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  • Il caso Allegri-Adani e non solo: basta coi numeri, il calcio non sarà mai teoria!

    Il caso Allegri-Adani e non solo: basta coi numeri, il calcio non sarà mai teoria!

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Premessa fondamentale: la lite tra Adani e Allegri è soltanto un pretesto per spiegare le enormi differenze tra il calcio che si gioca in campo e quello che si commenta in tv. Il problema non è legato al curriculum dei vari interpreti, perché il discorso vale anche se l’allenatore è al suo primo anno in panchina e non ha vinto sei scudetti come Allegri, oppure se chi esprime opinioni in uno studio televisivo è un ex giocatore che ha conquistato la Champions al contrario di Adani.

    Molto più semplicemente, sorvolando sui toni accesi dei due litiganti in tv dopo Inter-Juventus, siamo convinti che il vero calcio sia quello del campo, pratico cioè e non teorico come quello che si giudica in tv. E per questo siamo sempre dalla parte di chi vince o perde in panchina, piuttosto che da quella molto più comoda di chi si aggrappa ai numeri per analizzare una partita.

    Perché un conto sono le domande legittime, specie quando sono chiare e interpretano i pensieri della gente a casa, un altro le conclusioni puramente teoriche che spesso non trovano riscontro nella pratica, proprio perché il calcio non è una scienza esatta e per fortuna sfugge alla logica, o alla matematica per cui due più due fa sempre quattro.

    Il bello del calcio, infatti, è proprio l’imprevedibilità dei risultati, perché è vero che in un campionato alla distanza vince la Juventus e non la Spal, ma in una singola partita può capitare, come è appena capitato, che la Spal batta la Juventus, tra l’altro dopo essere stata in svantaggio, al di là della distrazione di chi pensa alla Champions e delle relativa formazione.

    E allora per dimostrare quanto siano fasulli, fuorvianti e quindi del tutto inutili, certi numeri applicati al calcio che invece vengono spesso sottolineati da chi giudica le partite in tv, ecco soltanto alcuni degli esempi più clamorosi che riguardano le nostre squadre più forti, impegnate in campionato o in Champions.

    Dieci anni fa, l’Inter di Mourinho vinse 5-0 sul campo del Genoa di Gasperini, ma il possesso palla sembrava premiare i padroni di casa con il 53%. Anche i contrasti vinti erano favorevoli ai rossoblù: 23-20. E persino gli angoli indicavano una teorica supremazia di Palacio e compagni: 5-2. Teorica, appunto, perché una squadra che vince 5-0 con cinque marcatori (Cambiasso, Balotelli, Stankovic, Vieira, Maicon) dimostra che contano altri valori, come la velocità, la precisione e la qualità dei giocatori, non uno soltanto, con tanti saluti alle analisi basate sul possesso-palla, principe di tutti i dati.

    Passiamo alla Champions e soprattutto alla Juventus, soffermandoci sulle due partite che le sono costate l’eliminazione, un anno fa e pochi giorni fa. Real Madrid-Juventus finì con un clamoroso 1-3 e un sorprendente dominio bianconero al “Bernabeu”, ma con un possesso-palla del 61,5 % a favore dei padroni di casa e un baricentro “medio” di 52,4, metri mentre Higuain e compagni avevano avuto soltanto il 38,5% di possesso palla con un baricentro “molto basso” di 43,2 metri. Musica invariata con Cristiano Ronaldo, perché nell’umiliante sconfitta contro l’Ajax, a Torino, la Juventus ha avuto la maggioranza nel possesso palla 50,9% con un baricentro “alto” di 54,3 metri, mentre quello dell’Ajax era “molto basso”: 43,9.

    Chiudiamo con l’ultima sfida di campionato per arrivare in Champions tra Torino e Milan, stravinta 2-0 dalla squadra di Mazzarri. Guarda caso anche qui i granata hanno perso sia a livello di possesso palla 42,3 % contro il 57,7 % dei rossoneri, sia come numero di angoli (4-9).

    E allora? E’ inutile accusare chi perde di avere numeri a sfavore. Il calcio del campo dimostra, come abbiano appena visto, che questi numeri non contano nulla. Ecco perché, a proposito del Torino, ci tornano in mente le parole del grande Gigi Radice che vinse l’ultimo scudetto sulla panchina granata nel 1976. “Parliamo di calcio”, diceva a chi cercava la polemica, quando non esistevano ancora i salotti televisivi. E allora parliamo di calcio, appunto, lasciando i numeri a chi insegna matematica nelle scuole. Perché il calcio non sarà mai teoria. Per fortuna.

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