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  • Lazio, l'abbraccio Inzaghi-Immobile è da Champions: con i quattro tenori puoi farcela
Lazio, l'abbraccio Inzaghi-Immobile è da Champions: con i quattro tenori puoi farcela

Lazio, l'abbraccio Inzaghi-Immobile è da Champions: con i quattro tenori puoi farcela

  • Franco Recanatesi
    Franco Recanatesi
Per la vecchia Lazio – unica squadra in serie A a non schierare nuovi acquisti - è stato un gioco da ragazzi seppellire il Genoa sotto un mucchio di gol. Lo sarebbe anche contro avversari meglio attrezzati se i quattro tenori fossero baciati dalla grazia come è capitato stavolta. E naturalmente se andassero in campo tutti insieme. Questa larga vittoria se da un lato rilancia la Lazio, dall'altro aumenta il rammarico per la sconfitta di quattro giorni fa sul campo dell’Inter con Immobile, Lulic, Leiva e poi Caicedo e Milinkovic in panchina. Soprattutto la “punizione” del bomber è apparsa castrante, pensiero avvalorato oggi da una prestazione superba: un primo tempo da numero 10, distributore di palloni, di spazi e di idee, una ripresa impreziosita dal quinto gol che vale la testa della classifica cannonieri, l’ottavo rifilato al suo ex Genoa, il numero 104, senza contare i numerosissimi assist, ultimo dei quali il tocco all’indietro per Milinkovic che ha dato il via alla giostra. Dicevo dei quattro tenori, che quando imbroccano la luna giusta titillano il piacere dei calciofili e formano un’orchestra in cui anche gli strumentisti comprimari tirano fuori il meglio. Dicevo delle topiche milanesi: tra Lulic e Jony c’è la differenza che passa fra un concerto di Mina e uno di Pupo, fra Leiva e Parolo e Caicedo o Correa e Immobile non c’è la stessa voragine ma un bel fossato sì. Acqua passata. La grigliata di ieri l’altro e soprattutto l’abbraccio appassionato fra Ciro e Inzaghi dopo il gol hanno cancellato ogni ombra e restituito alla Lazio il clima di amicizia e serenità senza il quale non sarebbe possibile neanche ipotizzare l’obbiettivo Champions.

Il Genoa è apparso più uno sparring-partner che un reale nemico. E’ vero che in questi casi è difficile disegnare il confine fra meriti di una parte e demeriti dell’altra, però la consistenza della squadra di Andreazzoli è sembrata davvero fragile, la difesa argillosa nei tre centrali, il centrocampo privo di fosforo ma anche di nerbo (è complicato comprendere come in un reparto così povero non trovi posto l’ex “Maestro” dell’Ajax, Schone, immesso quando ormai il palazzo era crollato), attacco inconsistente e il temutissimo  Koumè annullato da Radu o da Acerbi più avanti nell’età di oltre dieci anni. Tredici gol subiti in sei partite metterebbero sotto accusa soprattutto la difesa a tre, ma è il meccanismo della squadra che non funziona, forse troppi nuovi giocatori, forse un allenatore inchiodato su un 3-5-2 inadatto agli uomini di cui dispone. Straripante il primo tempo della Lazio che agli avversari ha concesso soltanto in un paio di occasioni di affacciarsi pericolosamente dalle parti di Strakosha, il quale ha onorato la centesima presenza in serie A opponendosi alla grande su una zuccata di Romero prima e una conclusione di Cassata poi. 

Sono state le uniche due fiammate di un Genoa preso per il bavero e strattonato per l’intera frazione, frastornato dai ricami di Milinkovic, Luis Alberto, Correa e Immobile (sono loro i quattro tenori), punita dopo appena sei minuti dal serbo che ha iniziato (palla strappata a Leager) e concluso con una staffilata alla destra di Radu, e quasi mezz’ora dopo da una prodezza del Radu più stagionato (non sono neanche parenti alla lontana) che dal vertice dell’area ha azzeccato un pallone all’incrocio dei pali tornando a gustare la gioia del gol dopo tre anni e mezzo. Ma il vantaggio poteva essere assai più largo. Fra i due gol e anche dopo, la Lazio ha sfiorato almeno altre quattro volte la marcatura e in un’occasione è stato un Var senza cuore (ma onesto, ad onor di Mazzoleni in cabina tv) a vanificare un fulmineo contropiede di Immobile concluso in rete da Luis Alberto, il quale avrebbe così potuto celebrare degnamente i cento gettoni con la Lazio (Coppe comprese) impreziositi da 20 gol e una trentina di assist, e il ventisettesimo compleanno. Andreazzoli ha tentato nella ripresa di rianimare la squadra con l’innesto di Pajac e Pandev (ex terribile), ottenendone una parvenza di reazione per una decina di minuti, segnati da una buona occasione sciupata di testa da Sanabria. Per poi tornare ad annaspare nella rete stesa dai fini dicitori biancoazzurri. Per palati fini il 3-0 di Caicedo, scattato su lancio di Milinkovic, dribbling sul portiere e rasoiata in rete quasi dalla linea di fondo; da applausi anche il poker di Immobile, servito dopo una una serpentina di un Luis Felipe sempre più autoritario e freddo davanti a Radu. La prima idea di Ciro, apprezzatissimi dallo stadio e dai compagni, è stata quella di correre verso la panchina per festeggiare con Inzaghi. “Per me un fratello”, ha sorriso a fine partita. Punto e a capo. Giovedì Lazio alla controprova in Europa League. Per il Genoa, il futuro è colmo di nuvoloni. 

Lazio-Genoa 4-0 (primo tempo 2-0), il tabellino

Marcatori: 7' pt Milinkovic-Savic (L), 40' pt Radu (L), 15' st Caicedo (L), 34' st Immobile (L)

Assist: 7' pt' Immobile (L), 15' st Luis Alberto (L), 34' st Luiz Felipe (L)

Lazio (3-5-2): Strakosha, Luiz Felipe, Acerbi, Radu, Marusic, Milinkovic Savic (29' st Parolo), Leiva, Luis Alberto, Correa (7' st Caicedo), Immobile (40' st Adekanye). All. Inzaghi.

Genoa (3-5-2): Radu, El Yamiq, Romero, Criscito, Ghiglione, Lerager, Radovanovic, Cassata (24' st Schone), Barreca (1' st Pandev), Sanabria, Kouamé. All. Andreazzoli. 

Arbitro: Pairetto di Nichelino.

Ammoniti: 29' pt El Yamiq (G), 28' st Sanabria (G), 45' st Caicedo (L)


 

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