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  • Pellegri, il Monaco e non la Juventus per diventare il nuovo 9 della Nazionale

    Pellegri, il Monaco e non la Juventus per diventare il nuovo 9 della Nazionale

    • Furio Zara
    Il futuro centravanti della nazionale ha diciassette anni, una tigna che scansati, un talento purissimo eppure ancora da sgrezzare e margini di miglioramento impressionanti. Gioca in Francia, nel Monaco. Pietro Pellegri. Enfant prodige. Sono questi i giorni - dopo il gol che ha segnato al Bordeaux, il primo in Ligue1 (solo Mbappè è stato più precoce di lui nel campionato francese) - in cui si scomodano paragoni eccellenti, sono questi giorni di gloria prematura ed esagerata con cui il ragazzo dovrà prima o poi fare i conti. 

    Precoce in tutto, cresciuto nelle giovanili del Genoa, debuttante record in serie A (15 anni e 280 giorni), 3 gol alla prima stagione (il 1° gol segnato alla Roma il 27 maggio 2017, a soli 16 anni e 72 giorni, lo piazza dietro Amadei e Rivera tra i più giovani marcatori di tutti i tempi in serie A), zavorrato dalla responsabilità dei 31 milioni (più bonus) che il Monaco a fine gennaio ha speso per averlo con sé; Pietro da qui in avanti ha un solo compito: gestire la sua crescita, senza accelerazioni improvvise, senza «strappi», cercando di dare tempo al tempo e raggiungere - fisiologicamente - la propria identità. Accettando anche le pause forzate, come è successo dopo la pubalgia. E circondandosi di persone che vogliono il suo bene e ragionano sul lungo periodo. Certo è che siamo di fronte ad un attaccante nato per il gol. 

    Il fiuto di Pellegri ha qualcosa di animalesco, la sua capacità di tradurre in gol ogni azione riporta ai grandi cannonieri del passato. Potenza, precisione, spalle larghe, nessun timore reverenziale, quella sana arroganza degli adolescenti: Pellegri è un diamante grezzo su cui già tre anni fa, Enrico Preziosi era pronto a scommettere: «Con i giovanissimi c’è un ragazzo straordinario - disse il presidente del Genoa - Ha quattordici anni, si chiama Pellegri e sarà il nostro Messi». Parole che possono suonare stordenti, ma che danno comunque la misura di quante aspettative ci siano su Pietro. A fine gennaio ha scelto il Monaco - come spiegò all’epoca quando sembrava fatta con la Juventus - «perché qui i giovani li fanno giocare». 

    Mancini lo tiene sotto osservazione, c’è bisogno di una ventata di aria fresca in nazionale e questo «millennial» dal piglio deciso ha davvero la possibilità di diventare - a breve - il simbolo di un’Italia che dopo il flop dell’eliminazione Mondiale da qualche parte dovrà pur ripartire. Ogni tanto, guardando il cielo, vediamo un riflesso e pensiamo che sia una stella, invece è solo un abbaglio, il baluginare di qualche luce nel cosmo. Quando si ha l’età di Pellegri il futuro è davvero una terra straniera e troppe sono le variabili che possono incidere sul destino di un calciatore. Di esempi nel passato ce ne sono stati, molti e tutti a loro modo esemplari. Ma la stella di Pietro brilla, questo è un dato di fatto. Non sappiamo se la scelta di giocare in Francia sia stata la migliore. E’ andata così. Sappiamo che Pietro è un patrimonio italiano. Da trattare con cura, da preservare. Lasciamolo crescere con calma, ma sarebbe un delitto non credere nelle sue potenzialità. Non perdiamolo di vista.
     

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