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  • L'addio di Gattuso e le parole di Gazidis lanciano l'allarme sul futuro del Milan

    L'addio di Gattuso e le parole di Gazidis lanciano l'allarme sul futuro del Milan

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    C’è una società che ha un progetto, con uomini nuovi ma di provata esperienza, come l’Inter che si affida in ruoli diversi a Marotta, Conte e Oriali. E c’è un’altra società, come il Milan, che nella stessa città e nello stadio, dice di avere un progetto, ma non ha ancora individuato tutti i nuovi interpreti per realizzarlo. Una settimana fa, in questa rubrica, esprimevamo i nostri dubbi sull’arrivo di Campos, definito un “mago delle plusvalenze”, ma non immaginavamo che a distanza di così pochi giorni il futuro del Milan potesse apparire ancora più incerto. E quando parliamo del Milan ci riferiamo alla squadra, perché ai tifosi che vanno a San Siro, o guardano le partite in tv, interessa la squadra, non il fatturato. Certamente il bilancio è importante e le sanzioni in arrivo dall’Uefa lo confermano. Ma il bilancio non è tutto. O meglio, non è tutto se si vuole costruire una squadra per vincere lo scudetto o la Champions, perché questi erano, e spiace usare l’imperfetto, gli obiettivi del Milan, dalla prima coppa dei Campioni vinta con Rocco all’ultima con Ancelotti in panchina. 

    Il fondo Elliott ha avuto il grande merito di salvare il Milan dal naufragio economico e sportivo l’estate scorsa. Poi, però, non avendo competenza calcistica, ha pensato che bastassero grandi nomi, come Leonardo e Maldini, per portare la squadra al quarto posto e si è affidato a un manager straniero come Gazidis per ristrutturare la società. Sembrava tutto bello e tutto facile, ma il calcio non è un’azienda come le altre, in cui due più due fa sempre quattro e così, dopo l’euforia iniziale, il quinto posto finale ha riportato tutti sulla terra. Leonardo, ormai depotenziato da Gazidis, ha dato le dimissioni, ma soprattutto per altri motivi le ha date Gattuso. E proprio le sue dimissioni sono un pericoloso campanello d’allarme per il futuro del Milan. Perché Gattuso, avendo capito che i programmi di Elliott, quindi di Gazidis, non consentono un rilancio immediato della squadra, non era disposto a fare figuracce, o quanto meno a illudere i tifosi.

    Le parole di Gazidis, infatti, sono state chiare: per colpa delle gestioni precedenti, dall’ultimo Berlusconi all’unico cinese, il Milan ha grossi problemi economici e quindi non potendo acquistare nemmeno un “top player” deve crescere soltanto con i giovani, senza promettere risultati immediati. Peccato, però, che i giovani bravi, tipo Barella, costano 50 milioni, mentre quelli che costano meno ed erano già in casa sono retrocessi con la Primavera del Milan, come non era mai successo prima. E quindi con quali nuovi giovani può crescere il Milan e soprattutto quanti abbonamenti faranno i tifosi rossoneri se sanno in partenza che non si può sognare di lottare per lo scudetto o almeno per il quarto posto? Ecco perché l’addio di Gattuso preoccupa pensando al futuro. Ed ecco perché sta riflettendo anche un altro grande ex come Maldini, che tra l’altro non ha mai avuto un ruolo operativo in nessun club da quando ha lasciato il campo, e quindi rischia di essere confermato soltanto come elemento di continuità con il passato, in chiara contraddizione però con le parole di Gazidis, secondo il quale bisogna pensare al futuro e non al passato.

    Ma il futuro non sono soltanto le “app” che il Milan non ha, o i progetti sempre rinviati per il nuovo stadio, perché se il Milan ha ancora un nome nel mondo è per il suo passato, non per il suo deludente presente e tantomeno per il suo incerto futuro. I ricavi dal cosiddetto “commerciale”, infatti, servono alla società, ma non bastano per far vincere la squadra e l’esempio è proprio quello dell’Arsenal, in cui Gazidis ha lavorato dal 2008 come amministratore delegato. Peccato che da allora l’Arsenal (finalista di Champions due anni prima) non abbia vinto né un campionato, né una coppa internazionale, né tantomeno sia tornato in finale di Champions, malgrado il suo nuovo grande e bellissimo Emirates Stadium. Perché non ci stancheremo di sottolineare che conta più il quadro della cornice e il quadro è la squadra, cioè i giocatori. Meglio ancora se campioni. 
     

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