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  • La Fifa e la riforma per arginare il potere degli agenti e i prestiti: una roba tutta da ridere

    La Fifa e la riforma per arginare il potere degli agenti e i prestiti: una roba tutta da ridere

    • Pippo Russo
      Pippo Russo
    Dalle indiscrezioni all'annuncio. Dopo aver messo in moto il proprio Football Stakeholders Committee (la cui vicepresidente è Evelina Christillin), la Fifa ha annunciato le linee guida da applicare per risolvere alcuni dei punti più critici in materia di players trading. Nello specifico, lo strapotere degli agenti e l'eccessivo ricorso ai prestiti di calciatori. Il pacchetto di misure proposte dalla task force sul sistema dei trasferimenti, che verrà proposto al vaglio del Consiglio Fifa convocato per il prossimo 24 ottobre. Impressione generale? Meglio che ripartano da zero e affrontino i problemi per risolverli sul serio, e non soltanto per dare l'impressione di provare a risolverli. Ma guardiamo il dettaglio.

    La regolamentazione degli intermediari – Sul versante che riguarda gli agenti, dalla Fifa giunge il definitivo mea culpa a proposito della deregulation voluta dal colonnello Blatter nel 2015. Allora venne deciso che per lavorare da intermediari nel mondo del calcio non fosse più necessario possedere una licenza Fifa, e che la (scarna) regolamentazione della nuova classe di intermediari venisse demandata alle singole federazioni nazionali. Che hanno proceduto in modo parecchio empirico (eufemismo), intanto che i ranghi degli intermediari crescevano a dismisura. Adesso il presidente Infantino vuol tornare a una forma di regolazione che fermi il Far West, e infatti tra le misure proposte c'è quella del ritorno alla licenza obbligatoria, con aggiunta della necessità di formazione continua. Un principio che non può non trovarci d'accordo. E tuttavia si pone il problema di chi abbia acquisito dei diritti fra il 2015 e il 2019, dopo essersi inserito da intermediario senza licenza avendone facoltà regolamentare. Come noi di Calciomercato.com abbiamo documentato, i tentativi da parte di Coni e Figc di regolarizzare questo vasto gruppo di persone hanno destato pesanti perplessità. Bisogna che in sede Fifa usino qualche cautela in più, su questo fronte. Ma al di là di tale specifico punto, nel documento licenziato dalla task force sono illustrate le misure da prendere per arginare lo strapotere politico e economico degli agenti. A questo scopo vengono fissati dei tetti al guadagno da intermediazione: il 10% sul valore della transazione nel caso in cui l'agente lavori per il club cedente, il 3% sul valore della transazione nel caso in cui l'agente lavori per il club acquirente, e il 3% della remunerazione del calciatore nel caso in cui l'agente entri nella trattativa per tutelarne gli interessi. Cosa dire di queste misure? Innanzitutto, che il 10% da riconoscersi all'agente che intermedia per conto del club cedente è eccessivo. Ma il vero punto è che qualsiasi tetto si presenti facilmente aggirabile. Esistono molti modi per pagare una consulenza a un agente. Inoltre, rimane intatta la questione dei diritti d'immagine, che oggi sono la nuova frontiera dell'intermediazione. Si tratta di un oggetto molto difficile da normare per un ente come la Fifa, ma iniziare a studiare la materia sarebbe un gran passo avanti. A ogni modo, a proposito di elusioni e aggiramenti, si presenta come già del tutto inefficace la misura che tende a limitare i mandati di rappresentanza multipli “per evitare conflitti d'interessi”. Che, timidezza d'intenti a parte (perché “limitare” e non “impedire”?), è già neutralizzata prima d'entrare in vigore. Succede già che gli agenti di un certo spessore si affidino a persone di fiducia o a teste di legno per portare a conclusione affari in cui sono coinvolti su ogni lato possibile della trattativa. Dunque, quella della Fifa è una misura inefficace già prima di essere messa su carta. Altre previsioni contenute nel documento sono la costituzione di una Fifa Clearing House, che dovrebbe essere il luogo da cui far transitare le commissioni pagate agli agenti, e un sistema per la risoluzione dei conflitti tra agenti, calciatori e club. Tutte cose che per il momento si trovano nel campo delle pie intenzioni.

    Calciatori in prestito – Desta maggiore interesse l'attenzione alla questione dei calciatori in prestito. Non tanto per le soluzioni proposte, quanto perché finalmente viene posto un tema a lungo trascurato. Troppe squadre in giro per l'Europa vengono costruite in grossa parte col ricorso a calciatori di proprietà di altre società. E troppe società tesserano calciatori in clamoroso sovrannumero per poi darne via massima parte in prestito. Ne sortisce una situazione assolutamente insana, con società che rinunciano a fare tanto la formazione quanto il reclutamento (e dunque smobilitano un segmento importante della patrimonializzazione), e altre che lo fanno per diversi club annettendoli alla propria sfera d'influenza. Per ovviare a questa situazione la task force ha proposto due misure: la limitazione del numero di prestiti di calciatori la cui età vada dai 22 anni in su; e un meccanismo che mira a ridurre il numero di prestiti internazionali dagli 8 fra entrata e uscita della stagione 2020/21, ai 6 fra entrata e uscita del 2021/22, per giungere al numero massimo di 3 fra entrata e uscita della stagione 2022/23. In coda al comma che illustra questo meccanismo viene specificato che si parla di prestiti “fra gli stessi club” (between the same clubs). Cosa commentare davanti a tanto velleitarismo? Innanzitutto, non si capisce il perché di tale limite posto ai maggiori di 22 anni. In secondo luogo, si parla soltanto di prestiti internazionali. E coi prestiti in ambito nazionale, come la mettiamo? Si lascia mano libera? Infine, c'è questo curioso scaglionamento. Si dice che dal 2020/21 due club possano scambiarsi 8 calciatori in prestito internazionale, che diventerebbero 6 nel 2021/22 e 3 nel 2022/23. E questa sarebbe una limitazione? Di fatto, si tratta di un'autorizzazione a continuare col regime esistente. Tanto più che parlare di “scambio di prestiti” significa far riferimento a uno schema molto marginale. Nella realtà dei fatti, lo schema prevalente è quello che vede una società maggiore prestare unilateralmente più calciatori a più società minori. E stando così le cose, fissare a 3 la quota di prestiti internazionali che ciascuna società maggiore può concedere a più società  minori significa fotografare lo status quo. Facendo persino finta di fare i grandi riformatori. Puro gattopardismo, ma condotto con indecorosa sciatteria.

    @pippooevai

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