La storia del babbo Giuseppe che faceva gol dalla bandierina: dalla Juve alla Guerra
Pino, bastiancontrario, detestava il ciclismo e adorava il calcio. Era bravo e talentuoso. Nella Juventus, dove giocava in quella che oggi sarebbe la ”Primavera”, allenatore e tecnici scommettevano su quell’ala destra che faceva gol direttamente dalla bandierina del corner. E lui, servendo ai tavoli del ristorante di famiglia, sognava di poter esordire un giorno nello stadio Comunale-Mussolini con addosso la maglia bianconera. Quei sogni si tramutarono in incubi sotto le bombe di una guerra che sconvolgeva il mondo.
Pino smise i panni del giocatore per rispondere alla chiamata della Marina. Radiotelegrafista a bordo di un cacciatorpediniere che venne affondato davanti alle coste della Grecia. Catturato dai nazi, venne rinchiuso in un campo di concentramento nei pressi di Cracovia, in Polonia. Torino e la Juventus erano malinconici ricordi. E che buono era il pane con l’olio e il sale per chi, come lui e tutti gli altri prigionieri, doveva nutrirsi con bucce di patate.
Furono audaci e fortunati in cinque, una notte. Riuscirono a fuggire. Pino trovò ospitalità nella cantina della cascina di una famiglia polacca. Mesi vissuti come un topo. Ma vivo e pronto per tornare a casa quando il macello sarebbe finito.
Alla Juventus lo guardarono come fisse un fantasma. In effetti ci mancava poco. Pelle o ossa, in piedi per miracolo. Non bastava il suo sguardo di fuoco pieno di desiderio di riscatto. Ci sarebbe voluto tanto tempo per recuperare chili, forze e mente. Lui non potava aspettare. A casa c’era la moglie Anna che aspettava un bambino. Un padre deve lavorare e non può giocare. Sfogò i suoi rimasugli di passione in squadrette amatoriali, Brandizzo e Orbassano. Manon provò mai più a a segnare un gol dalla bandierina del calcio d’angolo. Pino era mio padre.