirizzato la partita e la qualificazione. Invece adesso tutto è in bilico.

    Il Manchester City ha i mezzi per imporre una rimonta non impossibile. Il Tottenham, invece, pur partendo in vantaggio, non potrà disporre di Kane, azzoppato da un orribile intervento di Delph lungo la linea laterale. Il terzino di Guardiola, del tutto involontariamente ma con una vigoria  sproporzionata, ha ficcato i tacchetti della sua scarpa destra nelle carni della caviglia sinistra di Kane che, soccorso a braccia, è uscito immeditamente dal campo sostituito da Lucas Moura. Mancava più di mezz’ora alla fine e tirava un’aria strana.

    Un Tottenham senza Kane è una squadra dimezzata, ma quello che ha incendiato la notte nel nuovo stadio dei londinesi è stato lo spirito di gruppo, il sacrificio di Sissoko (per me il migliore) e Winks, le corse di Dele Alli, la geometria di Erikssen. È stato suo il passaggio che, sul filo del fuorigioco, ha liberato Son all’ingresso dell’area sfondando sulla destra. Il coreano ha avuto un secondo controllo poco felice e, nonostante questo, è riuscito a tenere la palla in campo, l’ha difesa sull’uscita di Ederson, si è accentrato prima di esplodere un sinistro che ha fulminato il portiere avversario. Azione di volontà e potenza, favorita però da una grave esitazione di Delph che si è fatto saltare da Son in modo fin troppo facile.

    Il risultato conta più di una partita oggettivamente brutta. A sistemi di gioco diversi (4-2-3-1 per il Tottenham, 4-3-3 per il City) non hanno corrisposto diversi atteggiamenti: squadre attente a non sbilanciarsi, confronto più bloccato che fluido, molto palleggio per Guardiola, qualche ripartenza per Pochettino. Chi l’ha vista si aspettava di più.

    Magari sarà diversa la partita di ritorno, forse capiremo meglio la complessità del gioco di Guardiola, ma se la Juve dovesse arrivare in semifinale, non affronterà ostacoli insormontabili. Anzi, a volerla dire tutta, tra le squadre viste finora, è proprio l’Aiax la più bella e la più temibile.
    Per questa ragione è prematuro fare salti in avanti.

    Il Manchester City, nonostante la sconfitta, resta una favorita per la vittoria finale, il Tottenham un outsider che prima o poi qualcosa vincerà. Magari non subito, ma la crescita c’è e la si vede ogni anno che passa. Lavoro lento e silenzioso. Pagherà.
     

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