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  • Il calcio italiano gioisce per il mercato, ma la Serie C è a un passo dal baratro
Il calcio italiano gioisce per il mercato, ma la Serie C è a un passo dal baratro

Il calcio italiano gioisce per il mercato, ma la Serie C è a un passo dal baratro

  • Andrea Robertazzi
La partenza della Serie C al 10 di agosto resta ancora in bilico. E questa condizione di assoluta incertezza sarebbe sufficiente di per sé a spingere i vertici del nostro sistema calcio ad operare una riforma nel più breve tempo possibile. Non solo, perché tutti i problemi legati ai fallimenti delle società, ai mancati stipendi, alle penalizzazioni e alle sanzioni amministrative restano a fare da tetro sfondo ad una Serie C governata sempre più dalle incertezze. Già, perché anche se alla fine il campionato partirà, nessuno dei problemi sarà stato risolto davvero, anzi. La Federazione sta proseguendo nella sua linea di noncuranza verso quelli che sono problemi patologici del sistema, che si riflettono in modo gravissimo anche sulle categorie superiori, come dimostra il caos legato ai ripescaggi in Serie B.

TORNANO CATANIA E NOVARA? - Diversi club della serie cadetta hanno chiesto ufficialmente che vengano annullati i ripescaggi in modo da trasformare la B in un campionato a 19 squadre. A farne le spese sarebbero in primo luogo Catania e Novara, che erano ormai certe di un posto, e che tornerebbero ai blocchi di partenza in Serie C; dal punto di vista della fu Lega Pro questa sarebbe una sorta di manna dal cielo, perché aiuterebbe non poco alla compilazione del tabellone che sta creando tantissime difficoltà a Gravina e colleghi, ancora impegnati nella ricerca di società che rispettino i parametri previsti della Lega (con la minaccia da parte degli altri club, in caso di accettazione di squadre che non soddisfino i requisiti, di bloccare il campionato). Il ritorno delle ripescate, insomma, aiuterebbe la Serie C ad aggirare il problema. Senza, ovviamente, risolverlo. 

RIFORMA - Sulle righe di questa rubrica la necessità, impellente e ormai inderogabile, di una riforma del sistema è stata indicata per mesi come unica soluzione ai problemi che affliggono il nostro calcio. Osservando con attenzione il campionato di Serie C emerge in modo netto ed evidente che le normative federali non sono più adeguate alle situazioni delle società; senza contare che un campionato con quasi 60 squadre ‘professioniste’ (per definizione, ma non de facto) è assolutamente insostenibile. Per quale motivo? Perché non esistono 60 società di Serie C in grado di affrontare i costi e gli oneri gestionali imposti dal professionismo. Il primo, fondamentale, step sarebbe quindi quello di ridurre il numero delle partecipanti, eliminando alla radice il problema delle società ‘fantoccio’, salvate a stagione in corso dai tribunali pur di non falsare il campionato (come accaduto con il Vicenza). Dopodiché diventerà fondamentale valutare un riassetto delle normative che sono alla base dell’organizzazione del campionato, della Lega e degli organi incaricati di far rispettare tali norme. Il vero problema, come più e più volte ripetuto, non sono le società, ma il contesto inadeguato nel quale si trovano ad operare. In questa estate di fuoco si è arrivati a toccare il fondo, ma la misura era colma da tempo. Una situazione di questo tipo era preventivabile e le istituzioni non possono più nascondersi dietro ad un dito: la Serie C e più in generale il sistema calcio hanno disperato bisogno di un cambiamento di rotta, perché seguendo questo linea si arriverà presto al collasso del calco italiano per come lo conosciamo. E mentre i tifosi esultano e applaudono, accecati dagli splendidi colpi di mercato dei top club di Serie A, il nostro calcio continua a marcire nelle serie inferiori, senza che nessuno, o quasi, si alzi in piedi per protestare.

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