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  • Si è fermato il cuore viola di Zeffirelli, orgoglio della cultura italiana nel mondo

    Si è fermato il cuore viola di Zeffirelli, orgoglio della cultura italiana nel mondo

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Giampiero Boniperti, presidentissimo della Juventus, non voleva sentire menzionare il suo nome. Lo aveva persino querelato, tanti anni fa. Eppure se ancora oggi gli si chiede quali siano i più bei film che lui abbia mai visto non esita e risponde: “Romeo e Giulietta, Fratello sole e Sorella luna, Gesù di Nazareth”. Tre capolavori firmati da Franco Zeffirelli, il suo nemico pubblico numero uno. 

    Ciò a dimostrazione che esiste per fortuna un ben preciso distinguo tra quella che è la passione e anche la partigianeria calcistica e il riconoscimento di valori epocali in grado di trasformare l’avversario in un genio da ammirare. E questo era ed è stato il grande regista italiano che ieri, all’età di 96 anni, è scomparso da questa terra nella sua abitazione romana con il conforto dei figli e del suo inseparabile cagnolino jack russell. 

    Lontano dalla sua Firenze che un giorno lo avrebbe voluto sindaco, ma con il cuore di un profondo viola impossibile da stingere. Proprio per questa ragione, conseguentemente, era conosciuto come l’antijuventino per eccellenza. Per lui non una colpa o anche un semplice difetto ma un merito da premio Oscar, specialmente dopo quella famosa domenica del 1982 quando la squadra bianconera a Catanzaro vinse il suo ennesimo scudetto a spese della Fiorentina che non riuscì a cavare il ragno dal buco del Cagliari. Zeffirelli, come ciascun tifoso fiorentino, gridò pubblicamente che si era trattato di un furto e che i ladri naturalmente vestivano in bianconero.

    Da quel punto in avanti il regista e intellettuale fiorentino venne indicato come il portabandiera della squadra viola nel mondo che, fin dai tempi della sua gioventù, lo portava a confessare: “La amo tanto che, se fosse una donna, la sposerei”. E gli ultras viola, in  cambio, gli dedicarono la curva. La squadra che più lo innamorò fu certamente quella allenata da De Sisti, nella quale giocavano Antognoni, Bertoni, Graziani e Pecci. Ma si espose anche successivamente quando il presidente era Vittorio Cecchi Gori, il padre del suo amico e produttore Mario. 

    Poi la salute sempre più precaria gli impedì di tornare allo stadio Franchi e per lui la Fiorentina diventò un’affettuosa lontananza da cullare e coccolare nella memoria, magari facendo finta di litigare con un altro grande amico che era Gianni Agnelli.

    Ora quel cuore viola ha smesso di battere, ma il nome di Franco Zeffirelli continuerà a circolare per il mondo come esempio di grande cultura e di grande cinema realizzati da un grande maestro. Nel nome dell’Italia intera che proverà sempre un senso di infinito orgoglio pensandolo o parlando di lui e delle sue opere.

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