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  • Sarri è alla Juve, ma la Juve non è con Sarri: Napoli già decisivo, 'fantasma' Allegri

    Sarri è alla Juve, ma la Juve non è con Sarri: Napoli già decisivo, 'fantasma' Allegri

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Mi sbaglierò (accade spesso), ma continuo a pensare che non avere il proprio allenatore in panchina, soprattutto se nuovo, per due turni consecutivi di campionato, sia uno svantaggio e non da poco.

    Mi sbaglierò (accade ancora più spesso), ma in quest’inizio per me il Napoli sta meglio della Juve e può agevolmente vincere a Torino come fece Sarri quando guidava gli azzurri, ultimo ad esserci riuscito.

    Mi sbaglierò (accade meno spesso), ma, come a Parma, nemmeno contro Ancelotti vedremo la nuova Juve, fatta eccezione per de Ligt che forzatamente dovrà sostituire l'infortunato Chiellini, perché Sarri - l’avevo detto tre settimane fa - per ora pensa di vincere allo stesso modo di Allegri: senza incantare.

    Mi sbaglierò, ma questa partita conta più per Sarri che per Ancelotti. Non ha ancora cominciato a dirigere che già, nell’immondezzaio del web, c’è chi gli prepara la forca annunciando che Allegri è alla finestra e, nel caso in cui le cose si mettessero male, sarebbe pronto a rientrare.

    Quando il pallone non canta, a parlare sono gli invidiosi e i mediocri. Sarri lo sa e non si sorprende: siccome ad uno come lui hanno saputo regalare solo una dura gavetta, i tentativi di destabilizzarlo saranno molteplici. Lo si attacca perché tiene un pacchetto di sigarette in mano nonostante la polmonite. Lo si attacca perché vuole andare in panchina. Lo si attacca perché ubbidisce ai medici che gliela vietano. Lo si attacca perchè Mihajlovic, che ha la leucemia, non ha avuto paura, mentre lui invece sì.

    La miseria di certe argomentazioni non avrebbe bisogno né di condanne, né di commenti. Tuttavia serve a far capire il clima che accompagna certe grandi partite. Non bastava l’anticonformista Sarri contro il suo rancoroso passato napoletano. Si raffigura anche Sarri avvolto dal suo incerto presente. Se Chiellini dice che il gioco del nuovo allenatore lo potremmo vedere non prima di gennaio, è inevitabile che il tifoso (e non solo lui) alzi le orecchie e cominci ad obiettare. Possibile che serva così tanto per interiorizzare nuovi concetti calcistici?

    E’ vero che praticamente il ritiro non è stato fatto, è vero che in queste settimane Sarri ha dovuto lavorare a scartamento ridotto, ma ammettere che i progressi saranno così lenti non è sintomo che inviti all’ottimismo.

    Si dice: ma la squadra è forte e la rosa abbondante. Purtroppo per la Juve, la prima cosa non è vera (Napoli e Inter sono almeno alla pari) e la seconda segnala un difetto, non un pregio. Lavorare con tanti giocatori importanti e poco graditi (da Dybala a Emre Can, da Rugani a Mandzukic) significa minare l’equilibrio dello spogliatoio, importare malumori sgraditi, costringere a scelte dolorose, dalla panchina alla tribuna. 

    Insomma Sarri è alla Juve, ma la Juve non è con Sarri. Non gli lavora contro, ma certo non lo aiuta  e contro il Napoli - polmonite o no, panchina o meno - è in gioco buona parte di credibilità del tecnico toscano. Ovvio che non rischi il posto, ma rischia il consenso, quel flusso di fiducia che un gol ti può togliere e un gol ti può dare.

    Ingiusto che Sarri sia contumace, prevedibile che i suoi ex ragazzi gli vogliano far rimpiangere il giorno in cui lasciò Napoli e quello in cui si consegnò alla Juve.

    I ruoli sono rovesciati: il precario non è Ancelotti, che di Sarri ha preso il posto senza lucrargli l’affetto dei tifosi, ma il neo juventino. Sospeso tra l’assenza, l’incertezza e il rischio di perdere.    
     

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