Montella non vince mai, Di Francesco scottato: predestinati o provinciali, chi sono davvero?
Se questo è un passo indietro per prendere la rincorsa o si tratta invece della loro reale dimensione lo scopriremo nel tempo. Di certo possiamo dire che si tratta di due allenatori che di fronte a realtà nuove (lo è la Fiorentina stravolta dalla rivoluzione di Commisso e lo è anche la Sampdoria di Ferrero perennemente in balia di un cambio di proprietà sempre rimandato) ci diranno di che pasta sono fatti. La Fiorentina è un’incognita, la Sampdoria una squadra incompleta: Montella e Di Francesco hanno il compito di lasciare una traccia. Non sarà affatto facile, è questa la sentenza delle prime due giornate di campionato.
Da quando è alla guida della Fiorentina, tra l’anno scorso (7 gare, 2 pareggi e 5 sconfitte) e quest’anno (2 gare e 2 sconfitte) Montella non ha ancora vinto una sola partita di Serie A. Complessivamente 9 panchine, 7 sconfitte e 2 pareggi. Un ruolino di marcia allarmante. Unica soddisfazione in Coppa Italia, col Monza (3-1): poca roba. La sua carriera ci dice di un promettente debutto con la Roma (da subentrato centrò il 6° posto), di un convincente anno a Catania (11°, salvezza con largo anticipo), di tre ottimi quarti posti a Firenze, utili a timbrare ogni volta il pass per l’Europa. Carriera in ascesa, giudizi della critica entusiastici. A 41 anni - estate 2015 - Montella sembrava pronto per il salto di qualità definitivo. E invece: dopo il dimenticabile e soffertissimo l’anno alla Sampdoria, ecco il Milan. Buona la partenza, scoraggiante l’arrivo. Montella mette in bacheca la Supercoppa italiana vinta a Doha, centra il 6° posto, riporta il Milan in Europa dopo tre anni e mezzo di assenza. Ma nel novembre del 2017 viene esonerato (al suo posto quel Gattuso di cui si parla ora a Firenze come suo possibile sostituto) e acceso dalla frenesia di tornare subito in campo dopo un mese accetta l’offerta del Siviglia: scelta sbagliata, finisce infatti con un altro esonero. Il resto è cronaca, con il ritorno alla Fiorentina, una fase di passaggio (con i Della Valle), un nuovo progetto (con Commisso), una squadra da rifondare completamente. E i soliti dubbi: è in grado Montella di dare un’impronta decisa? Qual è il vero Montella? Quello tosto, convincente, brillante della prima esperienza a Firenze o quello invece sconfortante e quasi remissivo che tra Sampdoria, Milan e Siviglia pare aver disperso la sua verve?
Quando il 10 aprile 2018 la Roma batteva 3-0 il Barcellona e guadagnava la semifinale di Champions, Eusebio Di Francesco era - a detta di tutti - l’allenatore del momento, l’italiano in grado di giocarsela alla grande in Europa, il tecnico astuto e moderno che sapeva leggere le partite come pochi altri. Poi - anche lì - qualcosa è andato storto. Quella Roma aveva già ottenuto il massimo (Difra aveva chiuso il campionato precedente al 3° posto), il resto è stato un lento declino. Fatale l’eliminazione - agli ottavi - dalla Champions League, contro il Porto. Difficile da giustificare il «cappotto» del 7-1 in Coppa Italia contro la Fiorentina, una ferita la sconfitta nel derby. Con Monchi che ha provato a difenderlo fino all’ultimo, Di Francesco ha pagato la poca stima che di lui aveva James Pallotta e soprattutto lo «strappo» con lo spogliatoio dopo il derby, in una stagione che - tra un addio consumato (Totti) e uno in divenire (De Rossi) - per la Roma ha fatto da spartiacque tra il passato e il futuro. L’esonero (a marzo 2019) è stato inevitabile. La sensazione è che Di Francesco abbia pagato per tutti. La scelta della Sampdoria è una nuova scommessa, per un tecnico che - dopo gli anni in ascesa da Sassuolo a Roma - è ripartito per cercare di ritrovarsi e ricandidarsi ad alti livelli.