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  • Lazio: Inzaghi sbaglia (quasi) tutto, il Milan va vicino allo 'scippo'...

    Lazio: Inzaghi sbaglia (quasi) tutto, il Milan va vicino allo 'scippo'...

    • Franco Recanatesi
    La partita l’aveva persa Inzaghi ma il talento di Correa ci ha messo una pezza, così la Lazio ha conservato il quarto posto che dopo novanta minuti il Milan incerottato gli aveva scippato. Fino al 64’ il Milan aveva umilmente subìto, cosciente dei propri limiti con quattro/cinque titolaroni fuori campo e un 3-5-2 che più spesso diventava difesa a cinque. Poi l’allenatore biancoazzurro ha inventato due sorprendenti sostituzioni, inserendo Lukaku e Correa per Milinkovic e Luis Alberto. Lulic ha preso il ruolo di mezz’ala, ma non ha certo un piede raffinato e neanche Parolo suo compagno di linea, grande sgobbone, uomo da 11/12 chilometri a partita ma non certo un fine dicitore. La Lazio, quindi, è diventata arruffona, senza fosforo, permettendo a Gattuso di spostare in avanti il suo baricentro e di pigiare sulla fascia sinistra, già abbastanza molestatrice in precedenza. Proprio da una geniale sciabolata di Suso è giunta la palla al liberissimo Calabria che Lukaku non si è neanche impensierito di seguire, talché il giovane difensore ha avuto tutto il tempo di aspettare il rimorchio di Kessie che dal limite ha scoccato il tiraccio che se non fosse stato per la deviazione di Wallace sarebbe comodamente finito tra le braccia di Strakosha.

    Il resto della partita ha ricordato Fort Apache, ma in un gran polverone, confuso, senza frecce nell’arco degli indiani biancoazzurri. Il lampo di Correa a tempo abbondantemente scaduto è stato però un pezzo di bravura: palla controllata con la coscia destra e schioppettata al volo di sinistro radente il palo.

    Giusto il risultato di una partita nervosa durata giustamente 95 minuti e spiccioli perché piena zeppa di Var per quattro presunti falli di mano o fuori gioco (compreso quello di Calabria), dei quali soltanto uno (braccio di Abate) molto sospetto. La Lazio ha sbattuto due volte contro un reattivo Donnarumma, grande su una zuccata di Wallace e un collo pieno di Immobile, ma il Milan ha sciaguratamente fallito due grosse occasioni con Calhanoglu e al 15’ Strakosha ha dovuto compiere una prodezza per deviare sul palo una conclusione del turco-tedesco.

    Il dominio territoriale non ha premiato Inzaghi, anzi la mancata finalizzazione deve averlo innervosito stando all’espulsione del 95’ e ai cambi sballati. I due molto – e giustamente – criticati centrocampisti di fantasia, stavano giocando la loro migliore partita dell’anno. Lo spagnolo stava ingaggiando un godibile derby andaluso con Suso, con un primo quarto d’ora all’altezza della sua fama, genialate ridotte a banalità da Marusic, Parolo e Immobile, nella ripresa è calato ma sempre resistendo su livelli accettabili. Il serbo stava giocando la sua migliore partita della stagione, ingaggiando un duello rusticano con il folto centrocampo rossonero, arrivando persino al gol dopo triangolazione con Immobile pescato però in fuori gioco. Inspiegabile la mossa di Inzaghi, certamente neanche suggerita dal prossimo impegno di giovedì sul campo dell’Apoel, avendo già raggiunto la qualificazione in Europa League.

    Badelj, al netto di qualche errore d’appoggio, ha degnamente sostituito l’insostituibile Lucas Leiva, davanti ad una difesa non molto solida a sinistra dove Lulic e Radu hanno sofferto, affidabile a destra con Wallace e al centro con Acerbi il quale non ha però offerto la solita precisione nelle uscite. Immobile si è sfiancato nel solito moto perpetuo, ma non non era certo il cecchino spietato della partita dello sorso anno, quando al Milan rifilò tre micidiali polpette.

    Milan umile e laborioso, dicevo, con una difesa a tre composta da un solo difensore centrale di ruolo, Zapata (però Abate e Rodriguez se la son cavata egregiamente) e Kessie – che quando l’Atalanta lo acquistò giocava proprio da difensore centrale – meritevole della sufficienza per il gol. Ma a dare nerbo alla squadra sono stati la grinta di Bakayoko, l’abnegazione di Borini e Calabria, ma soprattutto la fantasia e l’altruismo di Suso, migliore in campo, mal sfruttati dal pasticcione Calhanoglu e dall’ingabbiato Cutrone.

    Alla fine, tutti bagnati e contenti all’Olimpico, in campo e sulle tribune, anche Lotito e il super-milanista Salvini, seduti uno accanto all’altro, il vicepremier è persino scattato in piedi ad applaudire l’ivoriano Frank Kessie

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