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  • L'intesa Sky-Mediaset rimette in gioco i diritti tv. La risposta di Mediapro

    L'intesa Sky-Mediaset rimette in gioco i diritti tv. La risposta di Mediapro

    L'alleanza a sorpresa tra Sky e Mediaset rimescola le carte della partita dei diritti tv del calcio, disinnesca una volta per tutte la mina Premium nei conti del Biscione e rende (forse) un po’ più facile la tregua tra Silvio Berlusconi e Vincent Bolloré. Un braccio di ferro che dura da quasi due anni e nel quale potrebbe giocare un ruolo, Elliott permettendo, anche Telecom Italia. L’accordo siglato tra Rupert Murdoch e Arcore ha un valore che va ben oltre i suoi contenuti commerciali immediati. E rappresenta una rivoluzione soprattutto in casa Mediaset. Il Biscione — come aveva promesso — inizia a scaricare un po’ della zavorra della tv a pagamento e si tiene aperta una finestra tra novembre e dicembre 2018 per cedere a Murdoch la parte più onerosa di Premium. La pay-tv — ha ripetuto più volte Pier Silvio Berlusconi — era nata proprio per arginare lo sbarco di Sky in Italia. Le cose però non sono andate esattamente come speravano a Cologno.

    Il progetto si è rivelata un pozzo senza fondo. Premium ha bruciato in tredici anni, secondo le stime, 850 milioni di perdite. L’ex-Cavaliere sperava di aver risolto tutti i suoi problemi a inizio 2016, quando — nell’ambito del maxi-accordo con Vivendi — aveva girato la patata bollente della pay a Bolloré. Le nozze tra Arcore e Parigi si sono però trasformate subito in un incubo. I transalpini, hanno stracciato il contratto d’acquisto della rete a pagamento — «Ce l’hanno venduta come una Ferrari, abbiamo scoperto che era una Punto», ha detto tranchant l’ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine — e hanno provato a scalare Mediaset. E da allora è iniziata una battaglia legale miliardaria ancora in alto mare. L’accordo con Sky spariglia il gioco e lascia aperte a Cologno due strade: la prima è uscire (o quasi) dalla pay-tv, girandone a fine anno le chiavi ai neoalleati e tenendosi le attività — come smart-card e clienti — che Murdoch per legge non può rilevare. La seconda è rimanere padrone di una Premium ridimensionata che affitta la piattaforma a operatori terzi — come ha fatto con Murdoch — per ridurre drasticamente i costi e aumentare («almeno di 200 milioni» sperano al Biscione) i profitti di gruppo.

    Ritornando in gioco per i diritti della Serie A solo con “offerte opportunistiche”, ovvero senza svenarsi. Sky e Mediaset confermano per ora che sul fronte del calcio continueranno a a giocare due partite separate. Mediapro, però, che si è aggiudicata il bando da intermediari unici — e ha già versato alla Lega 50 milioni più Iva (64 in tutto) di anticipo è già in allarme. Gli spagnoli sono convinti che le due aziende al momento di sedersi al tavolo della trattativa agiranno in sinergia e punteranno a una riduzione del valore. Insomma, offriranno complessivamente molto meno di quel miliardo e cinquanta che loro hanno promesso alla Lega (e che dovranno a breve garantire con una fideiussione). Per questo motivo, ancora ieri sera, stavano considerando l’ipotesi di rinviare la pubblicazione — prevista per oggi — dello schema dei pacchetti in cui suddivideranno la Serie A per venderla al maggior prezzo. E di puntare ancora più forte su quello che era il progetto originario: quello del canale della Lega. Se il mercato dei broadcaster si riduce — ragionano gli spagnoli — meglio puntare direttamente a quello dei telespettatori. Magari affittando (in revenue sharing) proprio i canali del nuovo soggetto.

    L’alleanza siglata ieri sera lascia invece il cerino in mano a Bolloré. In teoria, con Premium più vicina all’orbita di Sky, Arcore e Parigi potrebbero trovare più facilmente la quadra per un accordo a tutto campo sui contenuti. L’incognita però è come finirà il braccio di ferro tra Vivendi e Elliott su Tim. È ovvio che se l’ex-monopolio scorporerà la rete sarà più semplice unire i suoi destini a quelli del Biscione, come a Mediaset sperano da anni, chiudendo con le giuste compensazioni le cause di questi mesi a Parigi. Ma è da vedere se nella stanza dei bottoni di Telecom tra poche settimane — viste le tensioni nell’azionariato — ci sarà ancora il finanziere francese o se al suo posto sarà arrivato qualcun altro.

    (Ettore Livini e Marco Mensurati per La Repubblica)

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