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  • Prandelli a CM: 'Sono disoccupato perché non ho procuratore, ma ho una dignità. E allora faccio il contadino...'

    Prandelli a CM: 'Sono disoccupato perché non ho procuratore, ma ho una dignità. E allora faccio il contadino...'

    • Marco Bernardini
    Un vero amico è per sempre. Presente nei pensieri e nel cuore. Non lo puoi sentire o vedere per tanto tempo, ma sai che esiste e che in caso di necessità potrai contare su di lui. E’ un dono raro da preservare con cura. Cesare Prandelli, insieme con pochissimi altri, appartiene alla mia collezione privata di “gioielli” da custodire. Dai tempi in cui, lui giocava nella Juventus, abitavamo nel medesimo condominio e sullo stesso pianerottolo. Alla sera, dopocena, ci si trovava per una partita con le carte e per quattro chiacchiere. Mai parlato una sola volta di pallone. Sempre di vita. Alle dieci tutti a nanna. Poi le strade si dividono ma il legame non si interrompe. Oggi come ieri. Siamo rimasti identici ad allora. Due persone, un po’ idealiste e un po’ sognatrici, a prescindere dai ruoli professionali e sociali. Cesare, insieme con gli altri pochissimi passeggeri di un mondo strano chiamato calcio, è quello che merita di essere definito un uomo vero scolpito nella sua mitezza e nella sua onestà intellettuale. Non si può evitare di essergli affezionati e di volergli bene. Per sempre.

    Cesare, guarda che una telefonata costa poco…

    “Lo so. Spesso mi dico: lo chiamo. Poi, come accade con fratelli e con sorelle, fai altro. Questo non significa ignorare le persone alle quaIi tieni. Le affettuose lontananze valgono più di tanti discorsi se il ricordo è solido. Il fatto è che la vita di tutti i giorni è una specie di tsunami che ti travolge impedendoti di pensare un poco a te stesso. Non è bello, lo so bene, ma va così”

    C’è in giro un grande viavai di allenatori. Nell’elenco dei papabili il tuo cognome non figura mai, malgrado il pedigree che possiedi. Capita mai di chiederti la ragione di questo fatto piuttosto bizzarro?

    “Certo che me lo sono domandato. E mi sono anche dato l’unica risposta che reputo plausibile. Io non ho mai avuto e non ho tutt’ora un agente che mi rappresenta. Mi è piaciuto sempre fare tutto da solo. Oggi il mondo del calcio, esattamente come quello di tutti i giorni, è cambiato profondamente. Se non stai in vetrina, anzi se nessuno provvede a mostrarti in vetrina e a pubblicizzarti non vai da nessuna parte”.

    Eppure di conoscenze nel settore dovresti averne parecchie.

    “E’ naturale, dopo tanti anni di professione. Ma ciascuno di loro ha la propria squadra formata nella quale non sono ammesse sovrapposizioni. E di sicuro io non mi metto ad andare in giro bussando alle porte. Una questione di dignità e di correttezza verso tanti colleghi".

    Ma allora al Genoa come riuscisti a sistemarti?

    “Un autentico colpo di fortuna. Quando ero in Qatar ad allenare conobbi un avvocato milanese il quali mi chiese che cosa ci facevo lì anziché lavorare in Italia come, secondo lui, avrei meritato. Gli risposi quel che ho detto a te. Lui che collaborava con il presidente Preziosi mi fece avere un appuntamento a Genova e trovai l’accordo. Ecco com'è andata”.

    Poi più nulla.

    “Zero. Vedi, forse il fatto di essere stato commissario tecnico della nazionale mi ha estromesso dal giro dei club. Una cosa più meno simile è accaduta a Claudio Gentile dopo la sua esperienza in azzurro con l’Under. Mi pare che anche lui non abbia agenti a rappresentarlo”.

    Come trascorri le tue giornate?

    “Bella domanda e anche legittima. Oggettivamente sono un disoccupato. Ma a differenza di quelli che tribolano perché non hanno un lavoro sono un grande privilegiato. Non ho bisogno, come si dice. E allora intanto faccio la spola tra Firenze e Brescia dove c’è ancora la mia mamma che vado a trovare tutte le settimane e poi mi sono inventato un nuovo lavoro molto serio e impegnativo”.

    Sarebbe?

    “Alleno, per usare un’immagine calcistica, gli ulivi della fattoria che ho acquistato nella campagna vicina a Firenze dove ho messo in piedi un olificio il quale mi sta dando un sacco di soddisfazioni. Così, quando non sono in autostrada per raggiungere Brescia o per tornare in Toscana, trascorro le mie giornate sul trattore a lavorare i campi. Del resto io, che sono nato a Orzinuovi provengo da una famiglia di contadini, ho realizzato che forse preferisco il silenzio della campagna e i profumi della terra al frastuono spesso esagerato degli stadi. Allenare mi piace ancora, specialmente i ragazzini. Leggo ancora un poco di sport sui giornali, ma distrattamente. Non sono minimamente social e non mi interessa diventarlo. Ti assicuro che in questo momento sono davvero molto felice”.

    Tu e la tua famiglia, naturalmente.

    “Esatto, la famiglia. Ciò che dovrebbe contare per ciascuno più di ogni altra cosa. Mia moglie, mia figlia, mio figlio e i miei due nipotini ai quali se ne sta per aggiungere un terzo. L’unica preoccupazione seria è per mia figlia. Lavora per l’Onu come operatrice umanitaria e in questo momento si trova a Mogadiscio dove vive come tutti i suoi colleghi in un camper. La Somalia è una dei Paese africani più caldi per via di una guerra infinita e del terrorismo. Proprio pochi giorni fa c’è stato un attacco ad un convoglio di militari italiani. Lei è una ragazza in gamba e coraggiosa, ma ogni volta che suona il telefono in orari un po’ strani, il cuore comincia a ballarmi la rumba nel petto. Mi pare normale per un padre”.

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