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  • Inter, perché Vidal è fondamentale per Conte
Inter, perché Vidal è fondamentale per Conte

Inter, perché Vidal è fondamentale per Conte

  • Luca Bedogni
    Luca Bedogni
Jupp Heynckes, Antonio Conte, Massimiliano Allegri, Pep Guardiola, Carletto Ancelotti, Ernesto Valverde, Quique Setién: cosa accomuna tutti questi grandi allenatori? Un cileno. Arturo Vidal. Onestamente però, quando pensiamo a questo giocatore straordinario ci viene subito in mente Antonio Conte. Per lo meno qui in Italia funziona così, è una specie di equazione, un rispecchiamento, un’allusione involontaria. Due cose infatti sono certe al mondo: la morte e una reunion tra Conte e Vidal. “Conte come allenatore è una macchina, tatticamente è il numero uno". Se ve lo dice uno che è stato allenato da tutti quei personaggi lassù, un Vidal appunto, con quel bagaglio di conoscenze calcistiche lì, i casi sono due: o ha ragione o è ancora stracotto, innamorato perso di quel triennio bianconero. Un amore corrisposto in quanto il tecnico leccese lo reputa ancor oggi e a sua volta “il numero uno” dei centrocampisti offensivi, il profilo ideale da portare all’Inter per colmare il gap con la Juve. Perché dunque Vidal è così fondamentale per Antonio Conte?
 
MOLTO PIÙ CHE MEZZALA – Innanzitutto perché Vidal ha tempi di inserimento fantastici che si adattano a meraviglia al 3-5-2, e in particolare al 3-5-2 di Conte. Torniamo indietro nel tempo. La miglior stagione di Vidal a Torino si aprì con una doppietta alla Lazio (4-1). Era il 31 agosto 2013, seconda giornata di campionato, la prima dei bianconeri allo Juventus Stadium. Entrambe le reti che il cileno realizzò quel giorno possono offrirci un valido spunto di riflessione. Questa, l’azione da cui nacque la prima.    



Uno scambio corto sul centrosinistra tra Pogba e Tevez taglia fuori Biglia. Asamoah e Lichtsteiner sono i famosi quinti di Conte, gli Young e D’Ambrosio della situazione: stanno larghi a fissare l’ampiezza e consentono così alle due punte e alle due mezzali di ‘manipolare’ la difesa avversaria attraverso associazioni, movimenti incontro e attacchi alla profondità. In questo caso Pogba, ricevuta la sponda di Tevez, alza la testa e assiste splendidamente Vidal con un tocco morbido sopra l’ultima linea dei biancocelesti. Sembra tutto semplice, tutto molto fluido, insomma un buco difensivo perforato banalmente. In realtà l’inserimento di Arturo è una corsa tutt’altro che lineare. Oltre allo spazio infatti c’è il tempo da considerare, e Vidal è un ottimo conoscitore dell’uno e dell’altro. Modifica perciò direzione e velocità, accordandole al controllo del pallone del compagno. Infine crea un angolo estremo per la giocata di Pogba evitando di prolungare il taglio per non costringerlo a incrociare il lancio.   



Lo stop volante è una delle sue figure tipiche dentro l’area avversaria. Mosse che vedi soltanto nelle partite di Vidal, oppure giocando a Street Fighter.  



In questo caso poi l’idea del tocco in controbalzo, d’esterno, per fregare l’uscita di Marchetti aggiunge spessore alla sequenza. Arturo è freddo, intelligente sottoporta.   



Poco dopo arrivò la doppietta, sempre nel primo tempo. Vidal attacca più o meno lo stesso spazio, ma il lancio stavolta proviene dalla prima linea di costruzione. Cambiano dunque le misure e le proporzioni dell’inserimento. Non c’è più un tocco morbido e millimetrico in zona di rifinitura da parte di un compagno di reparto, bensì una palla lunga scagliata da uno dei tre centrali. Bonucci naturalmente. Pensiamo oggi a certi mancini dell’Inter, a un Bastoni, al Kolarov appena preso (nella Roma ha fatto pure il braccetto di sinistra nell’ultimo periodo). Ma Bonucci qui lo fa partendo da posizione centrale, quindi potremmo immaginare anche un De Vrij. Ebbene, su una ‘palla aperta’ del genere, a prescindere, in attacco servono movimenti coordinati schietti e precisi nel gioco di Conte. Come lo sono questi di Vucinic e Vidal. Uno attrae l’altro attacca. Inutile dire che un conto è avere Vecino o Gagliardini a farli, ma anche Barella stesso (per tacere di Eriksen), un conto è avere Arturo Erasmo Vidal Pardo, nato a Santiago del Cile il 22 maggio 1987.  



IL TIRO DA FUORI – Già nell’anno di Allegri, l’ultimo di Arturo in bianconero, ma soprattutto poi con Guardiola, nella stagione 15/16, si nota una differenza. A parte il numero di gol praticamente dimezzato (da 11 in campionato passa a 7 con Max e addirittura a 4 con Pep), cambia in parte il modo di segnare di Vidal. Più rimorchi, più tiri da fuori area. Eccolo al Merck-Stadion am Böllenfalltor, lo strano impianto sportivo di Darmstadt, a segno dalla distanza contro i gigli (die Lillen). È la sua prima rete in Bundes alla corte di Guardiola (19/9/2015).



DI TESTA – Parentesi di Guardiola a parte, una costante sottotraccia rimangono i gol di testa, che Vidal riprende a fare dall’anno dopo, quando in panchina arriva Carletto Ancelotti. La vittima in questo caso è il Borussia Mönchengladbach (22/10/16).
 


Il colpo di testa è un fondamentale che farà comodo anche al Barça. Per riempire meglio l’area si intende e offrire comunque una soluzione aerea su azione a Messi e compagni. Ricordate il 5-1 nel Clásico del 28 ottobre 2018?  
 
3-5-2 O 3-4-1-2? MEZZALA O TREQUARTISTA? – Infine possiamo chiederci se la versione interista di Vidal, qualora Vidal arrivasse a Milano per davvero, sarà da mezzala nel 3-5-2 o da trequarti nel 3-4-1-2. In attesa di ulteriori sviluppi di mercato per quel che riguarda lui e la pista Kanté, possiamo semplicemente dire che Arturo ha ormai talmente tante conoscenze tattiche, che non sarebbe certo un problema nel suo caso switchare da una modalità all’altra. In particolare dopo questi ultimi due anni al Barcellona, dove è stato una specie di jolly nel calcio fluido dei blaugrana. Eccolo mentre, pallone a Messi, concepisce un inserimento centrale sfruttando le posizioni di Suarez e Ansu Fati.



Sulla sterzata di Messi, Arturo buca la coppia di centrali passando tra il suo centravanti e il giovane esterno di sinistra, quasi fossero due punte. Messi vede e col suo mancino gli alza il pallone in profondità, nel cuore dell’area. Ricordate il movimento coordinato con Vucinic di cui si è parlato sopra? Vidal al Barça (e non solo) lo ha applicato senza corsia di riferimento (come faceva ai tempi di Conte), ovvero a prescindere dal ruolo e da una posizione specifica. Anche perché Messi è mancino, e questo cambia un po’ di carte in tavola, rovescia le cose, la direzione del gioco.    



Ma in un modo o nell’altro Vidal ci arriva sempre coi suoi calci volanti. E questo Conte lo sa bene, lo sa meglio di tutti.


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