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  • L'Ajax di ten Hag è favoloso, ma il Milan di Sacchi era un'altra cosa

    L'Ajax di ten Hag è favoloso, ma il Milan di Sacchi era un'altra cosa

    • Alberto Polverosi
      Alberto Polverosi
    Quando una squadra che gioca il calcio dell’Ajax perde e viene eliminata il dibattito che potrebbe scaturire e migliorare almeno il pensiero di questo gioco si blocca subito: conta solo il risultato. Ecco perché la fantastica vittoria sul Real a Madrid e la conseguente qualificazione degli olandesi ai quarti di finale della Champions League ci porta su un terreno finora frequentato solo dalle squadre dei club più ricchi, il Milan di Sacchi, il Barcellona e il Manchester City di Guardiola. Per noi l’Ajax di Erik Ten Hag (nome ai più sconosciuti, ma presto non sarà più così) è invece la sublimazione del calcio dei meno ricchi, è il proseguimento, il miglioramento, il perfezionamento del Foggia di Zeman, del Chievo di Del Neri, del Vicenza di Guidolin, dell’Empoli di Sarri. Vi sembra riduttivo? Sbagliate. 

    L’accostamento col Milan di Sacchi, che proprio al Bernabeu toccò uno dei punti più alti della sua esistenza, è corretto per l’aspetto tattico, del dominio del gioco, del ritmo, della famosa intensità e della padronanza tecnica. Quella squadra aveva però dei campioni conclamati. Facciamo l’esempio di Van Basten: quando arrivò al Milan (proprio dall’Ajax), era chiaro a tutti che avrebbe lottato e magari vinto (come poi accadde per tre volte) il Pallone d’Oro, le sue qualità erano già note. Se avesse giocato nella Juventus di Trapattoni, anziché nel Milan di Sacchi, probabilmente avrebbe mostrato le stesse doti straordinarie. Sennò prendiamo Gullit: se avesse giocato nel Napoli di Maradona al posto di Bagni non sarebbe stato lo stesso un mostro di tecnica e atletica? Probabilmente sì.

    Da questa parte prendiamo invece il serbo Tadic. Il giocatore che abbiamo ammirato nelle ultime due partite di Champions League è fra i primi 5 d’Europa, quanto a tecnica, personalità, creatività e capacità di determinare il risultato (un gol-capolavoro, un assist-capolavoro e un assist ben fatto in 90 minuti). La partita che ha giocato al Bernabeu forse non l’ha giocata nemmeno Messi. Dusan Tadic ha già compiuto trent’anni, prima di arrivare all’Ajax la scorsa estate ha giocato nel Vojvodina, nel Groningen, nel Twente e nel Southampton dove ha segnato 21 gol in 134 partite, una media da giocatore di medio-basso livello, come i club che lo hanno acquistato. Poi va all’Ajax ed esplode. A trent’anni. 

    Ecco la differenza. Sacchi si batteva e si batte tuttora per dimostrare che nel suo Milan era il gioco ad esaltare i giocatori, in realtà quella squadra aveva così tanti campioni di livello assoluto che il collettivo faticava ad avere la supremazia sui talenti individuali. Era l’insieme che funzionava ed esaltava quella squadra. E’ l’Ajax, invece, l’essenza del pensiero sacchiano, è la sua verità, è il dogma di Arrigo che ha preso forma e consistenza. Qui non c’è dubbio che sia il gioco ad esaltare il singolo, altrimenti Tadic avrebbe fatto il fenomeno ben prima dei trent’anni. La riprova potrebbe arrivare se il serbo lasciasse i lancieri per un grande club. In tutta franchezza, gli suggeriamo di non farlo: sta in quella squadra come la Gioconda al Louvre. D’accordo, l’Ajax ha dei giovani pazzeschi, pensiamo a De Ligt e Frenkie De Jong, già acquistato dal Barcellona, ma sono ragazzi cresciuti in casa, prodotti di uno dei vivai più generosi al mondo. E in questo caso sta bene l’accostamento col Milan di Arrigo che aveva Baresi, Costacurta e Maldini, i ragazzi del settore giovanile rossonero.

    Il calcio dell’Ajax ha entusiasmato la gente, l’ha trascinata dalla sua parte. Confessiamo di aver tifato spudoratamente per i lancieri nelle due partite contro il Real Madrid. Da una parte c’era il calcio immobile ed elitario, sviluppato nell’opulenza di una società che ha occupato l’Europa fin dall’inizio delle coppe; dall’altra lo sforzo del lavoro, la fiducia nelle idee, l’esaltazione di un gioco fantastico col quale si poteva mettere a tacere campioni consumati e con la pancia piena di vittorie. L’Ajax era la dimostrazione che anche a quei livelli il denaro non può tutto. Il merito più grande di questa squadra è aver sovvertito un’idea di tutti imponendo un’idea sua. Aspettiamo i quarti di finale con la stessa divertita impazienza con cui si aspetta la nuova puntata di una serie tv che ci appassiona. Chi ha scelto Tottenham-Borussia, la prossima volta non sbagli canale.

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