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  • Montella e i ritorni in panchina: quante delusioni, ne vale davvero la pena?

    Montella e i ritorni in panchina: quante delusioni, ne vale davvero la pena?

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Osiamo partenze, ci consoliamo con i ritorni. Vite da allenatori che si voltano indietro e scoprono che nel passato c’è sempre una panchina ad aspettarti. Montella e Fiorentina, di nuovo insieme, dopo il triennio e i tre quarti posti (da Champions) tra il 2012 e il 2015. Tutto già visto, tutto già successo. Quattro anni dopo Montella ha provato a crescere (tra Milan e Siviglia non è andata benissimo), la Fiorentina si è arenata, scivolando indietro nelle gerarchie della serie A. E noi qui a chiederci: ha fatto bene a tornare? Ce lo dirà il Tempo, per ora acconteniamoci di mettere in fila i ritorni eccellenti. Zidane al Real, per esempio. (Ri)vincere tre Champions? Impresa impossibile. Ranieri alla Roma. Questioni di cuore. Ma è dura. E’ sempre più dura del previsto (vale anche per Di Carlo al Chievo, mentre Mihajlovic a Bologna - dove debuttò dieci anni fa - è tornato più maturo). Però resta la suggestione.

    Se guardiamo all’estero il grande maestro dei ritorni è il tedesco Jupp Heynckes, quattro passaggi al Bayern, quasi sempre trionfali. In Italia il Lippi-one fece benissimo alla Juventus, il Lippi-two si limitò a fare bene (ma l’andata-ritorno in nazionale per il Marcello campione del mondo fu disastrosa). Altri tecnici con un curriculum di eccellenza invece naufragarono. Sacchi e Capello al Milan, per dirne due. Arrigo fallì miseramente, la scintilla si era spenta, il furore si era assopito, nessuno ascoltava più le urla che uscivano dal megafono del Profeta di Fusignano. Quando andò a risedersi sulla panchina del Milan a metà anni 90 tutto era cambiato. Lui, il Milan, il mondo del calcio (anche e soprattutto grazie a lui). Per Fabio il ritorno ha funzionato a Madrid (scudetto al primo colpo nel 1996-97 e nel 2006-07), ma non a Milano (chiuse con un desolante 10° posto dopo l’infornata di scudetti - quattro - nei suoi primi cinque anni in rossonero).

    Dopo aver vinto sei scudetti nel decennio juventino che lo vide protagonista, Trapattoni tornò alla Juve (nel frattempo aveva vinto lo scudetto dei record con l’Inter) ma nel triennio 1991-1994 si piazzò due volte 2° e una 4°. Gli anni d’oro erano rimasti tali, il tempo era passato. Negli anni ’60 Helenio Herrera vinse tutto con l’Inter di Facchetti e Mazzola, ma quando tornò (1973-74) colse un anonimo 4° posto. Ripetersi è difficile: Montella è avvisato. Qualche anno fa il Mancini di ritorno all’Inter ha funzionato poco e il Milan - parliamo di quarant’anni fa - che qualche stagione più tardi riaccolse il Liedholm che aveva vinto lo scudetto della Stella (1979) non ebbe le stesse soddisfazioni (al Barone andò decisamente meglio alla Roma, allenata in tre frangenti diversi). Meglio il primo Spalletti alla Roma o il secondo? Meglio il primo, nettamente. Meglio il primo Zeman alla Roma o il secondo? Non c’è gara, il primo seminò bellezza, il secondo coltivò delusioni. Tornare è sempre un rischio. E la domanda è una sola: ne vale(va) davvero la pena? Ci sono storie indimenticabili. E altre dimenticabili, soprattutto quando si ha un biglietto andata-ritorno in tasca. 

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