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  • Il tifo che ci piace e il preoccupante salotto del Wanda: il racconto della finale di Madrid

    Il tifo che ci piace e il preoccupante salotto del Wanda: il racconto della finale di Madrid

    • Federico Zanon, inviato a Madrid
    Una finale strana, una finale attesa. Dal Tottenham, che non gioca un ultimo atto di una Coppa europea dal 1984 (vittoria in Coppa UEFA contro l’Anderlecht), dal Liverpool, a caccia della resurrezione dopo gli orrori di Karius, che un anno fa sono costati la sconfitta di Kiev contro il Real Madrid. Si gioca a Madrid, per una notte capitale dell’Impero Britannico e ombelico del mondo calcistico. “A Madrid nessuno va a letto prima di avere ucciso la notte” scriveva Hemingway, gli inglesi fanno loro il pensiero, modificandolo a loro piacimento. Prendono possesso della città h24, una città che si colora di bianco e soprattutto rosso, perché quelli in red sono decisamente di più. Dal Retiro a Plaza Mayor, da Sol al Wanda Metropolitano, il Mar Rosso per tre giorni è in Spagna, non in Egitto. Cantano, bevono, ballano, tra di loro e con i rivali degli Spurs, con i quali non si va oltre i beceri sfottò. E’ il tifo che ci piace, quello passionale, quello per cui conta solo la propria squadra del cuore.

    PASSIONE ROSSA - Passano i giorni, si avvicina la partita e crescono di numero (così come si allunga il tappeto di lattine). Da Anfield (e non solo) arrivano in 50 mila, più di un terzo dei quali senza biglietto. Cercano il secondary ticket, ma quelli disponibili sul mercato nero sono pochi e costosissimi, fino a 5 (cinquemila) sterline. Sabato, il giorno X, inizia come al solito, birra, birra, birra e birra, anche se con il passare delle ore sale la tensione. Il Liverpool è abituato, il Tottenham no. C’è chi prega, chi gioca con il telefonino “perché manca troppo e non so più cosa fare”,  c’è chi si affida ai portafortuna, come la maglia di Bale con il numero 3, stagione 2008-2009 “perché ha già segnato al Liverpool in una finale di Champions”. Alle 16, in un caldo africano, sono tutti in zona Estadio Metropolitano (non cercatelo sulla mappa della metro con il nome dello sponsor, Wanda, non lo troverete), molti dei quali a caccia del tanto agognato posto nel salotto dell’Europa. La polizia, schierata in massa, è costretta a caricare a cavallo per allontanare quei tifosi che si ammassano ai cancelli e all’accreditaton center, senza averne diritto. Chi ha la fortuna (e i soldi, perché ormai è soprattutto una questione di money) di entrare prende posto in uno stadio favoloso, funzionale, all’avanguardia, ma abbastanza anonimo, come Emirates o Wembley.

    CALCIO A TEATRO - Dentro sembra di stare a teatro. Da brividi, come sempre, il “You’ll Never Walk Alone” d’inizio gara, d’applausi quando sale di tono il “The Spurs Go Marching in”, poi il nulla cosmico. Dimenticatevi il supporto trascinante, il match viene guardato, non vissuto. Gioca meglio il Tottenham, vince il Liverpool, che alza al cielo al suo sesta Coppa dei Campioni/Champions League. Il popolo in red inizia la festa (meno entusiasmante di altre edizioni, vedi Istanbul), i tifosi del Tottenham escono dallo stadio a testa bassa, con il volto di chi non sa quando avrà la prossima occasione. Chi non ha la fortuna di restare a Madrid si muove, composto, verso l’aeroporto. Che abbia vinto o perso fa poca differenza. Cambia l’umore, chi è campione d’Europa e chi pensa a quello che sarebbe potuto essere, ma in entrambi i casi mancano guizzi o eccessi. Qualche ora di sonno, per terra o sulle scomode poltrone di Barajas, stremati, in attesa del proprio volo all’alba. Quando Madrid sarà solo un ricordo.

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